sabato 26 febbraio 2011
La rivolta in Libia apre tutte le opzioni, compresa la guerra civile. Lo ha detto Saif Al-Islam Gheddafi, figlio del colonnello, in una intervista alla tv Al Arabiya. Sabato si sono avute notizie di spari sui manifestanti nelle città di Sabrata e di Misurata e di nuovi disordini a Tripoli. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha raggiunto un accordo sulle prime sanzioni, mentre il presidente Usa ha già firmato l'ordine esecutivo per il congelamento dei beni della famiglia Gheddafi. Il premier Berlusconi ha detto che con l'accordo di tutti si può mettere fine al bagno di sangue in Libia.
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Esagerare non serve di Luigi Geninazzi
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La rivolta in Libia apre tutte le opzioni, compresa la guerra civile. Lo ha detto Saif Al-Islam Geddafi, figlio del colonnello, in una intervista alla tv Al Arabiya. La Libia orientale, costituita in massima parte dalla Cirenaica, non può separarsi dal resto del paese. "Sono ridicole le dicerie sulla presenza di mercenari e sui raid aerei sui manifestanti. I caccia hanno bombardato solo i depositi di armi". È quanto ha affermato Seifulislam Gheddafi."Se tutti siamo d'accordo possiamo mettere fine al bagno di sangue e sostenere il popolo libico". Lo ha detto Silvio Berlusconi intervenendo al 46/mo congresso dei Repubblicani. Il presidente del consiglio ha sottolineato che a suo avviso gli sviluppi della situazione del nord Africa "sono molto incerti perché quei popoli potrebbero avvicinarsi alla democrazia ma potremmo anche trovarci di fronte a centri pericolosi di integralismo islamico". "C'è il rischio - ha ribadito il premier - di una emergenza umanitaria con decine di migliaia di persone da soccorrere".Il presidente americano Barack Obama ha imposto sanzioni contro la Libia, subito dopo il completamento delle operazioni di rimpatrio degli americani che erano nel Paese arabo. Il governo di Muhammar Gheddafi «ha violato le norme internazionali e la comune decenza e deve risponderne», ha affermato Obama, che ha parlato anche di «continue violazioni dei diritii umani» e di «oltraggiose minacce» da parte del regime di Tripoli. «Saremo accanto al popolo libico nella loro richiesta di diritti universali e di un governo che corrisponda alle loro aspirazioni», ha aggiunto.Con le sanzioni vengono congelati i beni negli Stati Uniti di Gheddafi, dei suoi familiari, di alti esponenti del governo libico e di chi ha ordinato o partecipato ad «abusi dei diritti umani relativi alla repressione politica in Libia», secondo quanto si legge nella lettera inviata da Obama ai leader della Camera e del Senato. Il segretario di Stato Hillary Clinton ha intanto sospeso tutte le licenze e le approvazioni per l'esportazione «di beni e servizi per la difesa» diretti alla Libia. Nella sua lettera, Obama ha sottolineato che i beni appartenenti al popolo libico verranno protetti. Attesa e incertezza a Tripoli dove la situazione appare relativamente calma dopo i violenti scontri di venerdì, la manifestazione a sostegno di Gheddafi e il violentissimo discorso del rais. Nella notte si sono uditi sporadici colpi di armi da fuoco. Venerdì Seif al Islam, il figlio 'riformistà del leader libico, aveva parlato di un possibile accordo con i ribelli. Sabato si è saputo che gli ufficiali della base aerea militare libica Gamal Abdel Nasser, che si trova 16 chilometri a sud di Tobruk, nel nord-est del paese, sono passati dalla parte dei rivoltosi. Lo ha annunciato un ufficiale della base militare intervistato dalla tv satellitare 'al-Arabiyà. La base aerea ospita 60 caccia Mirage F1 dell'aviazione libica. "Mercenari" al soldo del regime del colonnello Muammar Gheddafi, elitrasportati a Misurata (terza città della Libia), hanno aperto il fuoco sabato sui manifestanti che stavano andando ai funerali delle vittime dei combattimenti di ieri. Lo ha riferito un testimone e la notizia non può essere confermata da fonti indipendenti. Due elicotteri hanno fatto scendere "mercenari nella cittadella sportiva in costruzione, nel quartiere di Merbat" a Misurata, 150 chilometri a est di Tripoli, ha riferito il testimone. I mercenari - sempre secondo il testimone, che si è dichiarato oppositore di Gheddafi - poi hanno sparato sui parenti delle vittime di ieri, che stavano per entrare in una moschea.Decine di persone sono rimaste gravemente ferite dopo che un battaglione fedele al leader libico Muammar Gheddafi ha aperto il fuoco contro manifestanti nella città di Sabrata, a ovest di Tripoli. Lo riferisce il quotidiano libico Quryna. Il battaglione al Khuwildi al Humaidi ha aperto il fuoco lungo una fascia costiera tra le città di Sabrata e Surman, secondo quanto riferisce il sito di Quryna che cita un corrispondente sul posto, Il giornale non cita le circostanze della sparatoria nè precisa quantisarebbero i feriti. Quryna è di proprietà del figlio di Gheddafi Saif al IslamGHEDDAFI RESISTE. TRUPPE FERME PER NEGOZIAREAlcuni lo davano per morto. Altri sull’orlo del suicidio. Altri impotente nel suo bunker assediato da migliaia di manifestanti che da Misurata, conquistata ieri, Zuara, Zawia, Tojoura, Gharian, città nella cintura di Tripoli cadute una dopo l’altra nelle mai dei ribelli, si erano riversati nella capitale. Lui, il colonnello Muhammar Gheddafi, ha confezionato un colpo di scena clamoroso, perfettamente a misura del suo personaggio. Sfidando un’intera nazione che stava marciando per andare a prenderselo, il rais è comparso in una specie di fortino eretto in Piazza Verde, un colbacco spesso calato in testa, e, circondato da una folla osannante, ha parlato per tre minuti e mezzo.