giovedì 9 marzo 2023
Dopo le inchieste dei media la Casa Bianca costretta a promettere più controlli, ma le esigenze elettorali sembrano prevalere sulla garanzia di politiche più umane
Bimbi rifugiati nella Casa del migrante di Ciudad Juarez

Bimbi rifugiati nella Casa del migrante di Ciudad Juarez - Reuters

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Il dipartimento al Lavoro Usa farà più controlli e la Casa Bianca vigilerà sul rispetto della legge che protegge i minori. Joe Biden è corso ai ripari, dopo che un’inchiesta del New York Times ha raccontato le storie di un centinaio di bambini impiegati in lavori pericolosi, estenuanti e illegali. Ma l’ombra dello scandalo persiste sul presidente democratico, eletto sulla promessa di rendere l’immigrazione negli Usa più umana e di proteggere i più vulnerabili.

La triste realtà, però, è che a poco più di un anno e mezzo dalle prossime elezioni la tolleranza nei confronti dei disperati che premono sul confine meridionale statunitense in numeri da record non è una politica vincente. E la stretta si va intensificando.

Secondo funzionari del governo, la Casa Bianca sta valutando di rimettere sotto custodia detentiva le famiglie di irregolari, misura sospesa due anni e mezzo fa. Se da un lato Biden vuole evitare di essere accusato di chiudere un occhio mentre le marche più note di magliette, di cereali e della grande distribuzione sfruttano minori indifesi, dall’altro non può permettersi di alienare la maggioranza degli americani che vogliono mettere un limite agli arrivi.

L’equilibrio non sarà facile da raggiungere, perché le rivelazioni del quotidiano newyorkese (come già altre simili della Reuters) hanno puntato i riflettori su una realtà dalle proporzioni e dagli estremi vergognosi per un Paese che si presenta al mondo con un esempio di rispetto delle regole, dei diritti e delle libertà individuali.

Dei 130mila minori entrati da soli negli Stati Uniti lo scorso anno, il triplo rispetto a cinque anni fa, il dipartimento alla Salute, responsabile di proteggerli dallo sfruttamento, ha perso le tracce di circa 85mila.

L’Amministrazione ha talmente fretta di farli uscire da centri di accoglienza straripanti e spesso insalubri — le cui immagini in tv hanno già creato più di uno scandalo — che ha ridotto al minimo i controlli sugli “sponsor”. Si tratta di adulti che chiedono l’affido temporaneo dei ragazzini in attesa che un giudice decida il loro status legale negli Usa, sostenendo di essere parenti o di aver l’autorizzazione dei genitori rimasti nei Paesi d’origine.

Molti assistenti sociali ammettono di non aver il tempo di controllare che i bambini finiscano nelle mani di qualcuno che non li spingerà disossare polli 12 o 14 ore di fila di notte. Perché a quanto pare è questo che succede in circa i due terzi dei casi.

Nell’America del 2023, dodicenni, tredicenni e quattordicenni lavorano in giganteschi macelli, manovrano macchinari pericolosi per fornitori della Ford, lavano lenzuola negli hotel, fanno il pane degli ipermercati Walmart. Spesso quando dovrebbero dormire, perché di notte è più facile passare inosservati.

Non che le fatiche di questi giovanissimi siano così difficili da notare. Non sono concentrati in qualche cittadina remota, ma in tutto il Paese, nei ristoranti di New York come sui cantieri di Miami o nelle fabbriche di Detroit. E gli insegnati in prima linea, quelli che insegnano inglese come lingua seconda, sono abituati a studenti addormentati sui banchi, o assenti per settimane di fila o che non fanno mai i compiti. La legge americana proibisce ai minori di essere impiegati nella costruzione, sulle catene di montaggio, in occupazioni considerate pericolose, comprese le panetterie industriali, o con macchinari.

Vieta anche a chi ha meno di 16 anni di lavorare più di tre ore al giorno o dopo le sette di sera. Il problema, naturalmente, non sono solo gli sponsor, molti dei quali effettivamente lucrano sulle spalle dei minori, ma fra i quali non manca chi fa del suo meglio per dare un tetto a bambini che conoscono appena.

Un intero sistema economico è stato costruito sulla realtà che questi ragazzini arrivano negli Usa in debito nei confronti degli sciacalli che li hanno contrabbandati attraverso almeno due frontiere e vivono nella costante consapevolezza che la famiglia a casa ha bisogno di soldi.

Allora oltre a “sponsor professionali” che si presentano come zii di venti ragazzini in un anno, ci sono agenzie d’immigrazione oberate, aziende che fingono di ignorare i visi paffuti che riempiono i loro stabilimenti e si nascondono dietro le carte d’identità false, ispettori del ministero rassegnati di fronte a misure troppo blande nei confronti delle aziende e scuole che non hanno abbastanza risorse per aiutare gli immigrati. Allora forse un giro di vite a livello federale potrà fare qualcosa per questi ragazzini. Di certo è benvenuto, ma quest’anno ci si aspetta che altri 130mila valichino il confine da soli. E il 2024 è un anno elettorale.


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