domenica 26 febbraio 2023
Gandhi, Einstein, Hitler e Stalin sono stati tutti pessimi esempi di paternità. L’avvocata Laura Gaetini: più difficile per gli uomini ridefinire i ruoli
"Un padre su misura": testimonianze di rapporti difficili
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Che cosa avevano in comune Ghandi, Einstein, Stalin, Hitler, Pasolini? Hanno avuto padri problematici oppure loro stessi sono stati pessimi esempi di paternità. Le loro vicende familiari diventano così testimonianza della difficoltà relazionale tra padri e figli maschi, un rapporto che dovrebbe essere indagato meglio per comprenderne la complessità e, quando è possibile, riaggiustare il tiro. Un padre su misura è il titolo dell’ultimo saggio di Laura Gaetini che come avvocata matrimonialista e rotale da 25 anni scruta l’evoluzione paterna da una prospettiva precisa. Quella dei padri che molto spesso sbagliano. Ma alzi la mano quel padre che, pur senza dare le pessime prove dei personaggi tratteggiati nel libro, può essere certo di non aver mai commesso errori nel rapporto con i propri figli.

Perché mettere insieme tanti padri negativi?
Potrei rispondere con uno dei principi del giornalismo: la paternità buona e positiva non fa notizia, mentre quanto più è brutta tanto più la notizia suscita interesse. Così per i padri. Ma intendevo mostrare anche la differenza tra figura pubblica e figura privata. Einstein, per esempio, prima di documentarmi meglio, lo pensavo un padre e un nonno esemplare, invece è stato quasi crudele con i suoi figli. Gandhi, per voler essere giusto in modo inattaccabile è arrivato addirittura a distruggere la personalità del figlio. Mussolini non è stato un padre granché attento, ma quando la figlia Annamaria si è ammalata ha meditato di lasciare il potere. Purtroppo non è andata così.

Da dove arriva questo interesse per la figura paterna?
Mi occupa di nullità matrimoniale e di tutte le tematiche riguardanti la famiglia da tanti anni. Il rapporto di coppia è la visuale e la dimensione da cui guardo il mondo. Certo le famiglie che io avvicino hanno storie complicate. Quelle felici non vanno dall’avvocato divorzista, quindi la mia è la visione della patologia familiare. Eppure, proprio da queste famiglie ho capito che ciascuna potrebbe disporre di grandissime risorse mentre spesso sono loro stesse causa di un disagio profondo. Ma il rapporto con i figli è quello che dura al di là del matrimonio e quindi va salvaguardato. È quello che cerchiamo di spiegare ogni volta a queste coppie,

Chi ferisce maggiormente i figli? Padri o madri?
In Italia, dove non c’è parità tra le figure genitoriali, la madre cerca di occuparsi dei figli perché ritiene che il padre non ne sia capace. Nella separazione l’uomo non si stacca solo dalla compagna ma dall’intera famiglia. Anche se poi, con l’arma della privazione economica, vuole colpire soprattutto la moglie che spesso si difende cercando di allontanare dal padre l’affetto del figlio. Negli ultimi anni queste dinamiche sono state messe a fuoco anche dai tribunali ed è spuntata una nuova sensibilità sulla figura paterna. Oggi tanti uomini vogliono fare davvero il padre e, con l’affermazione delle donne nel lavoro i ruoli sono stati un po’ riequilibrati.

Quali sono gli aspetti più evidenti di questa transizione?
La transizione è a metà strada. La donna si è affermata nel lavoro ma l’uomo non si è ancora affermato nella famiglia. Nel Nord Europa padre e madre sono due figure intercambiabili, da noi no, ruoli ancora molto rigidi, anche se succede sempre meno. Ora c’è una giurisprudenza più sensibile.

La legge sull’affido condiviso nella separazione è del 2006. Dopo 17 anni è finalmente entrata nella prassi?
Oggi sì, è realmente applicata, nel 2006 era una legge slla carta, Chi vuole fare il padre oggi ha realmente la possibilità di farlo. Anxhe se permangono tanti pregiudizi. Per esempio quello di affidare un bambino di due mesi a un padre. L’obiezio e ricorrente è: “Ma no, non può farcela”. E poi ci sono ancora tanti equivoci. Affido condiviso non significa parità di tempo, anche se a riguardo le scuole di pensiero sono diverse. C’è chi ritiene che il figlio debba avere una dimora stabile, chi pensa sia giusto che debba avere due case. In realtà ogni situazione andrebbe esaminata per quello che è, evitando il conflitto, dannosissimo per tutti.

Sbagliato quindi pensare che oggi la maggior parte dei padri sia più consapevole dei propri compiti?
No, sono davvero più consapevoli e più desiderosi di fare il padre. Fino a qualche anno fa il padre era rinunciatario. Oggi non partono più da sconfitti, ma questa consapevolezza non ha reso la separazione più complicata. Sbagliato pensare che legge del 2006 legge abbia aumentato la conflittualità, anzi ha offerto ai genitori maggiori possibilità. Adesso poi, con la riforma Cartabia diventerà obbligatorio la figura del coordinatore genitoriale. Dovrebbe essere un altro piccolo passo avanti.

Nella separazione spunta molto spesso quella che prima era definitiva alienazione parentale. Non si può chiamare così, ma è un comportamento che esiste?
Certo che esiste, al di là del lessico e del fatto che non sia una sindrome. Ma che esistano situazioni di progressivo allontanamento del figlio da parte di uno dei genitori è fuori discussione. Il figlio in questo caso subisce un autentico disagio psicofisico. Ho visto mosse coraggiose di magistrati che hanno spostato la collocazione del figlio da un genitore all’altro per evitare situazioni del genere. Un genitore che esercita un progressivo distanziamento del figlio dell’altro genitore non capisce che in questo modo il minore viene privato della metà delle sue radici.

Si pensa di agire per il bene del figlio.
E invece per un figlio pensare che una madre o un padre è in difetto, perché tale lo dipinge l’altro genitore, è un dolore. Purtroppo è vero che i figli rimangono vittime delle reciproche carneficine dei loro genitori.

Perché soprattutto i padri sono chiamati a ridefinire il proprio ruolo genitoriale?
Perché il ruolo della mamma è più semplice. Le madri sono molto avvantaggiate, il figlio è un pezzo di sé. Il padre deve imparare tutto, per gli uomini è più difficile. La scoperta della paternità è un percorso a tutto tondo, che deve interessare anche gli aspetti educativi, i rapporti di cura, quotidiani. Il desiderio di paternità dei trentenni di oggi prescinde dalla cultura e dalla classe sociale. Una volta per un uomo era vergognoso spingere un passeggino. Oggi i giovani padri sono orgogliosi di farlo e questo, a mio parere, un’acquisizione sociale importante. Così il figlio sperimenta l’affetto di entrambi. D’altra parte con l’affermarsi della donna nel lavoro la suddivisione dei compiti è stato obbligatoria. E la parità di genere, quella concreta, si allargherà e si consoliderà di conseguenza.

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