lunedì 26 agosto 2013
​Il primo studio promosso dall'Onu sulla criminalità organizzata transnazionale segnala come i trafficanti spesso riescano a utilizzare infrastrutture legittime. Medicinali e altre merci contraffatte, legname e droga: dall'Asia un business da 90 miliardi di dollari. (Stefano Vecchia)
INTERVISTA L'esperto: «È un saccheggio mondiale»
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Il crimine organizzato in Asia orientale e nel Pacifico vale circa 90 miliardi di dollari. Un dato non da poco, che supera del doppio il Prodotto interno lordo del Myanmar, paese ricco di risorse che si avvia ad entrare in competizione con vicini come Thailandia, India e Cina.Il recente rapporto Transnational Organized Crime in East Asia and the Pacific – A Threat Assessment (Crimine transnazionale organizzato in Asia Orientale e nel Pacifico – Valutazione di una minaccia) elenca tra le attività criminali la contraffazione di merci, droghe, traffico di legname e di specie animali protette, traffico di esseri umani, utilizzo e movimentazione di sostanze tossiche. Secondo l’ente responsabile del Rapporto, l’Ufficio delle Nazioni Unite per le droghe e il crimine (Unodc), quello da poco diffuso rappresenta il primo studio complessivo della criminalità organizzata transnazionale in una regione strategica del pianeta. Si stima che i traffici più lucrosi gestiti dalla criminalità nell’area oggetto dello studio riguardino merci contraffatte (24,4 miliardi di dollari), legname illegale (17 miliardi), eroina (16,3 miliardi), metanfetamine (15 miliardi), medicinali contraffatti (5 miliardi).La Repubblica popolare cinese è la maggiore fonte di beni contraffatti. I dati dell’Organizzazione mondiale delle Dogane ripresi dagli esperti Unodc indicano come il 75 per cento di questa tipologia di prodotti, sequestrati tra il 2008 e il 2010, abbiano origine in Asia Orientale e in particolare in Cina.Il legname esportato illegalmente da paesi come Indonesia, Laos e Myanmar è tra le merci che più facilmente arrivano anche in Europa, dove la richiesta resta elevata. Gravi risultano le conseguenze per la regione, che vede insieme la maggiore biodiversità del pianeta e il tasso di deforestazione più elevato.Oppio e soprattutto, da ormai molti anni, droghe sintetiche sono tra i "prodotti" più richiesti ed esportati dall’Asia sudorientale, in particolare verso altre aree del continente. Circa 65 tonnellate di eroina sono state consumate nella regione lo scorso anno. La maggior parte di questo prodotto proviene dal Myanmar, ma i consumatori sono soprattutto in Cina.Ultima tra le maggiori tipologie di merci, che garantiscono un crescente ruolo alla criminalità senza confini, è quella dei medicinali contraffatti che invadono i mercati orientali ma non solo. «Tra il 35 e il 90 per cento di farmaci antimalarici utilizzati nel Sudest asiatico sono fraudolenti», ricorda Jeremy Douglas, consulente Unodc nella regione.La varietà di "beni" oggetti di traffico – che include anche purtroppo "merce" umana sotto forma di tratta di esseri umani, migrazione illegale e sfruttamento del loro lavoro – arricchisce dunque produttori e trafficanti ma vede pochi ostacoli concreti da parte delle autorità locali e delle istituzioni internazionali.«Un problema è che non siamo necessariamente davanti a gradi strutture organizzate, ma a reti criminali più piccole e interconnesse. Anche in grado di cambiare forma e struttura, se serve – conferma Giovanni Broussard, funzionario dell’Unodc a Bangkok e tra i compilatori del Rapporto. – Le loro attività si posizionano molto bene in aree grigie tra settore privato e pubblico e i flussi di traffici si sviluppano in parallelo a industrie legittime, come quelle del legname, dei medicinali, dello smaltimento di scorie pericolose».«Quello che noi funzionari Unodc cerchiamo di fare – prosegue Broussard – è agire soprattutto sulla logistica, sui trasporti affidati spesso ad aziende normali, spesso con il supporto di funzionari consenzienti. Corruzione ma anche frode hanno spazio crescente in un sistema ormai poco controllato di trasporto, in cui i responsabili non hanno un ruolo diretto. Assistiamo sempre più alla convergenza di flussi criminali che utilizzano infrastrutture legittime e la risposta delle autorità locali è soprattutto indirizzata a contenere l’evasione fiscale o a colpire casi particolari dannosi per l’ordine o per la salute. A preoccuparci ora maggiormente è l’altissima percentuale di reati ambientali, a partire dal traffico di legname, che raramente vedono colpevoli certi e perseguiti».L’Italia ha giocato in passato un ruolo chiave nel far comprendere agli altri paesi in Europa e nel mondo la gravità e la complessità della minaccia della criminalità transnazionale. Oggi però la nostra disponibilità di finanziamenti e di risorse umane da giocare sullo scenario internazionale è molto ridotta. Molti paesi, tuttavia, continuano a guardare ad alcuni successi importanti ottenuti in Italia dopo le leggi ispirate dall’esperienza del pool antimafia del giudice Falcone come simbolo e modello di buona pratica di efficace risposta dello Stato alla criminalità anche grazie ad una forte coscientizzazione e partecipazione della società civile che invece in altri paesi è ancora ignara o indifferente.Come effetto della nuova politica europea verso l’Asia, sarà in prospettiva più difficile per la criminalità transnazionale raggiungere l’Europa; possibile che cerchi di muoversi di più all’interno, complici anche leggi non applicate.
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