martedì 16 marzo 2021
Il progetto dell’associazione "ricerca della felicità" realizzato con 1300 interviste. I giovani sono i meno soddisfatti
Uno studio analizza la felicità sul luogo di lavoro

Uno studio analizza la felicità sul luogo di lavoro - Emblema

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Una chiamata al confronto tra istituzioni, organizzazioni profit e non profit, enti educativi e media sul tema della felicità: è questo l’intento del primo rapporto dell’Osservatorio italiano sulla felicità nella popolazione italiana attiva, curato dalla neonata Associazione "Ricerca Felicità". Solo un punto di partenza. Ma molto importante. Frutto di un felice (è proprio il caso di dirlo) incontro tra una società benefit - ELEHub, fondata da Elisabetta Dallavalle ed Elga Corricelli, ex manager di imprese multinazionali – e un docente universitario in "Scienza della felicità" – Sandro Formica, professore alla Florida International University - l’associazione ha sentito l’urgenza di misurare scientificamente lo stato di felicità dei lavoratori italiani. E lo farà annualmente.

«Esiste una letteratura molto ricca sul tema della felicità» spiega Elisabetta Dallavalle, presidente dell’associazione «se ne parla anche tanto, ma la si vede ancora come un’idea di emozione. Noi sappiamo, invece, che è molto concreta. Una vera e propria competenza da scoprire ed allenare: niente di più importante in questo periodo storico. Avere una consapevolezza anche scientifica diventa un processo generativo per tutte le persone e per tutti i sistemi che la persona abita». Sistemi che la pandemia ha messo fortemente in crisi. «A livello globale c’è il World Happiness Report, uno spaccato autorevole su 150 Paesi» spiega Formica «ma la domanda diretta sulla felicità non è mai stata fatta». Poco più di 1.300 gli intervistati, su base volontaria, con un questionario via web su sei obiettivi d’indagine: felicità in generale, solitudine e isolamento, felicità al lavoro, senso di appartenenza, riconoscimento e discriminazione, lavoro e suo significato. Il campione, rappresentativo della popolazione italiana attiva nel mondo del lavoro, ha visto coinvolti lavoratori dipendenti (72,3%) e liberi professionisti (27,7%), suddivisi per sesso con una media ponderata del 42,3% di donne e del 57,7% di uomini appartenenti alle quattro generazioni (Boomers, Generazione X, Millennials, Generazione Z) tra nord, centro e sud. I dati raccolti evidenziano un importante «disallineamento valoriale tra lavoratori e imprese», ma anche una più marcata insoddisfazione delle donne rispetto agli uomini in termini di retribuzione e di opportunità di carriera. «Il dato più preoccupante, però» concordano Dallavalle e Formica «è quello relativo alla Generazione Z: solo il 19% ritiene che la propria vita sia vicina al proprio ideale (nei Boomers è il 28%, ndr) e sono loro a percepire con maggiore intensità la dimensione della solitudine e dell’isolamento».

Solo un punto di partenza, dicevamo. Nel quale, conferma Dallavalle, «è fondamentale fare rete a partire dalla consapevolezza che il benessere della persona è patrimonio di tutti e che ognuno di noi, se desidera un cambiamento anche dopo questa crisi, deve agire per primo». Cosa che Dallavalle e Corricelli hanno fatto lasciando ruoli apicali in importanti aziende per lavorare a favore del bene comune. «La felicità la stiamo studiando dal 1930» conclude Formica «ma è sempre mancata la condivisione». Anche una ricerca di Ernst&Young realizzata insieme all’Università di Harvard nel 2015 ha dimostrato come «le aziende che lavorano perché tutti i propositi siano allineati, rendono agli investitori dieci volte di più». «Buone notizie da cavalcare» conclude Dallavalle «per offrire davvero a tutti un importante volano di generatività per il futuro».

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