sabato 23 aprile 2022
Nelle voci di chi è stato tra gli 80mila di piazza San Pietro il Lunedì dell'Angelo insieme al Papa - i ragazzi e i loro educatori - il riflesso di un'esperienza indimenticabile
Ragazzi in piazza San Pietro il giorno di Pasquetta

Ragazzi in piazza San Pietro il giorno di Pasquetta - Siciliani

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Nello stesso istante in cui la mano di papa Francesco si stringeva a quella di Samuele, gli occhi di nonna Giovanna, e quelli di nonno Renzo e di nonna Liliana, si riempivano di lacrime. Vedere il Lunedì di Pasqua in televisione il nipote quindicenne a tu per tu con un Pontefice, in una piazza San Pietro piena come non si vedeva da moltissimo tempo, con tutti quei giovani e quei sorrisi e quei canti... si sono emozionati perfino più di papà Alessandro e mamma Claudia. E martedì, al suo ritorno a Rovereto, genitori e nonni lo hanno riabbracciato finalmente raggiante. La sua gioia ha ripagato in un istante la loro preoccupazione per i lunghi mesi di lockdown, quando temevano che l’età più bella di Samuele restasse segnata dall’isolamento e dalla malinconia. Invece. Samuele in un giorno di aprile e di sole si è ripreso, insieme agli 80mila che hanno risposto all’invito di papa Bergoglio, l’entusiasmo dei suoi anni. All’indomani era ancora incredulo. Grato al suo don – Ivan Maffeis – che ha portato lui e il suo gruppo a Roma, grato al cardinale Gualtiero Bassetti che lo ha chiamato sul palco. Grato a Francesco, che lo ha attirato a sé. Che cosa si sono detti lui e il Papa in quei momenti? «Papa Francesco mi ha teso la mano e mi ha chiesto com’era essere lì. Per un istante mi sono bloccato. Ma poi ho risposto che era bellissimo». Semplicemente.
Samuele tornerà al suo servizio in oratorio, oggi sarà di nuovo in classe, al liceo scientifico di scienze applicate Rosmini, forse un giorno realizzerà il sogno di diventare un medico, e quel momento «bellissimo» sarà sempre vivo in lui: «Le parole sul “fiuto” dei giovani, sulla capacità di non fermarsi alla superficie delle cose, le porterò dentro di me». Come Nicolò, 16 anni, studente all’alberghiero di Rovereto, che era accanto a lui sul palco. I due amici speravano di riuscire a salutare Francesco e stargli accanto ma ora, lassù, a guardare la piazza venivano le vertigini. E con il batticuore Nicolò ha pensato «che ero fortunato a essere lì». Gli è rimasta impressa una frase. «Non aver paura di condividere le proprie paure, perché chi ci ascolta può aiutarci». E lo ha colpito che il Papa abbia salutato i ragazzi sul palco senza fretta, che «sembrava felice». Felice, spiega Nicolò, di quella piazza piena di vita due anni dopo le immagini tv che resteranno alla storia, la sua preghiera in tempo di pandemia, completamente solo in quella stessa San Pietro avvolta dalla pioggia.
Lunedì «a tratti, sembrava stanco – raccontano Antonella, 17 anni, e Davide, 15, che era in piazza insieme al loro gruppo della diocesi di San Marco Argentano-Scalea – ma ci ha trasmesso serenità». Lì in mezzo a 80mila ragazzi, «mi sono sentito chiamato per nome, individualmente – aggiunge Davide –. Come se il Papa e i tanti testimoni che hanno preso la parola parlassero proprio con me». «Papa Francesco ha capito il bisogno di questi ragazzi di non sentirsi soli», dice don Francesco Lauria, che era con loro. «È stato come se le parole del Papa si integrassero alla “narrazione” di ciascuno dei presenti – conferma don Davide Abascià, che ha guidato la veglia –: non voleva dare loro risposte ma partire dalla narrazione dei giovani per incoraggiarli ad avere “fiuto” e “tuffarsi”. E così ha indicato una strada percorribile, facilitare la narrazione della vita di fede di ciascuno, anche agli educatori».

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