mercoledì 9 marzo 2022
Stefania Di Bartolomeo ha fondato appena trentenne Physis Investments che passa al setaccio i titoli Esg
Stefania Di Bartolomeo ha fondato Physis Investments

Stefania Di Bartolomeo ha fondato Physis Investments

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Il pallino per la finanza sostenibile maturato già durante gli anni universitari. Una laurea in Bocconi, poi un Master of Art in finanza sostenibile ad Harvard, un paio di esperienze lavorative in Italia e in Olanda e infine l’idea di colmare un gap, quello sulla reale valutazione degli investimenti sostenibili, per rivoluzionare la finanza etica e passare dalle parole ai fatti. Con questi presupposti e questo obiettivo in mente Stefania Di Bartolomeo ha dato vita nel 2019, appena trentenne, a Physis Investments, un’enorme banca dati digitale dove per ogni titolo su cui si può investire è calcolato l’impatto reale in termini di sostenibilità. Una soluzione pensata principalmente per investitori professionali, come financial advisor o family office, che intendono costruire un portafoglio sostenibile e dimostrare, al tempo stesso, che gli investimenti proposti siano in grado di generare un impatto positivo.

«In futuro gli investimenti sostenibili passeranno sempre più dall’essere un trend a diventare un requisito fondamentale. Oggi, però, le attuali informazioni sui punteggi concessi ai titoli sul fronte ESG e della sostenibilità in genere, sono spesso ancora limitate, inconsistenti e persino contraddittorie. Tanti fondi si dichiarano 'sostenibili' senza spiegare come passano dalle intenzioni ai fatti. Insomma, spesso non è ancora possibile misurare l’impatto reale di questa presunta sostenibilità», spiega Di Bartolomeo. E proprio da questa considerazione, la giovane CEO di Physis ha creato una piattaforma capace di dare risposte concrete. Grazie a processi automatizzati di machine learning e ad algoritmi proprietari, Physis è infatti in grado di raccogliere dati da diverse fonti, valutarne l’affidabilità ed effettuare controlli incrociati per poi estrapolare informazioni di valore a sostegno degli investimenti.

«Siamo per esempio in grado di sapere quanti soldi un’azienda ha donato per una causa specifica, quanta anidride carbonica ha consumato e quanta acqua ricicla abitualmente e con che scopi. Ma non solo. Siamo capaci, analizzando i dati raccolti, anche di dire concretamente quante donne sono state assunte e in che ruoli e quali sono i prodotti davvero sostenibili e perché», spiega la fondatrice. Per questo fin dal suo lavoro in Italia presso Sella Gestioni - dove ha gestito il primo fondo a impatto italiano, facendolo cresce- re in due anni e mezzo da 16 a 100 milioni di euro gestiti - aveva cercato di elaborare un sistema di misurazione quantitativa dell’impatto reale di ogni azienda sull’ambiente, la società e la governance. A oggi la piattaforma Physis, lanciata a giugno 2021, ha già raccolto i primi clienti non solo negli Usa, dove supporta gli investitori anche nella creazione di portafogli sostenibili, ma anche in Europa - Italia compresa - dove conta di crescere nei prossimi anni. Physis è stata provata 'sul campo' da oltre 500 utenti finanziari e ha contribuito allo spostamento di asset da investimenti tradizionali a sostenibili per circa 90 miliardi di dollari. L’imprenditrice, dal suo punto di osservazione privilegiato, sostiene inoltre che anche le tendenze sul fronte ESG stanno cambiando. Dopo anni in cui il tema ambientale è stato predominante, oggi c’è voglia di concretezza.

«Per questo ci stiamo focalizzando sempre più sui prodotti e i servizi che le società generano. Sono quelli a generare un vero impatto sociale». Una storia di eccellenza, quella di Stefania Di Bartolomeo, che però non ha un marchio italiano. La piattaforma per il calcolo dell’impatto ESG dei titoli, infatti, è cresciuta grazie al supporto dell’incubatore Innovation lab dell’Università di Harvard, e grazie al programma Usa Fintech Sandbox, che ha permesso all’imprenditri-ce di mettere in piedi il business plan della sua startup, avere accesso gratuitamente ai fornitori di dati necessari per le analisi, alla consulenza legale e al supporto tecnologico. «Ad aiutarci è stato anche tutto l’ecosistema attorno a Boston e poi una cultura imprenditoriale che in America è molto forte. L’imprenditore qui è visto come un eroe sociale. In Italia, invece, viene quasi temuto come elemento di disturbo», sottolinea Di Bartolomeo, che per portare avanti l’idea si è rimessa in discussione, ha ricominciato tutto da capo e ha affrontato diverse difficoltà, ma è riuscita grazie a un ecosistema in grado di supportare la sua idea e aiutarla a crescere. «Ho fatto una scelta di convenienza, restando in America, e mi spiace doverlo ammettere. Ma sono anche molto arrabbiata col sistema Italia: credo tanto nelle nuove generazioni e continuo a immaginare quello che potrò portare 'a casa' con la mia esperienza, ma questi progetti per crescere hanno bisogno di tempo. E di supporto».

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