mercoledì 9 febbraio 2011
È di almeno tre morti e circa cento feriti il bilancio ancora provvisorio di scontri tra manifestanti anti-governativi e forze di sicurezza in corso da ieri a el-Kharga, un'oasi a oltre 400 chilometri dal Cairo. Ancora manifestazioni nella capitale, mentre al-Qaeda dall'Iraq ha invitato il popolo a battersi per l'instaurazione di un regime fondato sulla sharia.
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È di almeno tre morti e circa cento feriti il bilancio ancora provvisorio di scontri tra manifestanti anti-governativi e forze di sicurezza in corso da ieri a el-Kharga, un'oasi situata oltre 400 chilometri dal Cairo, nel governatorato sud-occidentale egiziano di al-Wadi al-Jadid, noto anche come New Valley. Lo hanno riferito fonti di polizia, che hanno giustificato il ricorso alle armi con il pericolo di essere sopraffatti dalla folla. Le tre vittime sono decedute in ospedale. Dopo la reazione degli agenti in assetto anti-sommossa, i dimostranti hanno assaltato e dato alle fiamme diversi uffici pubblici, tra cui due commissariati, una caserma, un tribunale e la sede locale del Partito Democratico Nazionale, al potere da un trentennio e facente capo al presidente Hosni Mubarak. Si tratta del primo scontro serio tra poliziotti e contestatori del regime negli ultimi giorni: dopo gli attacchi contro i manifestanti del 28 gennaio, la Giornata della Rabbia, era sembrato che le forze dell'ordine fossero praticamente scomparse dalle strade in ogni parte dell'Egitto, e il controllo della situazione fosse passato all'esercito, mantenutosi fino ad allora neutrale.MANIFESTAZIONI AL CAIROCirca diecimila manifestanti anti-regime si sono riuniti questa mattina davanti alla sede dell'Assemblea del popolo (Camera) al Cairo, e più o meno altrettanti davanti alla casa del premier, generale Ahmed Shafik. Altri gruppi di manifestanti hanno raggiunto anche la sede del ministero degli Interni e della presidenza del Consiglio dei ministri.E migliaia di manifestanti anti-Mubarak hanno trascorso la notte accampati nella "tendopoli" che ha occupato tutti i prati e le aiuole della gigantesca piazza Tahrir al Cairo e attorno ai carri armati dell'esercito. Dopo le grandi manifestazioni di ieri, che si sono estese in diverse città in tutto l'Egitto, stamani, nel 16.mo giorno della "Rivoluzione sul Nilo", piazza Tahrir appare tranquilla nelle immagini trasmesse in diretta dalle tv, fra cui Al Jazira International. "Non siate stanchi, non siate stanchi. La libertà non è stata ancora liberata", scandiva un manifestante con l'altoparlante mentre la popolazione di oppositori "accampati" si svegliava.Diversi militanti jihadisti facenti capo ad Al Qaida sono fra le migliaia di detenuti evasi dalle carceri in Egitto durante i disordini di queste settimane, secondo il vicepresidente egiziano, Omar Suleiman. Parlando ai giornalisti, Suleiman ha detto che le forze di sicurezza e di intelligence egiziane avevano "compiuto sforzi notevoli per ottenere l'estradizione in Egitto di militanti (islamici) dall'estero", di membri di "organizzazioni jihadiste... legati a leader esterni, in particolare ad Al Qaida". Si tratta, ha aggiunto Suleiman, di combattenti che non hanno rinunciato alla loro ideologia o alla violenza. Ora, ha detto il vicepresidente egiziano, "ci vorrà molto lavoro per riportarli in carcere".Il sedicente Stato Islamico dell'Iraq, branca irachena di al-Qaeda, ha chiamato alla jihad i manifestanti anti-governativi che da più di due settimane protestano contro il presidente Hosni Mubarak, e li ha esortati a battersi per l'instaurazione di un regime fondato sulla sharia, la legge coranica: l'appello è contenuto in un messaggio apparso nelle ultime 24 ore su diversi siti filo-integralistici di Internet, ed è stato intercettato dagli specialisti di Site, gruppo di monitoraggio anti-terrorismo on-line con sede negli Stati Uniti. Si tratta della prima reazione conosciuta di un qualche movimento comunque affiliato a al-Qaeda rispetto agli avvenimenti in corso in Egitto. Nel messaggio si afferma che nel Paese nord-africano "si è aperto il mercato della guerra santa", alla quale debbono partecipare tutti gli uomini in grado di combattere, e che si sono altresì "schiuse le porte del martirio". I dimostranti egiziani sono quindi invitati a non lasciarsi tentare dalle "vie ingannevoli e brute" del secolarismo, della democrazia e del "marcio nazionalismo pagano", in quanto "la vostra Jihad è a sostegno dell'Islam, degli egiziani deboli e degli oppressi, del "vostro popolo in Iraq e a Gaza", e "a favore di ogni musulmano che sia stato raggiunto dall'oppressione del tiranno d'Egitto e dei suoi padroni a Washington e a Tel Aviv". Segue l'offerta di "sette consigli" per costringere Mubarak alla caduta, e per assicurarsi che nessuno di coloro che fanno parte della sua cerchia possa mantenere il potere.
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