domenica 3 marzo 2024
Cristina Migliorero, volontaria di Progetto Itaca: i disturbi legati all'ansia oggi riguardano tutti e i ragazzi ci mandano segnali che spesso non comprendiamo. Un progetto per 10mila under 18
"Se dorme meno di sei ore, salute mentale a rischio"
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C’è un enorme deficit di ascolto da parte degli adulti, genitori e insegnanti in primis, nei confronti degli adolescenti. Che si sentono invece compresi da cantanti e influencer, “narratori” dei loro disagi. «Il mondo della musica è molto vicino ai ragazzi e parla direttamente a loro: basti vedere quanti brani nell’ultimo Festival di Sanremo affrontavano i temi del disagio e delle difficoltà delle nuove generazioni. Gli adolescenti mi dicono che quando stanno male ascoltano musica, un veicolo per portare messaggi importanti e seri sulla salute mentale. Tanti trovano conforto in estranei, diventano la loro possibilità di sfogo».

Lo racconta, attingendo alla sua esperienza personale, Cristina Migliorero: da un decennio è volontaria di Progetto Itaca, fondazione che promuove programmi di informazione, prevenzione, supporto e riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della salute mentale e alle loro famiglie. Dal 2018 è consigliere di Progetto Itaca Milano e coordinatrice dei progetti di Prevenzione nelle scuole nel capoluogo lombardo e a livello nazionale. Di questo ha parlato al panel di domenica pomeriggio a Base Milano, in via Bergognone, in occasione del “Paranoia Festival Indoor Edition” su “Music heals your mind”, progetto nato da un gruppo di collettivi di giovani dai 20 ai 30 anni del circuito musicale milanese: diverse comunità underground di artisti e lavoratori che usano la musica per sensibilizzare sulla salute mentale nella Generazione Z.

Un tema delicato e urgente, anche dopo le recenti testimoniane pubbliche di Sangiovanni e Ghemon, affrontato con la partnership di Progetto Itaca che ha una Linea di ascolto (numero verde 800/274274, da cellulari 02/29007166), offre servizi gratuiti avvalendosi di centinaia di volontari formati e conta 17 sedi sparse in tutta Italia.

Come nella prima edizione, svoltasi nel settembre scorso all’Idroscalo e sempre patrocinata dal Comune milanese, anche stavolta parte del ricavato dei biglietti dei concerti con performer e artisti internazionali – che hanno animato venerdì 1° marzo la prima serata del Festival – è stato devoluto proprio al progetto di prevenzione nelle scuole portato avanti da Itaca.

«Paranoia Festival è un’importante realtà nel mondo della musica milanese portata avanti da giovani che parlano ai giovani, che sensibilizzano su un tema fondamentale come la salute mentale. Grazie al progetto nazionale “Prevenzione nelle scuole”, con Itaca lo scorso anno scolastico abbiamo raggiunto circa 10 mila adolescenti nelle città di tutta Italia in cui siamo presenti, di cui solo a Milano oltre 3 mila in 31 scuole superiori», racconta Migliorero.

«Le nuove generazioni si mostrano più sensibili su questi temi e speriamo che la salute mentale non venga più considerato uno stigma dagli adulti, che devono mettersi in gioco, discuterne e soprattutto ascoltare i ragazzi: loro i messaggi li mandano. Occorre avere l’umiltà di mettersi in ascolto, capire e cercare di aiutare. Ascoltare significa mettersi in una posizione non giudicante e non necessariamente con una soluzione a portata di mano, che magari si può cercare insieme. Bisogna esserci veramente per loro e quando i figli hanno voglia di parlare, i genitori devono mettere in secondo piano tutto il resto: ascoltarli davvero, senza giudicare, diventa la priorità».

Nelle scuole Progetto Itaca organizza incontri informativi di prevenzione della durata di due ore, raggruppando un paio di classi con la presenza di uno psichiatra volontario.

«Gli insegnanti che lo desiderano rimangono in classe. Raggiungiamo un po’ tutte le scuole, dai licei agli istituti professionali dove di questi temi si parla molto meno. La pandemia ha fatto sì che di salute mentale se ne parli molto di più: i problemi c’erano anche prima ed è indubbio che in quel periodo siano aumentati. Ma è urgente cambiare mentalità rispetto alla salute mentale». Per una partecipazione più diretta agli incontri, «proponiamo dei sondaggi ai ragazzi. Alla domanda “cosa influenza la salute mentale?”, il 70% risponde: le relazioni con i pari, gli amici, i compagni, i genitori. “Perché è così difficile chiedere aiuto?”. L’80% risponde: “Ho paura del giudizio degli altri, ma soprattutto dei genitori e degli insegnanti; paura di deludere delle aspettative, spesso troppo alte”. Il fatto di manifestare un malessere viene vissuto come una colpa personale, quindi ce la devono fare da soli e chiedere aiuto è l’ultima spiaggia, se proprio stanno malissimo».

Invece «chiedere aiuto non significa essere debole: io non vedo una generazione fragile, anzi spesso si mette in gioco e parla del proprio malessere, soprattutto in un’età in cui è difficile esprimersi su questi temi. Ora bisogna che gli adulti si mettano in ascolto e cerchino di capire. Abbiamo un progetto dedicato a genitori e insegnanti: coinvolgere i primi è difficile. L’atteggiamento è: “Non mi riguarda, i miei figli non hanno problemi”. Ma nessuno è completamente immune dalla malattia o dal disturbo mentale: quindi dobbiamo essere preparati se succede a noi o a qualche persona vicina. Arrivare a un percorso di cura precocemente cambia il corso di una vita. I segnali si manifestano proprio nel periodo adolescenziale e a volte vengono sottovalutati, trascurati, con una conseguente difficoltà maggiore ad arrivare a una soluzione e a una guarigione».

Tra i fattori di rischio e stili di vita che influenzano la salute mentale e che vengono sottovalutati, la mancanza di sonno: «Molti ragazzi dormono meno di 6 ore o hanno un sonno molto disturbato dai dispositivi elettronici». Per quanto riguarda le patologie, «l’ansia vince sempre, seguita dagli attacchi di panico, dal vivere male le richieste che arrivano dal mondo della scuola. Ragazzi e insegnanti parlano due lingue diverse: i primi chiedono di essere visti come persone, non di essere considerati “soldatini” che devono rispondere a certe performance. Ci dimentichiamo che sono il nostro futuro: bisogna fare di tutto per aiutarli e non per affossarli».

D’altronde i volontari di Progetto Itaca incontrano «insegnanti in crisi, perché si rendono conto di non avere una preparazione per affrontare queste problematiche, di non sapere cosa fare e come comportarsi, quali strategie didattiche adottare per prevenire l’abbandono scolastico. Ci vorrebbe un progetto strutturato di formazione obbligatoria su come interagire con questi ragazzi».

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