martedì 6 febbraio 2024
Una coda di tre chilometri per chiedere al governo di Javier Milei di scongelare i fondi bloccati da dicembre per i 50mila refettori comunitari. L'appello dei vescovi: «Aiuti senza dilazioni»
La "fila della fame" si è snodata lungo la 9 de julio per quasi tre chilometri

La "fila della fame" si è snodata lungo la 9 de julio per quasi tre chilometri - Reuters

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«La fame non aspetta, fa male». Nancy è arrivata all’Obelisco, emblema e cuore pulsante di Buenos Aires, da La Matanza, il più affollato dei quartieri popolari situati nella sterminata cintura urbana. Cucina per una delle sette mense create da padre Nicolás Angelotti alias “Tano” in cui, fino a dicembre, mangiavano duemila persone. Ora, con il prezzo del cibo cresciuto del trenta per cento in un mese, sono quasi il doppio. «Non possiamo chiudere. Ma senza fondi pubblici non so quanto riusciremo ad andare avanti», spiega la donna. «Siamo qui per tutti coloro che contano su di noi. Che facciamo, sbattiamo loro le porte in faccia?», le fa eco Luisa del refettorio popolare di Lomas de Zamora. La fila si dipana lungo la 9 de Julio, spina dorsale della capitale, per quasi tre chilometri. È il “popolo della fame” o meglio quello che con la fame combatte: donne e uomini impegnati in movimenti popolari e gruppi religiosi – della Chiesa cattolica e evangelica – che, auto- organizzandosi hanno messo su 50mila mense in tutto il Paese da cui dipendono almeno quattro milioni di argentini. Un numero in crescita data l’inflazione galoppante.

Organizzazioni comunitarie e gruppi religiosi hanno chiesto lo sblocco dei fondi

Organizzazioni comunitarie e gruppi religiosi hanno chiesto lo sblocco dei fondi - Reuters

Questa rete di contenimento ha giocato un ruolo cruciale durante la pandemia e dopo, con l’approfondirsi della crisi. Con l’inizio del nuovo governo di Javier Milei, 10 dicembre, i finanziamenti sono stati congelati. Senza spiegazioni. Di fronte all’ennesima richiesta di chiarimento delle organizzazioni sociali, la settimana scorsa, la ministra del Capitale umano, Sandra Pettovello ha rifiutato di incontrarli. «Se avete fame, datemi il vostro nome e riceverete aiuto individualmente», ha affermato, poco dopo, in tv, in linea con la decisione dell’esecutivo di aumentare la “tessera alimentare” all’equivalente di 40 euro. Una cifra, comunque, insufficiente di fronte al carovita. Da qui la manifestazione di lunedì alle porte del ministero. Oggi sono previste nuove manifestazioni e la Casa Rosada ha minacciato una «risposta». «Il Covid ci ha insegnato il valore della risposta comunitaria organizzata. Si sono moltiplicati così, i refettori nelle parrocchie, nelle Chiese evangeliche, negli spazi dei movimenti popolari», ha scritto la Conferenza episcopale argentina sabato in una lettera appello in cui chiede «aiuto senza dilazioni» per le mense comunitarie.

In un mese i prezzi del cibo sono cresciuti del 30 per cento

In un mese i prezzi del cibo sono cresciuti del 30 per cento - Reuters

È un momento delicato per l’Argentina. Ieri la Camera ha ripreso la discussione sulla “ley ómbibus”. La settimana scorsa il pacchetto – che prevede una riforma in senso ultraliberista dello Stato – ha ricevuto un primo via libera. In cambio, però, il governo ha dovuto stralciare quasi la metà degli articoli – da 664 a 386 – contenuti nel provvedimento. Uno degli scogli centrali riguarda le “competenze speciali” attribuite dalla normativa al presidente. Il suo partito, La libertad avanza, ha 38 deputati sul 257, a cui si sommano i 37 del Pro dell’alleato Mauricio Macri. Per l’approvazione, dunque, Milei deve conquistare gli ottanta voti del centro-destra composto da radicali e peronisti dissidenti. Il negoziato, dunque, è lento e difficile. Anche in caso di intesa, la legge dovrebbe ottenere il via libera del Senato

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