mercoledì 2 giugno 2021
Paola Palmerini ha fondato dieci anni fa Mission Continuity per affiancare enti non profit e imprese sociali nel loro lavoro
Paola Palmerini, fondatrice di Mission Continuity

Paola Palmerini, fondatrice di Mission Continuity

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Manager di successo e di lungo corso per gruppi multinazionali, in Italia e all’estero, con grande esperienza nel campo della responsabilità sociale, Paola Palmerini ha fondato dieci anni fa 'Mission Continuity' per affiancare enti non profit e imprese sociali con competenze gestionali e di consulenza su misura. La sfida è quella di gettare semi per la continuità della missione sociale.

Com’è nata la sua professione al servizio del Terzo settore?

In trent’anni di carriera mi sono sempre messa a confronto sui risultati oltre che sul come fare le cose. Inoltre, nel tempo ho fatto miei i temi della responsabilità e della governance. Ricoprendo il ruolo di amministratore delegato ho conosciuto aspetti fondamentali per crescere e parlando di gestione ho affrontato il tema dell’etica negli affari. Con questo bagaglio ho guardato al Terzo settore pensando che centinaia, anzi migliaia di piccole associazioni cercano con grande fatica di fare impresa. Così, ho deciso che nella mia seconda vita professionale mi sarei dedicata a contribuire alla crescita di questo che è un settore d’impresa a tutti gli effetti.

Quali sono le peculiarità del mondo non profit?

È un settore che dispone di competenze, di capitale umano, relazionale e intellettuale. Quanto riesce a generare come capitale gli deve servire per andare lontano. Non può permettersi di guardare al breve periodo, solo guardando lontano può pensare a un ritorno di valore. Questa è una cosa bellissima. Lavorando per im- prese sociali, cooperative e associazioni ho capito che devono fare propri tutti i meccanismi di un’impresa. Quindi fare profitto per reinvestire e generare lavoro, dotarsi di un’organizzazione efficace, governare e controllare.

Cosa occorre al settore per migliorare?

Si deve puntare sull’efficacia dei processi, non solo sull’efficienza. Secondo, bisogna imparare a pianificare, programmare e gestire azioni complesse. Le piccole associazioni devono capire cosa occorre per la loro realtà, quali sono i bisogni e da questi passare al tipo di servizio offerto e cercare, subito, con chi farlo. Diversamente non si trovano risposte omogenee sui territori. Inoltre, mettersi in rete da un lato abbatte i costi, dall’altra aumenta le probabilità di riuscita e garantisce un’offerta più ampia. Per questo è meglio realizzare un capacity building per più realtà che si legano insieme, piuttosto che procedere da soli. È importante avere una visione del domani.

In che modo può aiutare la riforma del Terzo Settore?

La riforma prevede regole sul controllo e su modalità di co-progettazione. Occorre mettere a punto una strategia per applicare il principio strategico che sta dietro alla norma. La riforma oggi può aiutare molto le associazioni non solo nell’adeguamento, ma a verificare cosa fare concretamente per valorizzare i processi. Quindi, per esempio, trasformare la propria modalità di sviluppo organizzativo e di controllo del risultato generato.

Cosa è necessario a livello istituzionale per sostenere e sviluppare ulteriormente il Terzo settore?

C’è un problema enorme di competenze 'da impresa'. È necessario realizzare un mercato di professionisti e di competenze anche multidisciplinare, ma completamente diverso. Servono persone con capacità di project management, di strategia e di negoziazione, capaci di valorizzare le diversità. È importante saper stare al tavolo con altri soggetti. Inoltre, questo mondo a volte è autoreferenziale, nel senso che guarda prevalentemente a se stesso. Per questo sono necessari finanziamenti per sostenere formazione e startup di progetti di rete.

Quali sono le difficoltà che incontra oggi il mondo no profit?

I soggetti del no profit sono sempre a corto di tempo, occupati e affannati sul quotidiano. Quindi finiscono spesso per usare strumenti non appropriati e non al momento opportuno. Sono più impegnati nel fare, nel breve, perché assorbiti nel processo, nel dare un servizio nell’assistenza. Invece, dovrebbero capire quali sono i passi che si devono fare. Poi c’è il problema delle risorse economiche e della competizione. Per questo insisto sulla necessità di fare rete. Bisogna farlo con determinazione anche perché il compito non è delegabile, soltanto il Terzo settore lo può svolgere. È importante attuare uno sviluppo organizzativo, perché senza lo sviluppo organizzativo non si cresce. Infine, c’è il problema del passaggio generazionale. È complicato per le piccole e medie imprese, figuriamoci per il Terzo settore! Pensiamo a quante sono le imprese familiari. Sono tutte concentrate sull’ideatore, che a volte ha perso il figlio per una malattia e vuole aiutare gli altri che si trovano nella stessa situazione e il suo è un investimento di alto valore da non disperdere. Questo comparto ha una grandissima potenzialità di incidere su economia civile che ha bisogno di non scordare: governance, responsabilità, gestione della complessità, innovazione e sviluppo organizzativo.

In questo panorama come vede il futuro?

Il Terzo settore sta attraversando un passaggio cruciale e i tempi di trasformazione sono lenti. Tuttavia sono ottimista: è un problema culturale. Il modello di welfare generativo prefigurato da Stefano Zamagni comporta l’individuazione dei tipi di progetti operativi che permettono di generare, cioè, di trasformare costi in investimenti e la risorsa in lavoro. Questa non è un’operazione semplice, soprattutto per chi si è sempre dedicato al fare nell’immediato. Dobbiamo approfittare di questo periodo di rallentamento per pensare, senza limitarci a fare il 'copia-incolla' di ciò che applicano gli altri. Certo, non c’è la bacchetta magica, questo è un settore in grandissima difficoltà che non attinge a capitali propri per andare avanti, ma al proprio pensiero. Il problema è riuscire a creare nuove competenze. Ma ha già una straordinaria ricchezza nel capitale umano, sociale e relazionale. Penso che abbia tutte le carte in regola per farcela e per riuscire a superare questo momento critico.

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