lunedì 20 novembre 2023
L’onlus Porte Aperte/Open Doors ricorda che dove non c'è libertà religiosa anche i bambini subiscono molestie e persino violenze
«In 50 Paesi i figli dei cristiani discriminati anche a scuola»

Porte Aperte/Open Doors

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Nella Giornata internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che si celebra oggi per ricordare che il 20 novembre 1989 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, un pensiero va ai bambini che nel mondo sono vittime di discriminazione e bullismo a motivo della loro fede religiosa.

L’onlus Porte Aperte/Open Doors ci ricorda che in circa 50 Paesi i figli dei cristiani subiscono molestie e persino violenze in ambito scolastico. Si tratta degli Stati dove la libertà religiosa non esiste o di fatto non viene garantita. Dall’Afghanistan dei taliban al regime della Corea del Nord, ma anche in Yemen e in Arabia Saudita, in Pakistan, India e Iran e in diversi Paesi africani dalla Somalia a Libia, Eritrea e Nigeria per citare solo i primi dieci. Paesi dove la presenza cristiana è fortemente minoritaria o, in territori come l’Afghanistan e la Somalia, pressoché inesistente.

Ma il problema si pone anche in Paesi con minoranze cristiane consistenti. Dall’Etiopia arriva la storia dei gemelli Fasil e Ezana Tadesse, che vivono in un villaggio. «Qui chi si converte al cristianesimo può ricevere minacce di morte e il pastore che guida la chiesa che frequentano lo sa molto bene» scrive Porte Aperte. Ermias, il padre, è stato testimone di un assalto a colpi di pietra durante una funzione religiosa. A scuola i due fratelli ricevevano voti più bassi dei compagni e gli atti di bullismo nei loro confronti restavano impuniti. «Minacce e vessazioni hanno spinto la famiglia a ritirare i bambini da scuola». Ora frequentano un progetto scolastico sostenuto dalla onlus. Pensato per creare un ponte tra i cristiani e il quartiere, «è diventato anche un luogo in cui i bambini cristiani possono ricevere un’adeguata istruzione, liberi dalla persecuzione».

Tre anni di ricerca sulla persecuzione religiosa specifica su bambini e ragazzi cristiani nei Paesi della World Watch List, scrive l’onlus, «hanno messo in luce quanto lo sperimentare discriminazioni, molestie e violenze basate sulla fede possa cambiare radicalmente la vita e plasmare l’identità del bambino». Le forme sono quelle della violenza verbale e psicologica, dell’isolamento e persino dell’allontanamento dal genitore cristiano. Possono anche essere limitati l’accesso a materiale religioso, come la Bibbia, e a gruppi di catechesi.

In Bangladesh, riferisce l’onlus, «i figli di chi si converte possono riscontrare difficoltà nell’essere ammessi alla scuola del villaggio». Le famiglie devono scegliere: rinunciare all’istruzione, lasciare il villaggio o mandare i figli a studiare fuori. «Crescendo in una società in cui non ricevono rispetto da parte delle altre persone – osserva un cristiano locale citato da Porte Aperte – i figli dei cristiani possono fare fatica ad avere una buona salute mentale a lungo termine. Depressione e altre patologie sono la norma».

Senza contare che «una volta adulti avranno meno accesso al lavoro, impoverendo la comunità intera e relegando i cristiani a cittadini di serie B».

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