lunedì 19 settembre 2022
Il tributo del popolo, l’omaggio dei grandi della terra. Il Regno Unito si è fermato per i solenni funerali di Stato della Regina in una Londra super blindata
Addio a Elisabetta, l’ultima grande regina

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Il mondo intorno a una cassa di legno di quercia. Quando, 11 giorni dopo la sua morte e 35mila dopo la sua nascita, il feretro dell’ultima grande regina coperto dalla bandiera gialla, rossa e blu della famiglia reale entra nell’Abbazia di Westminster, Londra trattiene il fiato, grata e orgogliosa della sua irripetibile sovrana. I grandi della terra, mai così tanti insieme nello stesso posto e nello stesso momento, fanno coreografia sulle panche della chiesa mentre il decano di Westminster, David Hoyle, avvia la celebrazione. Ma il senso di un funerale ancorato a una ritualità profonda, ingessata e precisa, è soprattutto fuori e intorno. L’omaggio spontaneo di un popolo aggrappato alle transenne di un giorno livido è sereno, ordinato e consapevole, come la mastodontica macchina organizzativa messa in campo per l’ultimo viaggio terreno di Elisabetta II d’Inghilterra.

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La chiamano mamma, le scrivono grazie. Londra ha saccheggiato le serre per spargere ovunque infiniti tappeti di fiori, disegni e orsetti Paddington, il pupazzo più amato di tutto il Paese, che con la regina aveva preso un tè in un video scherzoso diventato virale girato in occasione del suo Giubileo per acchiappare la simpatia anche dei più piccoli. Nessuno piange, molti sorridono: sanno di aver avuto la fortuna di essersela tenuta a lungo. E’ la stima, che prevale. La gratitudine insieme al rispetto, pieno ed eterno, lezione che l’Inghilterra riunita da un funerale lancia in faccia al mondo.

L’erba e gli alberi di Green Park, il polmone verde appoggiato a Buckingham Palace, sono un tributo infinito.
Nei bigliettini appesi ai gambi di rose, dalie e margherite c’è l’essenza delicata e ingenua di una devozione che chi non viene da questo mondo fatica a capire. I sudditi dell’Impero non smettono di esserlo mai: per questo si accodano spingendo i passeggini e dando il braccio agli anziani. Loro e non solo loro, perchè Elisabetta l’hanno profondamente amata quasi tutti, a qualunque età e latitudine, vedendo riflessa in quell’immagine la magnificenza, l’intoccabilità, la regalità di una figura che li ha accompagnati da sempre, generando equilibrio tra novità e tradizione, tra democrazia e sovranità, tra sacro e profano, tra rito e pratica quotidiana.

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Quattro miliardi di persone davanti alla tv in ogni parte del globo, e almeno 2 milioni qui, lungo il percorso fino a Wellingtom Arch per chi è riuscito a trovare posto. Gli altri affollano gli spazi sotto i mega schermi che trasmettono la cerimonia nelle piazze, nei giardini, persino nei cinema che da giorni hanno esaurito i biglietti nemmeno fosse un kolossal del cinema muto. Eppure proprio questo è. In attesa che le spoglie mortali di Elisabetta II riposino da questa sera nella cripta reale del castello di Windsor.
Nella commozione composta e serena, sono le famigli e i bambini che colpiscono di più: issati sulle spalle dei genitori per vedere meglio lo spettacolo di una fine della quale non hanno conosciuto l’inizio.

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La regina è stata la loro bisnonna di zucchero, un po’ fata e un po’ favola nel suo castello irraggiungibile eppure così vicino al centro. Quando ormai la si immaginava immortale, anche un manuale di resistenza umana come Elisabetta ha dimostrato che per sempre non esiste. Ma che sul mai è lecito dubitare.
Un popolo suddito che tale vuole restare, per abitudine e convenienza saluta la sua ultima regina che li ha tenuti uniti, inimitabile e anacronistica nei suoi completi pastello come nella sua rigida etichetta, impassibile di fronte alle tempeste e agli scandali che si sono accumulati nella vita della sua famiglia. Tutti scacciati via con il movimento impercettibile e guantato delle dita che usava per salutare, messaggio di superiorità di lignaggio che solo lei riusciva a non far degenerare in superbia.


Ora tocca a Carlo: parte sotto di tre gol, gli inglesi non lo guarderanno mai come hanno guardato sua madre. Ma la casa reale nel giorno del lutto marcia compatta dietro il suo passato glorioso, scortato da 142 militari della Royal Navy, steso in una cassa con la corona e lo scettro sopra, appoggiata sullo stesso affusto di cannone usato nel 1952 per l’ultimo viaggio di Giorgio VI. E’ anche questo un messaggio potente, la continuità che si vuole ribadire come estremo omaggio a Sua Maestà la regina, mentre The Firm, “la ditta”, come informalmente chiamano la famiglia, mai così lacerata ed eterogenea infine cammina verso il suo incerto futuro. In silenzio e riverente, già consapevole che va a incominciare un’altra epoca, quella di un ragazzo di 73 anni che si scopre sovrano, dopo averlo sognato e probabilmente temuto di nascosto e per un tempo infinito. Dio salvi il re: non suona bene, ma è il sottotitolo che parte da qui, sotto un cielo di piombo che già rimpiange il suo tesoro perduto.

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