«Eccomi qui tra voi, chi non mi vuole, non merita di vivere», ha esordito il rais. «Sono venuto per incoraggiarvi e salutarvi. E vi dico: li respingeremo». Gheddafi ha sottolineato che i «depositi di armi sono aperti per armare il popolo» e che «assieme combatteremo». Ha quindi tirato in ballo il nostro Paese: «Sconfiggeremo i rivoltosi come abbiamo sconfitto gli italiani», ha detto. E poi si è rivolto a Usa e Ue: «Guarda Europa! Guarda America! Questo è il popolo libico, questo il frutto della rivoluzione». Quindi, dopo aver promesso di «lottare fino alla morte per la Libia», si è accomiatato chiedendo alla folla di «cantare e gioire ed essere felice».Come in un mondo improvvisamente ribaltato, la gente ha iniziato a gridare: «Solo Dio, Muhammar e Libia!». Cori in senso diametralmente opposti a quelli che, fino a poche ore prima, avevano saturato l’aria di Tripoli.Era cominciata in modo strano questa giornata. Una calma assurda aveva accompagnato la preghiera del venerdì nelle moschee della città, presidiate dalle forze di sicurezza. Qua e là piccoli e patetici cortei pro-Gheddafi. Il regime aveva affidato alla Tv di Stato l’ultimo tentativo di blandire la popolazione, annunciando, con un ritardo ormai lontanissimo dall’umore della gente, l’aumento degli stipendi per i dipendenti pubblici e sussidi per le famiglie. Poi, era cominciato l’afflusso di migliaia di manifestanti (50mila per al-Arabiya) nelle strade del centro e soprattutto in Piazza Verde. È stato a quel punto che le forze di polizia hanno cominciato a sparare «Sui civili» «indiscriminatamente», «ad altezza uomo», hanno riferito testimoni locali.I giornalisti stranieri sono stati portati via con la forza dagli uomini della sicurezza. E di nuovo, come nei giorni scorsi, è arrivata l’ondata di notizie non verificabili, contraddittorie, sul bilancio dei morti. Al-Jazeera ha parlato di una «carneficina», di «decine di vittime». Ha detto che i miliziani pro-regime hanno fatto strage casa per casa. Al-Arabiya ha parlato invece una decina di morti. La Tv libica nessuno.Impossibile capire quanti siano le vittime degli scontri di ieri.  Impossibile anche arrivare a una stima del totale delle vittime di 11 giorni di violenze. Ieri il numero due della missione libica all’Onu, Ibrahim Dabbashi, ha parlato di migliaia di morti. Incerta pure la geografia delle “conquiste” fatte dai manifestanti. Sempre secondo al-Jazeera, a metà pomeriggio avevano preso il controllo dell’aeroporto internazionale di Maatiqa. Ma più tardi la notizia è stata smentita da giornalisti italiani, secondo i quali la base aerea è ancora sotto il controllo dei governativi. Sempre secondo fonti italiane, c’è stato un bagno di sangue anche nella periferia della capitale. «Dopo la preghiera la gente ha iniziato a correre gridando “libertà” – ha riferito l’inviato dell’Ansa – I miliziani si Gheddafi, senza divisa e confusi nella folla, hanno iniziato a sparare. Hanno anche usato le ambulanze per trasportare i mercenari, che aprivano le porte e sparavano sulla gente».La presenza di migliaia di mercenari è stata confermata da più fonti concordanti. Mercenari necessari perché i militari dell’esercito sarebbero divisi sulla reazione. In molti avrebbero rifiutato di tirare sulla gente, unendosi addirittura alle proteste. E sarebbero già tanti gli alti ufficiali che hanno disertato, voltando le spalle al regime. Divisioni ci sarebbero nella stessa brigata dell’esercito guidata da Khamis Gheddafi, uno dei figli del colonnello. Mentre sarebbe passato dalla parte dei rivoltisi il più giovane dei figli del rais, Saif al-Arab.Di certo, per tutta la giornata il regime ha perso pezzi. Si è dimesso per protestare contro la sanguinosa repressione il procuratore generale Abdelrahman al-Abbar. E avrebbe lasciato anche Ahmed Kadhaf al-Dam, cugino e uno degli uomini più vicini a Gheddafi. Mentre è fuggito da Tripoli il pilota personale del colonnello, il norvegese Aud Berger. È stato confermato, inoltre, che il governo non controlla più i pozzi petroliferi nell’Est. I ribelli a Bengasi hanno confermato che «i contratti – con imprese straniere – che sono legali e a beneficio del popolo libico verranno mantenuti». I campi sono comunque chiusi al 75%. Barbara Uglietti
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