mercoledì 31 gennaio 2024
Uno strumento in più per aiutare i bambini a mantenere i rapporti con le famiglie d'origine - "quando proficui" - o una grave difficoltà per i genitori adottivi? Esperti a confronto
Rosa Rosnati

Rosa Rosnati - Archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

L’adozione aperta sarà al centro del seminario di venerdì mattina all’Università Cattolica promosso dal Master Affido, adozione e nuove sfide dell’accoglienza familiare, che partirà in marzo con la sua VII edizione e di cui è referente Rosa Rosnati, psicologa e ordinario di psicologia sociale alla Cattolica, oltreché membro e responsabile della segreteria scientifica del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia. A lei abbiamo rivolto alcune domande in vista dell’appuntamento aperto a professionisti e formatori.

Quali sono i nodi principali che saranno affrontati nel corso del seminario?

Si presenterà principalmente la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2023 che apre la possibilità di utilizzare anche in Italia uno strumento particolare che è quello della open adoption. Una possibilità che è stata accolta favorevolmente anche se desta alcune perplessità e potrebbe comportare qualche rischio. Ma il focus dell’incontro sarà incentrato sul diritto a essere figlio. Cioè sul diritto per ciascun bambino di vedere riconosciuta e protetta questa parte fondativa dell’identità di ciascuno di noi. Il seminario vuole essere l’occasione per ridestare attenzione su un argomento che oggi forse è un po’ sopito. Mi riferisco all’accoglienza familiare. Infatti, parlare di affido e adozione significa riconoscere proprio la centralità e l’insostituibilità della famiglia. La famiglia è l’unico contesto che può garantire la crescita e può rispondere ai bisogni di ciascun bambino. Può, non solo garantire una cura personalizzata costante, ma soprattutto può rispondere a quel bisogno fondativo dell’identità di ognuno. Al diritto di essere figli appunto. Temi particolarmente sentiti oggi in Italia, con la forte contrazione delle nascite e in generale delle forme di accoglienza familiare. Basti pensare al calo vertiginoso delle adozioni internazionali che nel 2010 erano 4130 e nel 2023 sono state circa 698. Potremmo dire che l’adozione internazionale è una specie in via di estinzione. Ma anche il dato recente dell’Unicef sui minori in strutture di accoglienza riporta l’Italia un po’ sopra la media globale con 130 bambini su 100mila a fronte di un dato ponderato di 105.

Come sta cambiando l’adozione nazionale?

La pronuncia della Corte Costituzionale non scardina l’impostazione dell’adozione, ma introduce un aspetto innovativo, che è la possibilità di valutare l’automatismo che implica anche la recisione dei legami con la famiglia di origine. In casi eccezionali, infatti, alcuni legami espressamente indicati dal giudice possono essere mantenuti perché si tratta di relazioni ritenute “affidabili e proficue”. Mentre nell’adozione legittimante c’è una recisione completa dei legami. Possiamo dire che si aggiunge uno strumento nella cassetta degli attrezzi del giudice che deve essere utilizzato per rispondere al best interest, bene supremo di quello specifico bambino con quella storia e quelle caratteristiche. Quindi rispetto al passato oggi c’è un ventaglio più ampio di possibilità.

Che differenze ci sono con l’affido familiare?

L’adozione aperta è un’adozione. Quindi il minore “in quanto figlio” entra per sempre a far parte della famiglia adottiva a tutti gli effetti e ne prende il nome. Va sottolineato che questo modello non va a sostituire quello preesistente di adozione piena e, auspicabilmente, non sarà un modello dominante. Il giudice può indicare in alcuni casi eccezionali alcuni legami con la famiglia di origine che possono essere mantenuti. Ma le modalità sono tutte da vedere, caso per caso. Mentre l’affido è l’inserimento di un bambino in famiglia “come se fosse figlio” per un periodo di tempo che dovrebbe essere limitato. I contatti con la famiglia di origine non sono di per sé positivi e non corrispondono in modo automatico al miglior interesse del minore. Questo dovrà essere attentamente valutato e poi bisognerà monitorare la situazione nel tempo. Sappiamo che le relazioni possono andare incontro a cambiamenti sostanziali. Quindi ciò che oggi appare positivo domani potrebbe non esserlo più o addirittura risultare dannoso. Sarà necessario che i servizi intervengano nel monitoraggio dei rapporti familiari, compito che non può gravare sui genitori adottivi.

Siamo pronti per l’adozione aperta?

È difficile dare una risposta. Sicuramente ci sarà bisogno di risorse per la ricerca e per garantire agli specialisti una formazione adeguata. In generale, sono necessari investimenti nel settore dell’adozione.

Le esperienze dell’estero cosa ci dicono?

Le ricerche scientifiche sono state condotte per lo più in ambito statunitense, dove l’open adoption è il modello più diffuso. Gli studi hanno evidenziato che è soprattutto l’apertura comunicativa sulle tematiche adottive ad influenzare il benessere dei minori, più che l’eventuale contatto o meno con la famiglia di nascita. Quindi ciò che conta è proprio la capacità di parlare apertamente e soprattutto di condividere gli aspetti emotivi, in particolare quelli dolorosi che costellano la vita di questi bambini. I piccoli vanno accompagnati nel cammino per comprendere la propria storia e trovare quel senso di continuità nel fluire nel tempo degli eventi che è la base della nostra identità. Certo, in generale, ci sarebbe bisogno di un maggior numero di ricerche su questi temi complessi e delicati.

L’incontro

Il seminario “Quali aperture per l’adozione nazionale?” si svolgerà venerdì 2 febbraio, dalle 9 alle 13, nell’Aula G005 Cripta Aula Magna della Cattolica in largo Gemelli 1. Si aprirà con i saluti istituzionali di Camillo Regalia, professore ordinario, direttore del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica. Il primo intervento “L’adozione aperta negli ordinamenti europei: modelli e problemi” sarà di Carlo Rusconi, ricercatore in Diritto privato della Cattolica. Seguirà Elisabetta Lamarque, professoressa ordinaria di Diritto Costituzionale dell’Università Bicocca con “L’adozione aperta davanti alla Corte costituzionale. Il principio personalista in azione”. In conclusione “L’esperienza del giudice nella valutazione del best interest in tema di adozione nazionale” di Antonella Brambilla, già magistrato presso il Tribunale per i Minorenni di Milano. Modererà l’incontro Eugenia Scabini, professoressa emerita di Psicologia sociale della Famiglia. L’accesso è gratuito. Per iscriversi si può inviare una mail all’indirizzo centro.famiglia@unicatt.it.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: