mercoledì 9 giugno 2010
Il Consiglio di sicurezza ha approvato il pacchetto di misure punitive contro Teheran. Voto contrario di Turchia e Brasile. Via libera da Pechino: ora bisogna tornare ai negoziati. La Casa Bianca non chiude le porte alla diplomazia. Scetticismo a Mosca: «Inefficaci».
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Le sanzioni sono «un chiaro messaggio a Teheran» dice Barack Obama. «Le getteremo nella spazzatura», replica a stretto giro di posta Mahmoud Ahmadinejad per il quale la risoluzione «non vale un centesimo». La quarta tornata, dal dicembre del 2006, di misure punitive votate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu contro l’Iran per il suo programma nucleare, non sposta di una virgola il “gioco” delle parti. Con l’America a brindare per l’inasprimento delle sanzioni, «le più severe» le ha definite la Casa Bianca; e l’Iran ad alzare la posta. Dapprima notificando all’Aiea che l’arricchimento dell’uranio continuerà e poi con la promessa del Majilis, il Parlamento iraniano, di rivedere la cooperazione con l’Agenzia Onu per il nucleare. Reazioni dure ma in fondo prevedibili, in linea con le premesse e le promesse. Ieri al Palazzo di Vetro nessuna voce ha cantato fuori dal coro. Quasi tutti allineati dietro la risoluzione presentata dagli Usa e sostenuta da Francia e Gran Bretagna e passata con 12 sì, due no e un astenuto. Via libera di Cina e Russia guadagnato ammorbidendo il testo e ignorando il comparto energetico. Così Pechino ha potuto dire che il succo delle sanzioni «è riportare l’Iran al tavolo dei negoziati» aggiungendo poi di auspicare che Teheran si adegui ai contenuti delle 10 pagine (più 4 annessi con la lista nera delle società e degli individui «banditi) della risoluzione. Le sanzioni, per Mosca, «escludono l’uso della forza» e sono «una misura obbligata» secondo il suo ambasciatore all’Onu, Vitaly Churkin. A votare contro il provvedimento Turchia e Brasile (si è astenuto il Libano), i due Paesi che il 17 maggio avevano siglato a Teheran l’accordo per il trasferimento dell’uranio debolmente arricchito proprio in Turchia in cambio di combustibile nucleare per il centro di ricerca medica di Teheran. L’ambasciatore brasiliano ha parlato di sanzioni «inefficaci», facendo l’eco alle parole pronunciate in mattinata da Putin. In un’intervista all’Afp il premier aveva detto: «Nuove sanzioni come quelle che saranno approvate all’Onu saranno inefficaci». Israele invece le ha definite «un passo importante» ma «non sufficiente».Sia Washington sia l’Unione europea hanno fatto sapere di essere pronte a imporre unilateralmente altre sanzioni (sia Usa sia Ue hanno già in atto provvedimenti restrittivi ad hoc contro società e individui della Repubblica islamica). Ma se c’è l’intenzione di andare fino in fondo, la porta del dialogo resta aperta. Lo ha ribadito ieri lo stesso Barack Obama. Se le «sanzioni sono un messaggio inequivocabile sulle intenzioni della comunità internazionale», ha detto il capo della Casa Bianca, è parimenti vero che gli Stati Uniti non chiudono le porte alla diplomazia. E ritengono un diritto dell’Iran aver «accesso all’energia nucleare pacifica». Ciò che chiede l’America (e non da ora) è che non vi siano ambiguità nel programma atomico della Repubblica islamica. «Fino a quando le preoccupazioni del mondo sulla sfida nucleare saranno dissolte, dobbiamo lavorare insieme per garantire che le sanzioni di questa risoluzione siano pienamente e fermamente implementate«, ha detto l’ambasciatrice Usa all’Onu Susan Rice dopo il voto.La nuova tornata di sanzioni colpisce fra l’altro tre aziende controllate dall’Irisl (compagnia che gestisce i cargo) e 15 legate ai Pasdaran. Fra l’altro autorizza ispezioni in mare aperto alle imbarcazioni sospette. (Questo capitolo è lasciato però alla discrezione dei singoli Stati). Altre 40 compagnie si aggiungeranno alla «lista nera» dell’Onu e i loro asset nel mondo saranno congelati se le società saranno sospettate di aver un ruolo nel programma atomico o missilistico. Colpite anche le filiali all’estero di alcune banche e una persona, il capo del programma atomico di Isfahan, Javad Rahiqi. Per lui divieto di espatrio e congelamento dei beni all’estero.
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