sabato 25 gennaio 2025
«Da single, a 40 anni, mi sono sentito pronto per la paternità e ho aperto le braccia a un ragazzo senza famiglia». Così è nato il libro "Per un po’. Storia di un amore possibile". Ora arriva un film
Niccolò Agliardi

Niccolò Agliardi - Foto di Francesca Marino

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Milanese di origine e romano di adozione, una laurea in lettere moderne, la collaborazione con grandi artisti – Pausini, Ramazzotti, Elisa e Vecchioni, solo per citarne alcuni – e una lunga serie di premi. Tra i quali: una nomination agli Oscar 2021, un Latin Grammy Award, un Golden globe e, per la colonna sonora della serie Braccialetti Rossi, il premio internazionale Chioma di Berenice.

Autore, cantautore, conduttore radio-televisivo e scrittore, Niccolò Agliardi è anche un orgoglioso padre affidatario, che nel suo libro più recente − Per un po’. Storia di un amore possibile racconta l’esperienza più forte della sua vita: l’incontro con Francesco, un ragazzo con alle spalle diversi tentativi di affido falliti. Il libro è diventato la base per una trasposizione cinematografica a cui si sta lavorando.

Come è diventato padre affidatario?

«Quando ho lavorato per Braccialetti rossi ho conosciuto un ragazzo in affido che mi ha permesso di entrare in contatto con l’associazione L’Albero della vita e grazie al racconto di tante storie affascinanti mi sono incuriosito e ho deciso di iscrivermi al corso per diventare genitore affidatario. Ho sempre pensato che quando la vita ti suggerisce un certo tipo di occasioni sia un peccato non coglierle: avevo appena compiuto 40 anni e mi sentivo pronto, desideravo una paternità».

Poi cosa è successo?

«Alcuni mesi dopo mi hanno chiamato per comunicarmi che io potevo essere la persona giusta per Francesco. Un ragazzo che avrebbe compiuto 18 anni poco prima di entrare nella mia vita. Quando l’ho incontrato e gli ho chiesto di cosa avesse bisogno lui mi ha risposto: “Non ho un papà, non ho una casa, non ho un letto e non ho un lavoro”. Stava uscendo dalla comunità che lo aveva accolto per dieci anni e non credo ci sia nessuno che in quel momento potesse pensare di sottrarsi alla sua richiesta di aiuto. Non sono stato eroico, anzi probabilmente sono stato anche un po’ incosciente. La realtà è che non ho potuto dire di no: nella mia vita ho ricevuto così tanto amore che non potevo non restituirne un po’ indietro».

Quali difficoltà ha affrontato?

«Ci sono state tante difficoltà, alcune molto pratiche. Si trattava di imparare a vivere insieme a una persona che aveva esigenze di vita molto differenti dalle mie. E poi c’era il suo dolore, che andava maneggiato con cura perché ci sono dolori profondi, a volte nemmeno raccontabili, che sono lacerazioni gigantesche. Ho affrontato tutto questo applicando la tecnica del depotenziamento: ero consapevole del fardello che Francesco portava con sé ma gli ho detto che doveva comunque frequentare la scuola, tenere pulita la casa e uscire con gli amici. Non volevo nascondere il dolore ma contemporaneamente volevo offrirgli un tempo che non necessariamente ne fosse contaminato. Non è stato facile, mi sono sentito spesso un equilibrista. Per fortuna ho avuto un grande supporto da parte di operatori, psicologi ed educatori, persone che sono state in grado di rimettermi sul filo tutte le volte che sono caduto: le loro competenze e il loro sostegno sono stati determinanti».

E l’esperienza è stata tanto positiva che poi hai deciso di proseguirla…

«Sì, ho deciso di proseguire la mia avventura di padre affidatario single con Sam. E tra l’altro non credo che esista nessuna persona al mondo più simile a me del mio secondo figlio affidatario. Sam è arrivato a 14 anni e questo mi ha dato la possibilità di costruire con lui, di insegnargli tante cose: aveva voglia di mangiarsi il mondo e prendersi una seconda possibilità, al contrario di Francesco che ha fatto più fatica a capire ed era arrabbiato con le istituzioni, perché le riteneva colpevoli di averlo allontanato da sua madre».

Cosa ha imparato?

«Nella vita sono sempre bastato a me stesso e quando è arrivato Francesco ho capito che vivere con un’altra persona richiede adattamento e capacità di saper trovare una soluzione ogni giorno, anche quando non ne hai voglia. Si tratta di avere rispetto nei confronti del passato dei tuoi figli, anche se quel passato non l’hanno vissuto con te. Ho imparato anche a essere impositivo se necessario e a “restare”: da uomo solo per me era facile voltare pagina di fronte a un problema, con i figli questo non si può fare».

Da dove nasce l’idea del libro?

«Inizialmente dal bisogno di vedere quello che mi era successo e di buttarlo fuori: il rapporto con Francesco mi aveva talmente segnato che avevo bisogno di metterlo nero su bianco. Quando poi ho finito di scrivere ho pensato che il libro potesse essere anche utile a spiegare agli altri cosa significhi prendere un figlio in affido: non è facile, ci sono momenti complicati e drammatici, ma ci sono anche momenti bellissimi. Sono orgoglioso del fatto che il mio libro possa essere d’aiuto per altre famiglie. L’affido ha una durata limitata nel tempo ma quando si fa una scelta di questo tipo si creano relazioni che non possono finire: pur sapendo che i miei figli avevano una madre dalla quale tornare non ho mai avuto paura che quel legame potesse interrompersi».

In Italia si parla abbastanza di affido?

«Purtroppo no, se ne parla pochissimo. I miei amici hanno imparato cos’è l’affido grazie al fatto che io sono un padre affidatario ma in generale sento tanta confusione. Quello che cerco di comunicare è che non si è soli a fare questo percorso, ci sono professionisti competenti che sanno valutare se si è pronti o se invece sia necessario aspettare. Perché la generosità delle persone è preziosa ma non si possono mettere a rischio ragazzi che hanno già sofferto tanto. E poi ci vogliono concretezza e solidità: si possono manifestare le paure, certo, ma i ragazzi devono sapere che non mollerai e che non te ne andrai, anche quando ti mettono alla prova».

Per gentile concessione di Prospettive sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza n.2 - 2024, Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza.

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