martedì 16 gennaio 2024
Educare alle relazioni, alla sessualità e al rispetto reciproco è la strada maestra per costruire persone equilibrate e serene. Oltre che per disinnescare la violenza di genere. Le esperienze
La famiglia Amerini

La famiglia Amerini

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L'educazione al rispetto delle differenze strada maestra per disinnescare la violenza di genere. Nei percorsi educativi all'affettività e alla sessualità proposti da tante diocesi italiane si coglie proprio questa preoccupazione: integrare con sapienza aspetti antropologici, psicologici, scientifici, esistenziali, spirituali per offrire a ragazze e ragazzi importanti occasioni di riflessione. Educare alle relazioni per conoscere meglio se stessi e la poersona che ci sta di fronte non è solo un punto di partenza imprescindibile per metrtere da parte comportamenti inaccettabili, modellati sulle derive del peggior maschilismo, ma diventa una preziosa scuola di convivenza che prepara il futuro di tutti. Dopo le tante riflessioni pubblicate sul tema in questi mesi, diamo spazio da oggi ad alcune esperienze diocesane e associative.

QUI MANTOVA - "Accogliere e ascoltare senza fare loro lezioni"

Claudio e Flavia Amerini, responsabili del “tavolo famiglia” per la diocesi di Mantova - incarico che nasce dalla revisione dei tradizionali uffici pastorali - organizzano da anni percorsi all’affettività e alla sessualità per adolescenti e giovani, sia a livello diocesano, sia nelle scuole. Incontrano circa 500 ragazzi all’anno. Da qualche tempo si è unita a loro la figlia Francesca, psicologa, esperti proprio di temi legati ai percorsi educativi sull’identità sessuale. Una feconda équipe familiare che unisce competenze, esperienze e sensibilità diverse. Ai vari percorsi partecipano sia i ragazzi sia i genitori, ma la proposta si rivolge anche agli animatori, ai formatori, agli insegnanti, soprattutto di religione e di scienze. Perché l’educazione all’affettività è un obiettivo che riguarda tutti e ha ripercussioni che, come spesso è stato sottolineato, riguarda la società intera visto che conoscenze e valori legati a questo ambito - consapevolezza, responsabilità, rispetto, capacità di accogliere, attendere, ascoltare, perdonare - concorrono in modo decisivo al bene comune.

Quattro le proposte, due dedicate agli adolescenti e due personalizzate che s’intitolano Il corpo racconta e Di padre in figlio. Lo spunto nasce da percorsi educativi che hanno avuto in passato una discreta diffusione, ma che l’equipe Amerini ha profondamente rivisto e, soprattutto attualizzato, sulla base delle nuove esigenze

Il percorso di base per gli adolescenti si intitola In viaggio con il mio compagno, dove il compagno è inizialmente il corpo, il corpo che cambia, il corpo che richiede attenzioni e cautele, e poi la persona con cui decido di stare insieme. I percorsi per gli adolescenti vengono proposti a ragazzi e genitori, insieme ma in tempi diversi. Mamme e papà vengono coinvolti all’inizio, a metà e alla fine del percorso, per fare insieme qualche bilancio.

A livello diocesano i percorsi si snodano lungo cinque incontri con i ragazzi e tre con i genitori. Ma spesso, aggiunge Flavia, sono i ragazzi stessi a chiedere di prolungare il percorso. Temi come l’innamoramento, l’identità di genere, la pedofilia non solo incuriosiscono ma risultano molto coinvolgenti perché i giovani hanno spesso vissuto sulla propria pelle le conseguenze di quelle situazioni. C’è poi un percorso per gli adolescenti (dalla prima alla quarta superiore) che si intitola Ho voglia di te e punta a spiegare ai giovani il senso di un amore vissuto con autenticità e responsabilità.

«Oggi i ragazzi parlano molto di diritti. Già a 14-15 anni rivendicano il diritto a vivere pienamente la loro sessualità, il diritto di approfondire senza essere indottrinati la propria identità di genere», aggiungono i coniugi Amerini. Si tratta di un tema letteralmente esploso negli ultimi anni. Sono sempre di più ragazze e ragazzi che chiedono la “carriera alias” a scuola e anche durante i percorsi diocesani chiedono di essere chiamati con il nome alternativo che si sono scelti». Ma i ragazzi oggi non sanno già tutto? «Sì, ma a modo loro. Vanno ascoltati con rispetto, senza cercare di indottrinarli, di far cadere dall’alto le nostre verità». Per esempio, il tema pornografia. «Inutile esprimere condanne e fare grandi riferimenti etici. I ragazzi vogliono essere accompagnati, non repressi. Molto meglio mettersi accanto a loro, chiedere di raccontare attese ed emozione, aiutarli a capire qual è l’obiettivo che li spinge a cercare video e immagini porno. Poi sul loro racconto ci possiamo inserirci per spiegare, approfondire, aiutarli a comprendere la falsità di queste immagini e il mondo squallido che ci sta dietro». Proseguono i due esperti: «Se accogli quello che loro vivono e cerchi di proporre un ragionamento, ti seguono e non ti respingono.

Non solo, arrivano anche molte domande. E spesso il dialogo continua telefonicamente o con i messaggi. Sulla sessualità esiste una sensibilità che spesso è sorprendente. Comprendono benissimo la diversità anche qualitativa di un’espressione come “fare sesso” rispetto a “fare all’amore” perché in questo secondo caso vengono coinvolti responsabilità e sentimenti». Decisivo naturalmente il ruolo della famiglia che i ragazzi continuano a considerare determinante. Se non ci sono i genitori, ecco i nonni. «Una nonna per esempio - aggiunge Flavia - ha chiesto di essere aiutata a dare risposte adeguate alla nipote, a trovare le parole giuste». Stesso discorso per tante nonne e tanti nonni che sull’educazione all’affettività hanno accettato di rimettersi in gioco, anche in modo creativo e con grande disponibilità. «Spesso mamme e papà non possono seguire i ragazzi e qualcuno ha proposto: vengono i nonni. All’inizio eravamo un po’ perplessi. Poi abbiamo capito che la risorsa avrebbe potuto essere molto positiva». Una figura adulta di riferimento comunque apprezzabile. «E abbiamo scoperto una nuova risorsa educativa».

