mercoledì 13 marzo 2024
Dal 2017 a oggi sono più di 5.600 i migranti e i rifugiati che hanno beneficiato del progetto «Without Borders» di Randstad: obiettivo l’inserimento lavorativo e l’interculturalità
Senza confini: con Randstad l'inclusione produce formazione e lavoro
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«Without Borders». Letteralmente, «senza confini». È questo il nome del progetto portato avanti dal 2017 da Randstad, pensato per favorire l’inserimento lavorativo di migranti e rifugiati in Italia e l’interculturalità all’interno delle realtà aziendali. L’iniziativa è stata resa pubblica solo di recente, ma i numeri di questi anni testimoniano la sua grande capillarità. Dalla nascita del progetto ad oggi, sono infatti più di 5.600 i migranti e i rifugiati che hanno beneficiato dell’iniziativa. In più, dallo scoppio del conflitto in Ucraina, Randstad ha ampliato la sua rete di accoglienza offrendo anche ai rifugiati ucraini percorsi di apprendimento della lingua italiana e di inquadramento lavorativo, oltre a servizi gratuiti di counseling e ascolto psicologico. Dal 2022, sono stati più di 1.780 i rifugiati ucraini entrati nel programma: 570 di questi hanno completato gli step di formazione e preparazione all’inserimento lavorativo e 240, ad oggi, hanno trovato un’opportunità concreta.

«È sempre una scoperta ascoltare le persone che entrano nel nostro programma – spiega Francesca Passavanti, responsabile dell'iniziativa “Without Borders” –. Tutti quelli che hanno partecipato al percorso, quando devono spiegare di cosa si tratta, nominano per prima cosa il corso di italiano. E lo fanno perché è la risposta al loro bisogno primario di comunicare, di esprimere la loro identità e le capacità che hanno». Il primo step di questo programma di inclusione lavorativa parte proprio dall’apprendimento dell’italiano. Mediante un assessment linguistico, viene definito il livello di partenza dei candidati e i punti necessari per arrivare a proporsi nel mercato del lavoro. « A questo punto, inizia una parte dedicata all’educazione civica, che spiega loro come funziona il nostro Paese dal punto di vista del sistema scolastico, delle tasse, di tutto quello che può servire loro per vivere in Italia, dal tema dei diritti e dei doveri, fino alla partecipazione fisica» continua Passavanti.

L’ultima sezione più didattica è dedicata alla cultura italiana, pensata per far acquisire agli stranieri una consapevolezza culturale che li porti a comprendere come approcciarsi alla realtà lavorativa. Inizia, a questo punto, l’attività di orientamento professionale: i partecipanti vengono aiutati a lavorare sulle loro esperienze e competenze per definire un progetto professionale. Vengono loro insegnati gli strumenti per cercare un lavoro, per mandare una candidatura e proporsi a un datore di lavoro, fino alla simulazione del colloquio di selezione. « Il nostro supporto si spinge anche oltre, aiutando i partecipanti a cercare un posto di lavoro nelle aziende che da anni collaborano con noi», aggiunge Passavanti. Chi entra nel programma viene affiancato da un gruppo di professionisti specializzati nei processi di inclusione e integrazione sociale e lavorativa, con competenze linguistiche che consentono loro di diventare tutor e punto di riferimento per i partecipanti.

Oltre, infatti, alle competenze acquisite e alle opportunità ricevute, tutti i beneficiari ricordano sempre nelle loro testimonianze le figure di Giulia, Adelina, Francesca, Beatrice e Tina come essenziali al completamento del loro percorso. L’altra faccia di questo programma è la realtà aziendale: Randstad offre, alle imprese che aderiscono, consulenza sui temi dell’inclusione sociale e le accompagna nello sviluppo di un ambiente di lavoro interculturale in cui il valore della multiculturalità si esprima sia nella gestione delle persone che nella produttività. « Nella nostra impresa da anni tentavamo di inserire persone di diversa provenienza ma senza una progettualità – racconta Nicola Vulpinari, responsabile delle Risorse Umane di Atl Group, azienda produttrice di mobili –. Ora, con questo percorso di integrazione più lenta, su dodici candidati sette sono stati inseriti già dopo un mese e mezzo. Abbiamo dei tutor che si dedicano a loro e da gennaio sono entrati a tutti gli effetti nel reparto di produzione».

All’iniziativa ha rivolto la sua attenzione anche l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), che le ha assegnato il riconoscimento “We Welcome” per aver supportato aziende e rifugiati nella realizzazione di percorsi di inclusione lavorativa. «Il programma è nato dall’idea di essere di fronte a una potenzialità non ancora espressa nel nostro Paese, con la convinzione che la strada dell’integrazione può fornire soluzioni in un momento storico in cui il mercato del lavoro sfida le imprese sul tema produttivo per la scarsità di personale e competenze – conclude Passavanti –. L’incontro fra le aziende e queste persone può essere un arricchimento reciproco proprio perché risponde a reciproci bisogni».

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