mercoledì 31 gennaio 2024
Alcuni miliardari hanno lanciato un appello ai governi chiedendo una maggiore tassazione dei loro patrimoni. È il senso profondo del bene-denaro che interroga le nostre società
Ricchi sì, ma con moderazione: se la «strana idea» arriva da Davos

Ansa

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Se dovessimo eleggere il concetto meno popolare e seducente dei nostri tempi, la moderazione sarebbe in cima alla lista dei candidati. Moderato è il partito politico con le idee più tiepide e meno rivoluzionarie; moderata è la brezza che non basta a spazzare via le nuvole; moderata è la velocità di 30 km/h che ci permette di abbattere le emissioni, gli incidenti, la spesa per carburante e l'inquinamento acustico in cambio di pochi minuti in più del nostro tempo, eppure il provvedimento approvato a Bologna viene accolto con scetticismo e proteste. Come mai? La moderazione ricopriva nell’antica Grecia un ruolo fondamentale, tanto da essere compresa tra le quattro virtù cardinali. Tommaso d’Aquino nella sua riscoperta del pensiero di Aristotele la considerava “il cocchiere delle virtù“, mentre nel capitalismo post-moderno sembra aver smarrito il suo ruolo di freno alle pulsioni delle persone, costantemente invitati come siamo a seguire a ogni costo (e a ogni prezzo) i nostri sogni e passioni.

Fuori moda e con pochi follower, l’idea di moderazione è in realtà alla base del nostro convivere civile ed economico. Francis Fukuyama, nel suo libro del 2022 Gli insoddisfatti del liberalismo, la cita come fattore determinante e irrinunciabile per il buon funzionamento di ogni moderna società liberale. Lungi dall'essere intellettualmente opposta al dispiegarsi dell'autonomia individuale, ne è secondo Fukuyama il tratto distintivo, quello capace di creare uno spazio di libertà personale all'interno delle esigenze collettive e di spegnere sul nascere i focolai autoritari. Sui mercati finanziari la moderazione è associata al buon esito di un investimento. Alla Grande Inflazione dei primi anni ’80 è seguita negli Stati Uniti la fase nota come Grande Moderazione, il lungo periodo di bassa volatilità sui mercati azionari e obbligazionari durato fino a tutto il 2007. Il successo delle politiche monetarie, la rivoluzione tecnologica in atto e una dose di buona sorte (lo riconosce anche la banca centrale americana) hanno permesso al mondo occidentale e non solo di godere per anni di una prosperosa stabilità finanziaria, interrotta solo da sporadici episodi di turbolenza.

Nel recente incontro annuale di Davos alcune personalità in possesso di patrimoni miliardari hanno firmato un “appello” ai governi dichiarandosi favorevoli a una maggiore tassazione della loro stessa ricchezza. La presa di coscienza dell’inaccettabile concentrazione reddituale e patrimoniale presente oggi nella maggior parte delle economie sviluppate sembra riflettere la comprensione che anche il denaro ha la sua utilità marginale decrescente: lo stesso denaro che si vorrebbe “mai abbastanza” finisce per creare tensioni sociali, distorsioni redistributive, pericolosi disallineamenti tra finanza pubblica e privata come osservabile negli Stati Uniti ma anche in Italia. La moderazione nell’accumulo del patrimonio – un concetto che suona ingenuo e utopistico alle orecchie di molti – viene oggi di fatto sponsorizzata dai grandi ricchi del pianeta. Il tema della libertà sulle sorti della propria ricchezza non può tuttavia prescindere dalla domanda circa il senso profondo del denaro per gli agenti economici, che una così grande influenza esercitano sulle società occidentali contemporanee.

Fino a oggi è apparsa del tutto accettabile l'esistenza di fortune miliardarie in capo a singoli individui, pur in presenza di una crisi della salute pubblica nei Paesi più sviluppati e degli ingenti investimenti necessari per finanziare la transizione ecologica. Un cambio di mentalità circa il significato del bene-denaro, da simbolo del proprio successo individuale a mezzo per raggiungere obiettivi utili a noi stessi e agli altri, offrirebbe risultati più concreti di tanti provvedimenti imposti a livello di tassazione, sempre in qualche modo aggirabili grazie alla costante competizione fiscale tra Paesi, e consentirebbe di abbandonare una volta per tutte le vecchie ideologie libertarie i cui rigurgiti sono oggi sempre più pericolosi. Vedere un delegato di Davos viaggiare a 30 km/h su un'auto a emissioni zero sarebbe un buon punto di partenza.

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