domenica 1 ottobre 2023
Nel giorno in cui si celebra la Festa nazionale civile dei nonni e delle nonne qualche osservazione: si può parlare di anziani? E di cura?
Un nonno vigile davanti a una scuola

Un nonno vigile davanti a una scuola - IMAGOECONOMICA

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La festa nazionale civile dei nonni (e delle nonne) che si celebra il 2 ottobre, diventata quest’anno maggiorenne, necessita, ritengo, di qualche aggiornamento. (per la Chiesa, ricordiamo, il 2 ottobre si ricordano gli Angeli Custodi).

Un primo punto potrebbe riguardare la sua estensione agli anziani tutti e la definizione ogni anno di un “tema“ di discussione, approfondimento e proposte nell’ambito di interesse della ricorrenza, come peraltro nella recente celebrazione religiosa di fine luglio, la “Giornata mondiale dei nonni” voluta da papa Francesco che, com’è noto, include appunto sia gli anziani sia i nonni.

Per quanto riguarda la “estensione”, parlare di nonni significa anche parlare di anziani, in quanto, pur con uno specifico ruolo, i primi condividono con i secondi la condizione in tutti gli aspetti psico-fisici e sociali.

Per contro non mi risulta che per gli anziani non-nonni esista un riconoscimento istituzionale attraverso una ricorrenza.

Relativamente alla “tematizzazione”, la letteratura sulla terza e quarta età è ormai numerosa e articolata, così come in sensibile crescita quella relativa alla “nonnità”. Carente, invece, la comunicazione, diffusione, conoscenza e pubblico dibattito con i diretti interessati. La condizione anziana è caratterizzata sia dalla presenza di risorse e competenze positive e proprie di un “invecchiamento attivo” che da situazioni di fragilità a livello fisico, cognitivo, psicologico e sociale di diverso tipo e intensità, fino alla non autosufficienza.

Noi anziani siamo sempre più numerosi (quasi 14 milioni oltre i 65 anni) e, “statisticamente”, in accettabile salute almeno fino ai 75, con una speranza di vita che supera gli 80. Dodici milioni so no i nonni/nonne di cui ben 10, in maggioranza tra i 65 e 75 anni, “strutturalmente” per ruolo anziani attivi in quanto, pur se più o meno acciaccati, si prendono cura di 7 milioni di nipoti tra gli 0 e i 14 anni, e aiutano, anche, in vario modo, i genitori. Peraltro sono due milioni i nonni “disimpegnati”, per vari motivi tra cui il principale è la salute precaria fino alla non autosufficienza. Fanno parte dei tre milioni gli anziani e vecchi con rilevanti limitazioni psico-fisiche e sociali, che coinvolgono 10 milioni almeno di familiari e operatori ad essi dedicati con effetti drammatici, in assenza di adeguate politiche di sostegno e accudimento, per i familiari che devono farsi carico totale dell’assistenza a domicilio, o per i malati stessi che rischiano una vera e propria “eutanasia da abbandono” per mancanza di cure.

Esiste l’urgenza di aggiornare i modelli di cura, implementare gli impegni finanziari e gli interventi, in particolare l’assistenza domiciliare, dichiarata come prioritaria in tutti i provvedimenti a livello di principi e ben poco sostenuta nelle risorse e nei dispositivi operativi sia a livello sanitario che sociale.

A questo proposito, proprio quest’anno ci sarebbe una grande opportunità di dibattito, confronto, proposte. Mi riferisco alla legge n. 33 approvata a marzo: ”Delega al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane” che vorrebbe nei suoi obiettivi riformare il sistema complessivo della promozione della salute (“Invecchiamento attivo”), nonchè dei sostegni e delle cure alle fragilità gravi (“Non autosufficienza”). Quale valutazione generale penso sia opportuno rilevare come questa legge consideri l’età anziana nella duplice realtà di risorsa da valorizzare e fragilità da aiutare, con una significativa complementarietà, in chiave laico-istituzionale-operativa, con la visione umanistico-esistenziale, proiettata in prospettiva di fede, rappresentata da papa Francesco nelle sue splendide catechesi sulla vecchiaia. In estrema sintesi, per quanto riguarda l’invecchiamento attivo, la legge indica quali obiettivi: la promozione della salute con percorsi e iniziative per il mantenimento e, ove possibile, lo sviluppo delle capacità e competenze a livello fisico (attività sportiva idonea); cognitivo-intellettivo (per esempio l’alfabetizzazione informatica e uso delle nuove tecnologie) e delle competenze socio-relazionali (cittadinanza attiva e di utilità sociale).

Di particolare rilievo il richiamo alla solidarietà e coesione intergenerazionale a partire dall’ambito delle reti primarie familiari. Per la condizione di non autosufficienza si afferma il diritto alla permanenza e alle cure presso il proprio domicilio e ambiente di vita e si prevede, allo scopo, la “Prestazione universale per la non autosufficienza” cioè un “pacchetto” di prestazioni articolato secondo un piano di cura individualizzato in relazione ai bisogni. E questo nel contesto di deleghe per riordinare, semplificare e coordinare l’attuale sistema nel settore.

Accanto a queste luci, occorre però anche rilevare varie ombre sulla possibilità di attuazione degli obiettivi e azioni espresse, stante le concrete indicazioni di delega che la legge prevede (e quelle che non prevede), spesso generiche, se non a volte addirittura contraddittorie, con i principi dichiarati. Evidente, per esempio, l’incongruenza tra il diritto alla domiciliarità, più volte espresso nel testo, e le successive disposizioni e deleghe, prima fra tutte quanto all’art. 8 che, dopo aver elencato gli attuali finanziamenti, notoriamente insufficienti, recita testualmente: «...dall’attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

Nell’attuale “assordante silenzio” su questa legge e sui decreti delegati in preparazione, è quindi necessario che i quattordici milioni di anziani/ vecchi e nonni (primi fruitori/protagonisti) con gli almeno altrettanti famigliari interessati alla loro salute (anche perché di aiuto come i nonni attivi) e coinvolti pesantemente nella loro cura (in quanto non autosufficienti) siano non solo informati per una appropriata conoscenza e possibilità di valutazione, ma anche per far sentire la loro voce ed evitare il rischio che questa essenziale legge si possa ridurre, se non ad una scatola vuota, ad una semplice operazione di razionalizzazione del sistema a costo, appunto, invariato, con scarsi effetti di miglioramento per le persone.

E il 2 ottobre, rischierà di ridursi sempre più, nel tempo, in uno stanco e formale adempimento, con l’unica eccezione di tanto encomiabili quanto poco conosciute iniziative all’interno di scuole dell’infanzia e di primo grado? Non potrebbe invece essere anche occasione di confronto e pubblico dibattito su temi vivi e di concreta attualità da sviluppare durante l’intero anno, riguardanti anziani, nonni e rapporti intergenerazionali?

Nonno attivo

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