martedì 4 agosto 2015
L'impegno dei maristi per rifornire le famiglie. Allo studio una rete di serbatoi. Fra Sabe: "Fate pressione su chi controlla l'acquedotto"
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Da quattro giorni Aleppo, in Siria, è di nuovo senz’acqua. Dai tubi, per tre giorni, era tornata a scorrere acqua potabile dopo uno stop di 23 giorni per gran parte del mese di luglio che ha coinvolto anche l’energia elettrica. Un vero assedio per due milioni di persone: la temperatura ieri era a 42 gradi, ma ad agosto sfiora i 50 gradi.  Chiuse le condotte dell’acquedotto, la corsa è ai serbatoi e ai pozzi privati. «Ma molti non sono sicuri: si moltiplicano i casi di diarrea, gastrite. In molti casi si deve ricorrere all’ospedale », spiega George Sabe, frate marista responsabile del progetto “Acqua per Aleppo”. Grazie ai fondi raccolti dalla ong “Aiutamo la Siria” (Aiulas) è stato possibile acquistare un furgone sul quale è stato montato un serbatoio e una pompa (già in possesso dei maristi), per rifornire di acqua le famiglie. «La nostra équipe inizia alle 6 e mezza la mattina: a ogni famiglia distribuiamo 500 litri di acqua. Ne riusciamo a raggiungere una decina al giorno». La lista delle richieste si allunga ogni giorno, mentre grazie agli aiuti delle ong, alla «solidarietà fra le Chiese», presto dovrebbe arrivare un altro furgone. Tutto gratuito quello che viene distribuito con il progetto “Acqua per Aleppo”, mentre altre organizzazioni si fanno pagare 5-7 dollari per 1000 litri di acqua. «Il timore di tutti è che i prezzi si impennino in una spirale speculativa». Ogni  traguardo raggiunto, per il progetto “Acqua per Aleppo”, apre a una nuova sfida: il prossimo, grazie a una associazione francese, sarà di installare serbatoi in zone strategiche delle città, per rifornire di acqua anche chi non ha suoi serbatoi: 50mila litri per un acquedotto alternativo costruito grazie alla solidarietà internazionale.  Nessun intervento sinora delle autorità internazionali, nessuna presa di posizione per difendere l’accesso all’acqua, un diritto essenziale per qualsiasi popolazione. «Fate pressioni sulle unità armate che ci tagliano acqua ed elettricità. Fate pressioni, mentre vediamo l’acqua potabilizzata buttata nel fiume perché l’acquedotto con le condotte sbarrate ormai non riesce a contenerne più», chiede fra George Sabe.
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