giovedì 23 novembre 2023
Un ritardo di almeno 24 ore "per questioni amministrative". Prevede il rilascio dei primi ostaggi e uno stop ai combattimenti per 4 giorni. Perché non è un "cessate il fuoco"
Esplosioni sul nord della Striscia di Gaza viste dal confine sud di Israele, il 22 novembre

Esplosioni sul nord della Striscia di Gaza viste dal confine sud di Israele, il 22 novembre - Ansa

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Non entrerà in vigore prima di domani, venerdì 24 novembre, l'accordo sulla tregua tra Israele e Hamas, che prevede lo scambio di 50 ostaggi detenuti dal gruppo islamico con 150 prigionieri palestinesi, secondo quanto annunciato da responsabili del governo israeliano. Il quotidiano 'Haaretz' cita come fonte il consigliere per la sicurezza nazionale israeliana Tzachi Hanegbi. Il ritardo sembrerebbe dovuto non a una rottura tra le parti ma a "questioni amministrative", secondo fonti israeliane citate dalle agenzie di stampa.

Ieri i combattimenti nella Striscia di Gaza sono proseguiti e sembrava che la tregua potesse scattare oggi. Un responsabile di Hamas aveva dichiarato di aspettarsi già per oggi, giovedì, un primo scambio di 10 ostaggi con 30 prigionieri palestinesi. Hanegbi ha poi dichiarato, invece, che la liberazione dei detenuti non avverrà "prima di venerdì" e che i negoziati "non cessano". Inoltre, fino ad allora non finiranno i combattimenti, secondo quanto riferito all'Afp da una fonte israeliana anonima.

Ieri il governo di Tel Aviv aveva annunciato il via libera all'accordo che porterà alla liberazione di almeno 50 donne e bambini ostaggio di Hamas e una tregua nei combattimenti di quattro giorni. Il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu sente la pressione dei familiari dei circa 240 israeliani presi in ostaggio da Ha'mas durante l'attacco del 7 ottobre scorso, in cui sono morte 1.200 persone, in maggioranza civili, secondo il bilancio ufficiale.

Cosa prevede l'intesa

Il governo israeliano e Hamas hanno concordato una pausa di quattro giorni nei combattimenti per consentire il rilascio graduale di 50 ostaggi detenuti a Gaza, in cambio di 150 prigionieri palestinesi in Israele, e l'ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza assediata. L'intesa riguarda da entrambe le parti la liberazione di donne, bambini e anziani. Si ritiene che Hamas detenga oltre 230 ostaggi, catturati quando i suoi miliziani hanno fatto irruzione nel Sud di Israele il 7 ottobre, uccidendo 1.200 persone. Il più giovane israeliano rapito è Kfir Bibas, che ha 10 mesi. I più anziani sono Yaffa Adar, Shlomo Mansour e Arye Zalmanovich, tutti 85 anni.

Fonti di Hezbollah hanno detto ad al-Jazeera che pur non avendo partecipato ai negoziati si uniranno «alla cessazione dei combattimenti».

L'accordo, salutato da più parti con favore, è stato mediato in settimane di negoziati segreti da Qatar, Usa ed Egitto. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato di «decisione giusta», avvertendo però che dopo la pausa la guerra riprenderà: «Il governo israeliano è impegnato a riportare a casa tutti gli ostaggi. Ha approvato l'accordo proposto come prima tappa per raggiungere questo obiettivo».

Ue, Russia e Cina hanno accolto con favore la tregua temporanea, che secondo gli auspici di Egitto, Qatar e Giordania dovrebbe ora portare a più seri colloqui di pace.

L'accordo prevedeva la pausa nelle ostilità a partire da giovedì alle 10 (le 9 in Italia) con il primo rilascio di ostaggi attorno alle 12, ora locale, ma poi l'attuazione è slittata.

All'agenzia Reuters un funzionario palestinese ha detto, a condizione di anonimato, che lo scambio sarà ripetuto a fine mese: «Il secondo gruppo seguirà il primo. Ci vorranno quattro o cinque giorni per organizzarlo» e «coinvolgerà 50 israeliani (ostaggi) in cambio di 150 palestinesi (prigionieri)».

