giovedì 28 gennaio 2010
I primi contatti sarebbero già avvenuti: tra l’inviato delle Nazioni Unite e il comandante della shura dei taleban di Quetta in Pakistan. Alla conferenza di Londra l'inizio di una nuova fase: «Disimpegno entro 5 anni». Karzai spinge per la pacificazione nazionale. Gli estremisti frenano: «Solo propaganda».
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Il “tabù” alla fine si è sgretolato. Definitivamente. Con i taleban – quelli “moderati”, quelli pronti a recidere definitivamente i ponti con al-Qaeda, i «fratelli non terroristi», come li ha chiamati il presidente Karzai – si può, anzi si deve, trattare. E i primi contatti sarebbero già avvenuti: tra l’inviato delle Nazioni Unite in Afghanistan, Kai Eide e il comandante della shura dei taleban di Quetta in Pakistan. La parola d’ordine è ora – almeno a sentire Karzai – «riconciliazione nazionale». Il sigillo alla nuova “impalcatura” della guerra in Afghanistan arriva dalla Conferenza di Londra, con un forte distinguo americano.Dinanzi a una guerra che dura da troppi anni (e con troppi errori: ieri per sbaglio in Afghanistan è stato ucciso un iman dalle forze Nato), Londra ha chiuso i suoi lavori con un misto di impegni e promesse. Un’“investitura” (l’ennesima) per il presidente Karzai, lo stesso che si è visto per due volte bocciare dal Parlamento afghano la lista dei propri ministri. Un nuovo assegno – per il primo anno – da cento milioni di euro per la pace (dal quale ha preso le distanze, per gli Usa, Hillary Clinton). «L’inizio di una nuova fase», che dovrebbe portare a un progressivo disimpegno – entro 5 anni – delle forze straniere. L’impegno a indire una nuova conferenza da tenersi entro l’anno, questa volta, a Kabul. La volontà di sradicare la corruzione, con la promessa della comunità internazionale ad aumentare del 50% in due anni gli aiuti verso il Paese.Nella bozza di dichiarazione finale dei lavori alla Lancaster House, il summit ha dato via libera alla proposta del governo afghano di offrire «un posto dignitoso nella società a coloro che rinunceranno alla violenza, parteciperanno alla società civile e rispetteranno i principi della costituzione afghana, taglieranno i propri legami con al-Qaeda e altri gruppi terroristici e perseguiranno i propri obiettivi politici in maniera pacifica».Da parte sua il presidente Karzai ha ribadito la volontà di «tendere la mano a tutti» gli afghani, «soprattutto quelli disillusi che non fanno parte di al-Qaeda o altre organizzazioni terroristiche e che accettano la Costituzione». Karzai ha annunciato «la creazione di un consiglio nazionale per la pace e la riconciliazione cui farà seguito la convocazione di una Loya jirga, l’assemblea degli anziani» del Paese. La risposta dei taleban non si è fatta attendere: l’appello della Conferenza sarebbe solo «propaganda». Ai partner occidentali, Karzai ha chiesto anche di continuare a finanziarie la transizione dell’Afghanistan per i prossimi 10-15 anni: alla fine il costo della pace potrebbe ammontare a molti miliardi di dollari, ma sarà comunque inferiore a quello di una guerra senza fine. La Conferenza prevede anche una scansione temporale per il disimpegno delle forze internazionali da realizzarsi entro 5 anni. Il premier britannico, Gordon Brown, ha affermato che la Conferenza segna l’inizio della transizione afghana e che la metà del 2011 è la scadenza entro cui si dovrà «invertire la tendenza» nella lotta alla guerriglia. Una transizione che però non significa «exit strategy», come ha puntualizzato Hillary Clinton, che ha precisato che gli Usa non parteciperanno al fondo per la pace. Infine l’Italia: Roma ha confermato – ha spiegato il ministro degli Esteri Franco Frattini – la propria fiducia al presidente afghano, ma ha chiesto che il progetto di reintegro dei taleban non abbia conseguenze negative sulla vita delle donne afghane e sui diritti civili.
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