mercoledì 6 aprile 2022
Il Mast di Bologna racconta attraverso 500 immagini di grandi fotografi e artisti un percorso lungo due secoli tra lavoratori imprese e tecnologia
Gli ultimi giorni del Kuomintang, Shanghai, Cina, 1948-49 / © Foundation Henri Cartier-Bresson Magnum Photos

Gli ultimi giorni del Kuomintang, Shanghai, Cina, 1948-49 / © Foundation Henri Cartier-Bresson Magnum Photos

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Nel 1966 Michel Foucault in Le parole e le cose descrive la rete di somiglianze e similitudini attraverso cui il mondo si rivela all’immaginazione prima dell’avvento dell’illuminismo. La conoscenza, le relazioni, si muovono attraverso similitudini create dalla natura stessa, affinità e analogia, somiglianze e antipatie, rapporti e segni. Oggi il mondo è tenuto insieme da fili sottili di silice fusa. Sono i cavi di comunicazione transatlantici che collegano il Regno Unito e il Nord America. «Ogni giorno vengono generati e scambiati più di 2,5 quintilioni di byte di informazioni, una quantità inimmaginabile e infinita di dati – annota Eugénie Shinnkle, nel presentare la serie fotografica di Andy Sewell Known & Strange Things Pass (2000) – che fa il giro del mondo trasportata quasi esclusivamente dai cavi di fibre ottiche che corrono lungo il fondo dell’oceano. Questi cavi approdano in luoghi poco appariscenti. La loro forma non dà alcuna indicazione della loro funzione. Un oceano di incommensurabilità separa ciò che sono fisicamente da ciò che rappresentano».

Le fotografie di Sewell sotto la “C” di Communication (Comunicazione) e Commuter (Pendolare) con le mani che scorrono il display di uno smartphone, illustrano l’ultima frontiera di un percorso evolutivo del lavoro, dell’industria e della tecnologia che il Mast di Bologna racconta in The Mast Collection (fino al 28 agosto, a cura di Urs Stahel) in un 'Alfabeto visivo' di oltre 500 immagini, tra fotografie, album, video di 200 grandi fotografi italiani e internazionali e artisti anonimi. Dalla A di 'Abandoned' e 'Architecture' fino alla W di 'Waste' (Scarti) o 'Wealth' (Ricchezza). La Z c’è, ma senza immagini: è il file “Zip”, con cui eventualmente scaricare tutto il possibile dei “Digital Data” alla lettera D o di quanto abbiamo in 'Office' alla lettera “O”, passando per la F di 'Financial Business' o la L di 'Lunch break', la M di 'Manifestation', per proseguire con la P di 'Production' o la T di 'Traffic'. Lemmi e scatti iconici che testimoniano visivamente la storia del mondo industriale e del lavoro degli ultimi due secoli. Il lavoro che abita le nostre vite, in ogni luogo del pianeta, raccontato da nomi che hanno fatto la storia della fotografia. Solo per citarne alcuni: Agosti, Avedon, Basilico, Berengo Gardin, Bourke-White, Cartier-Bresson, Doisneau, Evans, Ghirri, Giacomelli, Jodice, Kertesz, Josef Koudelka, Lange, List, Migliori, Modotti, Mulas, Ruff, Salgado, Smith, Weston.

«I 53 capitoli in cui è articolata la mostra – spiega il curatore, Urs Stahel – rappresentano altrettante isole tematiche nelle quali convivono vecchi e giovani, ricchi e poveri, sani e malati, aree industriali o villaggi operai. Costituiscono il punto di incontro delle percezioni, degli atteggiamenti e dei progetti più disparati. La fotografia documentaria incontra l’arte concettuale, gli antichi processi di sviluppo e di stampa si confrontano con le ultime novità digitali e inkjet; le immagini dominate dal bianco e nero più profondo si affiancano a rappresentazioni visive dai colori vivaci. I paesaggi cupi caratteristici dell’industria pesante contrastano con gli scintillanti impianti high- tech, il duro lavoro manuale e la maestria artigianale trovano il loro contrappunto negli universi digitali, nell’elaborazione automatizzata dei dati. Alle manifestazioni di protesta contro il mercato e il crac finanziario – conclude Stahel – si affiancano le testimonianze visive del fenomeno migratorio e del lavoro d’ufficio». Cosicché il celebre operaio di Smith dialoga con i colletti bianchi di Wolff, i pozzi petroliferi di Salgado con l’antropocene di Burtynsky, le fabbriche di Basilico con le donne al lavoro di Agosti, gli ingranaggi meccanici di Ruff con il simulatore spaziale di Demand o la fibra sotto l’oceano di Sewell. Ultima testimonianza di un’evoluzione inarrestabile. Cercando di non perdere mai di vista l’uomo. E le orme che lascia sul mondo.

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