Perché tregua e non cessate il fuoco?

Come ha tenuto a precisare il ministro israeliano degli Esteri, Eli Cohen, Israele non si è impegnata a un «cessate il fuoco», bensì a «una pausa di 4 giorni»: «Il significato del "cessate il fuoco" è che dopo il fuoco non c'è una sua ripresa. Noi parliamo invece di una pausa, il cui scopo è la liberazione di ostaggi. Sono due concetti del tutto diversi. La differenza è enorme».

Ecco i punti principali dell'accordo:

1) Tre in cambio di uno

Israele si impegna a rilasciare 3 detenuti palestinesi, che non si siano macchiati di omicidio, per ogni ostaggio liberato da Hamas. Il numero effettivo su cui le parti si sono accordate sarebbe di 150 detenuti per 50 ostaggi. Il ministero della Giustizia ha pubblicato una lista di 300 detenuti che sono candidati per il rilascio.

Washington ha fatto sapere che tra gli ostaggi da liberare ci sarebbero anche tre cittadini americani, tra cui una bambina di tre anni. L'intesa lascerebbe circa 190 ostaggi a Gaza, di cui la metà si ritiene siano militari. Non tutti gli ostaggi sono detenuti da Hamas, alcuni sono nelle mani della Jihad islamica palestinese, una fazione estremista separata, e di altre bande criminali a Gaza. La maggior parte degli ostaggi sono israeliani, ma quasi la metà hanno doppia nazionalità, tra cui Argentina, Germania, America, Francia, Thailandia, Nepal e Russia. Gli ospedali in Israele sono già pronti ad accogliere le persone rilasciate, che dovrebbero uscire da Gaza attraverso il valico di Rafah.

2) Donne e bambini

Da entrambe le parti, l'impegno è a rilasciare per primi donne e minori. Sono esclusi i soldati. Il ministero della Giustizia israeliano ha pubblicato una lista con i nomi di 300 prigionieri palestinesi (nessuno che si sia macchiato di omicidio) che potrebbero essere liberati.

3) Quattro giorni di tregua

Si contrattava fra i 3 e i 5 giorni di tregua nella Striscia di Gaza: niente fuoco e neppure il sorvolo dei droni. Alla fine l'accordo si è chiuso su 4 giorni. Una clausola lega il prolungamento della tregua al rilascio di ulteriori gruppi di ostaggi.

4) 24 ore di tempo prima di entrare in vigore

L'accordo dovrebbe entrare in vigore domani, giovedì 23 novembre, alle 10 ora locale (le 9 in Italia). A partire dall'approvazione, si è infatti aperta in Israele una finestra di 24 ore durante la quale chi lo ritiene può opporsi al rilascio dei detenuti e fare ricorso alla Corte Suprema, che in breve tempo deve decidere se accettare o respingere la petizione.

L'Associazione israeliana delle vittime del terrorismo Almagor (una ong di destra) ha subito presentato una petizione alla Corte Suprema. L'Associazione ha chiesto inoltre al ministro della Giustizia Yariv Levin di rivelare «gli impegni generali che Israele sta assumendo nei confronti di Hamas che sono stati assunti direttamente o tramite terzi». Nel pomeriggio la Corte Suprema ha esaminato il ricorso e, com'era prevedibile, l'ha respinto.

5) L'ingresso di aiuti umanitari

L'accordo di tregua consentirà a centinaia di camion di aiuti umanitari, medici e di carburante di entrare a Gaza. Israele si è impegnata a non attaccare o arrestare nessuno in tutta la Striscia durante il periodo di pausa.

6) La clausola incentivo

Una clausola prevede che per ogni 10 ostaggi aggiuntivi rilasciati da Hamas, la tregua sarà prolungata di un giorno. Ma in questo caso non si fa menzione dell'ulteriore rilascio di prigionieri palestinesi.

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