mercoledì 15 novembre 2023
I giudici stanno esaminando la richiesta di ricorrere alla Corte costituzionale per dirimere le richieste di 37 coppie omogenitoriali. La questione coinvolge anche la legge 40
Le "mamme arcobaleno" manifestano davanti al Tribunale di Padova

Le "mamme arcobaleno" manifestano davanti al Tribunale di Padova - Ansa

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È una questione delicata e complessa quella che riguarda la tutela di 37 bambini nati da madri omogenitoriali su cui sta decidendo il Tribunale di Padova. Questione che coinvolge aspetti giuridici ma anche etici ed esistenziali e che sarebbe sbagliato valutare in modo approssimativo, superficiale o con la logica del “lecito” o “vietato”.

Prima di addentrarci nel merito del caso, occorre però fare una premessa. Negli ultimi anni in Italia ci sono state varie sentenze della Cassazione e della Corte costituzionale che riguardano i bambini nati da coppie gay o lesbiche, ma la vicenda è tutt’altro che chiarita. Il problema è che non esiste una legge organica e non sembra che oggi la politica intenda affrontare il tema in tempi brevi, nonostante ci siano due sentenze della Consulta, la 32 e la 33 del 2021, che richiamano l’urgenza di fare quanto costituzionalmente necessario per tutelare questi bambini.

I giudici osservano che questi bambini subiscono spesso trattamento deteriori a causa dell’orientamento sessuale dei genitori. Serve quindi un intervento del legislatore che dica una parola chiara sul tema per risolvere i tanti equivoci e le interpretazioni contraddittorie che si intrecciano sul destino di questi piccoli. E occorre farlo guardando in faccia la realtà.

In rapida sintesi, cosa sta succedendo?

Il tribunale civile di Padova sta ascoltando le coppie di mamme omogenitoriali che contestano la decisione della procura della stessa città di impugnare gli atti d'anagrafe dei loro figli. I giudici devono decidere se accogliere o meno i 37 atti di opposizione alla trascrizione dei bambini con due mamme (e doppio cognome) - quella partoriente e quella intenzionale - registrati a partire dal 2017 dal Comune di Padova. Comune che, con il sindaco Pd Sergio Giordani, non si è fermato: dopo l'impugnazione degli atti decisa a giugno dall'ex procuratrice Valeria Sanzari - ora in quiescenza - ha infatti continuato ad accogliere le richieste di altre mamme gay: quattro coppie, l'ultima delle quali per un bimbo nato 40 giorni fa.

Le mamme erano arrivate all'udienza per niente ottimiste. Da giorni, tra di loro, giravano i pareri depositati agli atti dai giudici tutelari cui si era rivolto il Tribunale. E in questi viene prospettata come soluzione per non lasciare i bambini privi di tutela - in caso di accoglimento delle impugnazioni alle trascrizioni di stato civile - l'istituto dell'affido. «In assenza dell'invocato intervento del legislatore - c'è scritto in uno di questi - considerate le favorevoli pronunce, il procedimento di adozione in casi particolari rappresenta allo stato attuale l'istituto presente nel nostro ordinamento per poter riconoscere al minore lo status di figlio del genitore di intenzione».

Il movimento delle "mamme arcobaleno" aveva già detto che la strada non è però quella dell'adozione, ma del riconoscimento di un atto anagrafico che vede un bambino già con i cognomi di entrambe le mamme che lo hanno voluto.

L'esito delle prime quattro udienze, però, ha riacceso la fiducia delle coppie padovane. «È andata molto bene - ha commentato l'avvocata Susanna Lollini, che difende quattro coppie -. Ci ha colpito che i giudici ci abbiano ascoltato con molto interesse. La questione dell'inammissibilità delle procedure (l'impugnazione dei certificati anagrafici dei bimbi con due madri, ndr) che abbiamo presentato è sembrata convincente».

Ma soprattutto, ha aggiunto Lollini, «la Procura ha cambiato posizione, e ha aderito alla questione di incostituzionalità, sollevata da noi avvocati di tutte le coppie di madri, ritenendo opportuno che la Consulta torni ad esaminare il tema».

Cerchiamo di comprendere bene: in tutti i giudizi, le questioni di rito vengono prima del merito. La procura per l’impugnazione degli atti di trascrizione all’anagrafe si è appellata alla procedura dello Stato civile che non prevede contraddittorio, né che i minori siano rappresentati da un curatore speciale. Le madri arcobaleno, rappresentate dai loro avvocati, sostengono invece che trattandosi una questione delicata che riguarda lo status di un figlio, serve un’azione giuridica diversa. Da qui la richiesta di illegittimità del provvedimento. Se il Tribunale civile accogliesse questa richiesta tutto deve ripartire dall’inizio, con tempi prevedibilmente molto lunghi.

C’è poi la questione di merito. Spiega ancora l’avvocata Lollini: «Sosteniamo che la cancellazione è infondata sulla base di un’interpretazione della legge 40 desunta dalla più recente sentenza in merito della Corte costituzionale, la 161 del 2023». Trattando la questione di un marito che voleva impedire all’ex moglie di procedere alla pma con il proprio seme congelato alla luce della disgregazione della loro coppia, i giudici costituzionali hanno spiegato che il consenso informato previsto dagli articoli 8 e 9 della legge 40 ha valore giuridico oltre che medico. Quindi, una volta espresso, non può più essere ritirato perché c’è in gioco l’urgenza di tutelare al meglio il nascituro.

Ora, è vero che c’è una sentenza della Cassazione che dice come quanto previsto dagli articoli 8 e 9 si applica solo se ci sono i requisiti previsti dall’articolo 5 – cioè che la coppia dev’essere eterosessuale – ma gli avvocati delle mamme arcobaleno puntano sul fatto che un principio di diritto deve valere per tutti e non dev’essere discriminatorio per nessuno.

«Chiediamo al Tribunale – riprende Susanna Lollini - di rivolgere alla Consulta questa richiesta: la sentenza che tutela i diritti dei bambini nati vale solo per le coppie eterosessuali o anche per quelli omosessuali? E, in caso negativo, l’eventuale distinzione non va intesa come discriminatoria?».

Ora sarà il Tribunale di Padova a valutare se rivolgersi o meno alla Consulta e, soprattutto, quale quesito sottoporre. «Intendiamoci – precisa la legale – non chiediamo di modificare la legge 40, e neppure l’accesso indiscriminato alla pma per le mamme arcobaleno. Ma solo di quale tutela hanno diritto i bambini nati in Italia da due mamme omogenitorali».

Va considerato anche il fatto che la Procura di Padova oggi appoggia in qualche modo la richiesta delle mamme arcobaleno, pur continuando a sostenere la legittimità delle impugnazioni. Ma, dice sostanzialmente, se queste impugnazioni venissero considerate illegittime dal Tribunale, allora si rimandi tutta la questione alla Corte costituzionale.

Comunque i giudici hanno solo ascoltato le parti, non hanno preso decisioni. I casi sono tutti simili, ed è possibile che il Tribunale voglia arrivare a sentenza una volta vagliate tutte le procedure di impugnazione. Le udienze continueranno tutti i martedì fino a Natale. Il caso rimane di grande interesse perché è la prima volta che tante mamme insieme si rivolgono a un tribunale per tutelare al meglio i diritti dei propri figli. Vedremo con quale esito.

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