Nicandro Prete con il figlio Pietro

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QUI RAGUSA - "Relazioni come poesia, antidoto alla violenza"

Un corso intensivo, riservato a papà e figli maschi dagli 11 ai 13 anni, sui temi dei legami affettivi e dello sviluppo sessuale. Si chiama “Noi uomini” e a promuoverlo è la diocesi di Ragusa, attraverso l’Ufficio per la pastorale della famiglia, sabato 20 gennaio dalle ore 15 alle 20 e domenica 21 dalle ore 9 alle 12.30 con due laboratori presso l’istituto Cor Jesu di via Colleoni 62. «Questo nuovo appuntamento nasce come risposta all’emergenza educativa e in linea con il nostro progetto di educazione all’amore, perché le competenze relazionali di rispetto, responsabilità ed empatia vanno insegnate ai figli prima ancora della non violenza. Il corso è quindi un’occasione per papà e figli maschi di 11-13 anni per conoscersi più a fondo, confrontarsi e affrontare i temi più importanti della vita», spiegano i coniugi Delizia Di Stefano e Nicandro Prete, responsabili dell’Ufficio diocesano di pastorale della famiglia e genitori dell’undicenne Pietro, che parteciperà all’itinerario formativo insieme al padre.

Il corso, che debutta per la prima volta in Sicilia, ha un taglio «psicologico-relazionale e risponde al quel desiderio di felicità che la visione cristiana dell’amore e della famiglia valorizza, nell’ottica di una concezione olistica della persona da un punto di vista fisico, psichico e spirituale non separati, dando la possibilità di mettere in pratica l’armonia fra mente, corpo e spirito», precisa la psicologa Delizia Di Stefano, consulente del Consultorio familiare di ispirazione cristiana “Don Enrico Arena” di Vittoria. E racconta la genesi dell’iniziativa: «Ho un figlio preadolescente e anch’io sto affrontando la fatica e la bellezza di questa sua nuova fase dell’esistenza. Per il suo undicesimo compleanno volevo fargli un regalo speciale, che avesse valore; così ho contattato Daniele Masini, psicologo ed educatore che tiene questo corso a Bergamo, pensando di programmare il viaggio per mio figlio e il suo papà. Poi ho visto nei suoi compagni di classe, nei suoi amici fraterni e scout, tanti ragazzi impauriti e desiderosi di crescere. Così abbiamo pensato di estendere ad altri padri e figli la possibilità di fare un’esperienza significativa». Per avere ulteriori informazioni, inviare un messaggio su Whats App al numero 393/8544163.

Ideato da Stefano Artaria, psicologo a Lugano, il corso si è diffuso a partire dal 2011 e Masini, psicologo ed educatore della Fondazione Angelo custode della diocesi di Bergamo, lo ha mutuato personalizzando il modello e presentandolo in oltre un decennio a circa 2.500 coppie di papà e figli tra Lombardia, Veneto, Trentino e Svizzera. Quali sono gli snodi principali? Anzitutto, «la bellezza e la gratitudine per il dono della meraviglia del nostro corpo, che dovrebbe essere una visione trasmessa da padre in figlio. Noi maschi non siamo abituati a condividere e a parlare di sentimenti, emozioni e intimità: è una cultura da sviluppare», sottolinea il dottor Masini. «Attraverso il gioco e il dialogo, parleremo d’amore nella sua componente affettiva e nella modalità di esprimerlo attraverso il linguaggio del corpo», aggiunge. Non mancheranno digressioni metaforiche «su anatomia e fisiologia degli apparati riproduttori maschile e femminile, sul rapporto sessuale riproduttivo, sui cambiamenti puberali». Ma la particolarità sta nel tono e nell’approccio nel trattare e nel comunicare argomenti tanto delicati: «Gentilezza, attenzione all’altro, accoglienza e ascolto. L’invito è quello di trasformare l’educazione affettiva e sessuale in poesia, antidoto all’abuso e alla pornografia. E farlo attraverso la testimonianza dei papà, che sono grandiosi per i figli di quell’età: alcuni genitori piangono di gioia, commozione e trasporto, sollecitati su questo aspetto poetico. Come parlare ai figli dell’amore? Raccontando loro il primo innamoramento, cosa abbiamo provato quando ci siamo innamorati della loro mamma. O educano i padri, o lo fa la pornografia che presenta la donna come oggetto carnificato».

Inoltre sono previsti momenti esclusivi con i papà e poi una fase ancora insieme sui «dodici passi dell’intimità affettiva: l’amore sano della coppia è graduale, quindi bisogna educare lo sguardo proprio e dei figli e non mollare mai la comunicazione. Il corso è soltanto un’introduzione per mettere i primi semi e sperare che germoglino». E succede spesso, testimonia Masini: «Alcuni padri mi contattano per continuare il percorso, vengono coinvolte anche le madri. È bello vederli crescere insieme ai loro figli, costruendo un rapporto autentico come adulti credibili e autorevoli: il miglior antidoto a ogni forma di aggressività e violenza. Sarebbe meraviglioso se il corso gemmasse oltre la realtà bergamasca: sono pronto a consegnare gratuitamente la metodologia ad altri formatori, così come io stesso l’ho ricevuta».



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