mercoledì 5 giugno 2024
La Scuola di Fondazione Barilla mette a disposizione di 20 giovani svantaggiati un percorso per affermarsi nella gastronomia: «Opportunità cruciale»
La classe di quest’anno della Scuola di Fondazione Barilla con al centro lo chef Alberto Gipponi

La classe di quest’anno della Scuola di Fondazione Barilla con al centro lo chef Alberto Gipponi

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«Ho scoperto la cucina quando sono arrivato qui in Italia dal Marocco, due anni fa. Cucinare mi piace tantissimo, mi diverto, mi concentro e mi sento me stesso. In Marocco non c’era un futuro per me e i miei genitori mi hanno mandato qui, dove ci sono molte opportunità. Sono entrato in una comunità a Napoli, ho fatto degli stage in cucina e mi sono appassionato. Un operatore mi ha parlato di questa opportunità e non ci ho pensato un attimo prima di provarci». Mohamed ha 18 anni ed è uno dei venti allievi della seconda edizione della Scuola di Fondazione Barilla, un percorso di formazione culinaria, teorica e pratica, pensato per ragazzi provenienti da condizioni sociali ed economiche svantaggiate.

La Scuola, gratuita sotto ogni punto di vista (formazione, vitto e alloggio), ha una durata complessiva di quattro mesi: due di formazione, svolti presso la sede di Fondazione Barilla a Parma, e due di stage. Oltre alle nozioni di base sul mondo della cucina, il programma didattico prevede l’insegnamento dei principi della sana alimentazione, dell’impatto sull’ambiente della produzione dei cibi e di quello causato dagli sprechi alimentari. A guidare i ragazzi in questo percorso ci sono lo chef Alberto Gipponi e il critico gastronomico Andrea Grignaffini, esperto di gusto e storia della cucina.

«Questa Scuola è un’opportunità, dove cibo, ambiente e persone sono al centro – spiega lo chef Gipponi –. I ragazzi ed io stiamo coltivando una passione comune e spero di passare loro molto di quello che so, sperando che lo facciano proprio e che questi saperi li rendano persone più consapevoli del mondo che li circonda. Essere cuochi significa essere consapevoli del mondo e di sé, mirare a un obiettivo di rispetto e consapevolezza della materia, dell’ambiente e delle persone». Tra gli insegnanti di discipline teoriche c’è invece il professor Riccardo Valentini, premio Nobel e membro del comitato scientifico di Fondazione Barilla.

«La Fondazione è nata nel 2009 per studiare le relazioni fra cibo, uomo e pianeta; poi ci siamo chiesti come rendere questa conoscenza utile alla società, come portarla nella vita delle persone. Abbiamo cercato di immaginare come dare un’opportunità a ragazzi che hanno avuto vite difficili. I loro profili ci vengono indicati da professionisti, come Croce Rossa o Comunità di Sant’Egidio; noi valutiamo solo la loro predisposizione alla cucina perché sono studi molto impegnativi » spiega Matteo Pauri, direttore di Fondazione Barilla. Il secondo passo di questo percorso è lo stage.

Continua Pauri: «Ci attiviamo sul territorio di provenienza per trovare loro uno stage, di solito vicino a casa per evitare complessità legate a costi e logistiche di spostamento. Da quest’anno anche Esselunga accoglierà alcuni nostri ragazzi nei suoi bar e nelle sue gastronomie. Lo scorso anno sono stati 9 i partecipanti alla Scuola e 4 di loro lavorano ancora nel mondo della cucina. Speriamo per quest’anno di eguagliare o migliorare il risultato». Con un passato da assistente sociale, lo chef Alberto Gipponi è diventato per i ragazzi una figura di riferimento, non solo dal punto di vista culinario. Come racconta Mattia, studente della prima edizione e ora assistente dello chef: « Per me è un maestro di vita oltre che di cucina. Quando, due anni fa, una persona cara mi ha offerto questa opportunità, non pensavo mi avrebbero preso, ma è andata benissimo. Sono molto contento di averla fatta e di essere qui, dall’altra parte, quest’anno».

Il numero degli allievi è più che raddoppiato da un anno all’altro e con loro sono cresciuti anche l’entusiasmo e la partecipazione. «Ogni giorno i ragazzi hanno qualcosa di nuovo da dare, mi stupiscono sempre. A fine lezione vengo circondato da loro, vogliono sempre saperne di più e questo è uno stimolo importante, anche per noi insegnanti. Qui noi piantiamo un seme e poi spetta a loro coltivarlo, essere il sole che fa crescere la pianta » conclude Gipponi.

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