Haiti e l'Occidente: due "Mondi paralleli"?
Nel romanzo di Valeria Cipolat le contraddizioni di Haiti raccontate da una cooperante

«Le uniche cose che vediamo tutti nello stesso modo sono la volta celeste, il sole e la luna». Si chiude così Mondi Paralleli, il libro di Valeria Cipolat, edito da Torri del Vento Edizioni, che ha ambientato ad Haiti la storia di due cooperanti, Pietro e Stefano, alla ricerca di una donna, Margherita, misteriosamente scomparsa.
L’autrice, classe 1967, nata e cresciuta a Pordenone, dove vive attualmente, ha scelto la cornice dell’isola di Hispaniola per ambientare il suo primo romanzo. Dopo anni trascorsi a lavorare in America Latina, Asia e Africa per alcune organizzazioni umanitarie, Valeria è approdata a Port-au-Prince con Medici senza Frontiere subito dopo il terremoto del 2010. L’esperienza l’ha segnata: «Per vari motivi, Haiti ha generato in me il dubbio se continuare o meno a lavorare nel mondo della cooperazione».
Il romanzo porta a galla le contraddizioni che, già allora, caratterizzavano l’isola. Primo fra tutti, il forte divario tra i ricchi e i poveri di Haiti, tra il lusso di pochi e la disperazione di molti. I mondi paralleli di cui ha fatto esperienza sono, per esempio, le case ridotte in macerie dal sisma, gli ospedali allo stremo e gli spartani compound degli stessi operatori contro il comfort a cinque stelle di una villa privata: «Era una vera e propria reggia, con tanto di piscina la cui acqua cristallina riverberava azzurrognola. La cosa mi sorprese non poco – scrive - visto che dopo il terremoto era diventato piuttosto difficile trovare sul mercato del cloro per i centri di trattamento colera che stavamo installando».
«Mondi paralleli ci ricorda che nascere a certe latitudini è un privilegio – spiega - e che nessuno è un santo, neppure quando cammina sotto il vessillo di una potente Ong, e che sono le piccole scelte quotidiane, i sì e i no che siamo capaci di pronunciare a fare la storia e a fare di noi ciò che siamo. Nel bene e nel male».
Il racconto di Valeria, arricchito dalle esperienze vissute in altri teatri della cooperazione internazionale, è anche un’interpretazione personale della genesi dello scandalo Oxfam del 2018. Un’indagine interna alla Ong britannica accertò, allora, quelle che erano ricostruzioni giornalistiche: alcuni funzionari, proprio ad Haiti, avevano organizzato «festini» a luci rosse durante la missione scattata per portate soccorso alla popolazione stavolta dal terremoto che fece oltre 300 mila morti.
La cooperazione romanzata da Valeria è scevra dalla disperazione che caratterizza la cronaca haitiana odierna. «Nel periodo in cui l’ho vissuta io ci sono stata io, l’isola era travolta da un'onda di speranza, sollevata, probabilmente, dal fatto che il mondo, a causa del tremendo terremoto, si era finalmente accorto di Haiti». «Oggi non percepisco lo stesso clima», ammette.
La scrittura del romanzo ha aiutato Valeria, così racconta lei stessa, a capire se continuare, o meno, a lavorare in un mondo, come quello della cooperazione, che viaggia parallelo alla routine di chi vive la «normalità» dell’Occidente. La risposta finale? «Sì – ammette – voglio continuare».
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