La lavorazione del caffé in Sud America
C’è tutto un mondo dietro una tazzina di caffè, ma anche questo è fortemente a rischio tra surriscaldamento e inquinamento, così da richiedere un notevole e forte ricorso alla sostenibilità, anche attraverso la ricerca di soluzioni finanziarie innovative per affrontare i cambiamenti climatici e aiutare i coltivatori di caffè a conseguire un reddito pure questo sostenibile e senza più gli squilibri ora presenti, con una minima parte della ricchezza che resta laddove il caffè viene prodotto, in un rapporto di 1 a 10. Tutti temi affrontati di recente a Roma durante il Colloquium organizzato da Illycaffè e dall’International Coffee Organization, con il supporto di Roma Capitale, in occasione dell’Ernesto Illy International Coffee Award 2022 che ha visto convergere in Italia decine di produttori di caffè da tutti i continenti, non solo per la simpatica sfida finale sul miglior caffè al mondo (sempre tenendo fermi i paramenti di sostenibilità e qualità) ma anche e soprattutto per dibattere attorno al tema della resilienza necessaria anche in caffeicoltura, mostrando preoccupazione ma anche una crescente attenzione. Come Ahmed Legesse, esportatore di caffè dall’Etiopia, che afferma un po’ accigliato, mentre poco distante il suo connazionale Elias Omer Alì riceve da Andrea Illy il premio come Best of the best all’International Coffee Award 2022: «Anche da noi il cambiamento climatico sta incidendo molto ed è preoccupante per la tenuta di una produzione che rappresenta circa il 45% degli introiti del Pese. Il governo etiope si sta dando da fare, soprattutto contro la deforestazione, e di cambiamento climatico si ha sempre più coscienza, anche se se ne parla già da 20 anni. Noi comunque siamo anche sul campo e stiamo attuando tutto quello che è possibile fare a livello di sostenibi-lità, creando anche una piantagione di 100 ettari su un’area concessa dal governo e lavorando con i piccoli produttori ai quali sono stati donati semi per le piante di caffè. Abbiamo anche costruito una scuola per i figli dei lavoratori e una nuova strada per arrivare nella coltivazione. Altri investimenti sono previsti da qui a 3-5 anni, soprattutto da parte dei privati».
Tra l’altro, in occasione della convention romana è stato anche annunciato che il ministero degli Esteri con l’Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo ha finanziato un progetto proprio per supportare e assistere l’Etiopia negli investimenti nel settore del caffè, per rafforzare le competenze dei lavoratori, promuovendo l’incremento della produttività e favorendo sinergie tra players pubblici e priper vati, all’insegna di modelli di business sostenibili. Ma intanto, se col cambiamento climatico l’Africa piange, il Centro America certo non ride, come racconta Ernesto Borja Papini, manager della Borja Nathan che a El Salvador produce caffè ma porta avanti anche altri business sostenibili, come la produzione di energia fotovoltaica: «L’azienda è un’eredità dei nostri nonni, produttori da 120 anni, che noi cerchiamo sempre di migliorare, anche per le generazioni future. Per El Salvador il caffè è la risorsa principale, sia economica che culturale e ambientale. Il caffè però dipende da diversi fattori, dalla temperatura all’umidità, e i cambiamenti del clima stanno fortemente impattando sulla produzione, con le varietà di caffè che devono anche adattarsi al clima di adesso. Da noi abbiamo notato che fa più caldo, ma ci sono anche piogge prolungate e vento più forte, e tutto questo danneggia le varietà di caffè. Ecco perché stiamo lavorando con Illy ed è stato creato un Dipartimento di studi per cercare varietà diverse. Tutto questo significa anche un aumento dei costi, ma è il prezzo da pagare andare avanti e, anzi, mantenere alta la qualità del caffè. Oppure piantando sempre più alberi che fanno ombra alle piante di caffè e mantengono così un clima ideale. Per noi, inoltre, sostenibilità vuol dire anche aiutare i nostri lavoratori e i loro figli, soprattutto dal punto di vista sanitario e dell’accesso agli studi, fino a quelli universitari». In tutto il mondo, va ricordato, i lavoratori del caffè sono circa 25 milioni e insistono soprattutto nei Paesi della fascia tropicale, dove le condizioni socio-economiche non sono sempre delle migliori.
Da El Salvador spostandoci un po’ più a sud, ma nello stesso lembo di Centro America, il caffè è l’orgoglio anche del Costa Rica e pure qui i produttori si stanno facendo in quattro per affrontare il tema del clima che cambia, come raccontano all’unisono Warner Quesada Elizondo, responsabile di Coopesabalito che raggruppa circa 230 coltivatori del Paese, e Francisco Mena, esportatore di caffè per Illy: « Ai produttori diamo un servizio continuo di assistenza tecnica, con degli agronomi preparati che vanno direttamente sui campi. Collaboriamo inoltre con l’Istituto nazionale del caffè nella misurazione delle emissioni di anidride carbonica, per vedere come limitarle, e anche per ridurre il più possibile i consumi di acqua. Vogliamo arrivare a vere e proprie certificazioni di qualità per un caffè sempre più sostenibile». Anche in Costa Rica la sostenibilità ambientale si accompagna a quella dei lavoratori ed è basata soprattutto su “La casa dell’allegria”, «un progetto per accogliere i figli dei lavoratori nel periodo della raccolta del caffè, quando le scuole sono chiuse e i bambini vengono accolti in apposite strutture dove giocano, studiano e mangiano 4 volte al giorno». «Oggi – ha chiosato Andrea Illy a margine del Colloquium tra esperti del settore – la grande sfida del settore è proprio quella del cambiamento climatico. Sappiamo già che metà delle terre coltivabili a caffè da qui al 2050 non lo saranno più. Bisogna attrezzarsi per affrontare effetti come siccità, temperature troppo elevate, piogge troppo abbondanti o addirittura inondazioni. Per questo servono investimenti nelle piantagioni, che siano per le infrastrutture, per l’irrigazione o l’automazione dei raccolti, per il rinnovamento delle piantagioni stesse o per piantagioni in agroforesteria. L’obiettivo ora è quello di riuscire a mobilitare investimenti della comunità finanziaria internazionale, con modelli di investimento che siano sostenibili e attuabili».