sabato 28 giugno 2014
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«È finita l’epoca dell’Europa barocca, quella che si vede anche in certe splendide cattedrali bavaresi. In futuro non potrà più esserci forma senza sostanza». Non rinuncia alla potenza evocativa delle immagini, il professor Giacomo Vaciago, quando gli si chiede di delineare il volto nuovo dell’Unione, dopo che il vertice dei leader di governo ha indicato in Jean-Claude Juncker il prossimo presidente della Commissione. «A Bruxelles conta il gioco di squadra, non i singoli politici più o meno dotati di carisma» dice l’economista, nominato un paio di settimane fa esperto economico dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti. «È necessario partire dalla costruzione, anzi dalla ricostruzione di un’idea. Per questo, quando sento parlare in queste ore di svolta in nome di una maggior flessibilità, mi viene da sorridere».Perché?Prima di tutto perché la svolta non è di ieri o di oggi, ma di un mese fa, quando con il risultato delle elezioni è rinato l’asse Roma-Berlino. È finita l’alleanza franco-tedesca e ne è nata un’altra, che vede il nostro premier come protagonista. Poi perché il terremoto della crisi ha spazzato via tutto: non possiamo più discutere di rigore, ma esclusivamente di crescita.Niente Patto flessibile, dunque...Il Patto di Stabilità e Crescita dovrebbe chiamarsi d’ora in poi Patto di stabile crescita. La stabilità da sola è rigor mortis, mentre il mondo è già ripartito e non ci aspetta. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno già portato i loro profitti a livelli precedenti l’avvento della recessione e noi dobbiamo dimostrare di meritarcela, la ripresa.Se si tratta di ricostruire da zero, perché non un piano keynesiano?Meglio un piano di investimenti come quelli degli anni Cinquanta: risorse pubbliche per un terzo destinate soprattutto alle infrastrutture e i restanti due terzi messi da soggetti privati, per rilanciare sin da subito la  competitività. I Ventotto si diano un obiettivo chiaro da raggiungere e indichino il percorso da fare.La Germania ha una posizione univoca o è ancora prigioniera dei «falchi»?Le ultime tornate elettorali dicono che Angela Merkel non è il padrone incontrastato del Bundesrat, avendo con sè nel governo un pezzo di sinistra. Crede che le convenga litigare sui decimali e lasciare che aumenti la disoccupazione negli altri Paesi? Quanto ai cosiddetti "falchi", alcuni di loro si sono dimessi dal board della Bce, dove il pallino è rimasto saldamente in mano a Mario Draghi. Chi ancora difende l’ortodossia della Bundesbank lo fa solo per ragioni di visibilità.Che conseguenze può avere l’isolamento  della Gran Bretagna, emerso chiaramente col "no" di David Cameron al via libera a Juncker?Attenzione: riunire Londra all’Europa allontanandola dall’America si sta rivelando un’operazione contro natura. Ha più senso ragionare di accordi e partnership transatlantiche tra Bruxelles e Washington, tenendo dentro il Regno Unito. Non dobbiamo dimenticare che l’Unione è stata fatta dai padri fondatori, tutti cattolici peraltro, con l’obiettivo di mettere in comune valori, storia e politica. Perché quella eredità è diventata un fardello così pesante?Perché hanno prevalso le divisioni: tra Nord e Sud, tra creditori e debitori. Ora però non serve cambiare il passato, sarebbe meglio scrivere il futuro.
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