martedì 5 aprile 2016
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Il 31 marzo è scaduto il termine per l’emanazione dei due decreti per i portatori, raggirati, di obbligazioni subordinate delle 4 banche salvate. Attesi per disciplinare, rispettivamente, i presupposti per i rimborsi e la formazione degli arbitrati con le relative procedure. Si potrebbe ritenere che il termine anzidetto sia ordinatorio e non perentorio, e difatti già si parla di un nuovo decreto-legge che potrebbe arrivare a giorni. Si pensava che già a febbraio le due misure sarebbero state adottate: il grave ritardo rispetto alle promesse è dovuto alla difficoltà di mettere insieme, ai fini dei rimborsi, requisiti di carattere sociale e personale - il reddito e il patrimonio investito dai risparmiatori in questione - con la presenza della violazione della trasparenza, correttezza e diligenza delle banche nelle relative transazioni, dal momento che una tale violazione di per sé sola legittima una forma di ristoro. Il ritardo é dovuto pure, e soprattutto, al sopravvenuto proposito di ricercare, viste queste difficoltà, una soluzione alternativa: cioè l’introduzione di un automatismo nella concessione dei rimborsi a tutti i portatori ' retail' oppure solo per quelli che hanno investito fino a una certa cifra, per esempio 100mila euro. Una scelta del genere si fonderebbe sul carattere generalizzato della non adeguata trasparenza delle operazioni, semplificherebbe molto le procedure, eviterebbe che si sviluppino poi vertenze in sede giudiziaria, darebbe un segnale distensivo. Naturalmente, essa deve fare i conti con il rigorismo esasperato della Commissione Ue che vedrebbe in tale opzione la violazione delle norme sugli aiuti di Stato e l’aggiramento del principio della condivisione delle perdite anche da parte degli obbligazionisti subordinati, nonché, più in generale, del ' bailin'. Ma se il necessario aumento dell’importo del fondo ad hoc - dagli attuali 100 milioni a circa 300 - poggiasse su di una scelta 'volontaria' delle banche (che potrebbero utilizzare le eventuali plusvalenze derivanti dalla vendita dei crediti deteriorati trasferiti dai 4 istituti alla ' bad bank' e/o i crediti di imposta di cui gli stessi fruiscono), allora non si vedrebbe come l’obiezione, già debole in linea generale, possa essere validamente sostenuta dalla Commissione. Insomma, gli accorgimenti tecnico-normativi sussistono per arrivare a una conclusione positiva. Ma ciò deve avvenire rapidamente, con la conseguenza che, nel caso di una eventuale resistenza di Bruxelles sui propri inammissibili veti, sarebbe doveroso procedere ugualmente sulla strada prescelta, chiamando in giudizio la Commissione presso la Corte di giustizia europea e rafforzando così il ricorso già avviato per la vicenda Tercas; oppure resistendo, sempre in giudizio, a una contestazione formale che arrivasse dalla Commissione. Si farà così definitiva chiarezza sugli aiuti di Stato e sul ' burden sharing'. Ripiegare, invece, sul previsto e per ora abbandonato sistema degli arbitrati sarebbe un evidente segno di sconfitta, con una forte valenza negativa. Angelo De Mattia © RIPRODUZIONE RISERVATA
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