sabato 2 novembre 2013
Nelle aziende a conduzione familiare, e più in generale in quelle fino a 20 addetti, la riduzione dell'organico ha infatti riguardato gli ultimi assunti.
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Un terzo delle pmi italiane è stata costretta a licenziare. E l'onda lunga della crisi, soprattutto nelle realtà più piccole, colpisce i dipendenti più giovani. Nelle aziende a conduzione familiare, e più in generale in quelle fino a 20 addetti, la riduzione dell'organico ha infatti riguardato gli ultimi assunti. È la fotografia scattata da un'indagine dell'Adnkronos: il 30% delle imprese dichiara di aver risolto uno o più contratti di lavoro nell'ultimo anno e, fra queste, più della metà ha sacrificato i rapporti più recenti, che quasi sempre riguardano addetti under 30.Le prospettive sembrano però indicare una frenata nell'emorragia di posti di lavoro. Guardando al prossimo anno scende al 20% la quota di piccole e medie imprese che pensa di dover ricorrere a tagli del proprio personale. Un dato che comunque segnala un trend di contrazione dell'occupazione nelle piccole e medie imprese anche per il prossimo anno. Per altro, solo una impresa su dieci si dice pronta a fare nuove assunzioni.Tra le cause principali indicate per giustificare la decisione di licenziare prevale l'eccessivo costo del lavoro, indicato dal 70% delle imprese che hanno ridotto il numero dei propri dipendenti. Altrettanto allarmanti i dati che riguardano il lavoro in nero. Il 40% delle pmi interpellate ammette di aver fatto ricorso, nel corso dell'ultimo anno, a prestazioni di lavoro non regolari; una stessa quota pensa che possa essere costretta a farne uso nel prossimo anno.I dati che emergono dall'indagine descrivono una crisi del mercato del lavoro che non è solo quella dei grandi numeri, delle grandi imprese e delle vertenze nazionali. Nel tessuto delle pmi si registra una costante perdita di lavoro, che è il risultato di una somma di crisi locali, periferiche, che trova rappresentazione nei dati appena diffusi dall'Istat.Nell'analisi dei numeri assoluti, il trend è ancora più evidente che nell'analisi dei tassi di occupazione e disoccupazione. A settembre 2013 sono occupati 964mila giovani tra i 15 e i 24 anni, in calo del 2,3% rispetto ad agosto (-23mila) e del 12,5% su base annua (-138mila). I giovani disoccupati sono 654mila, in calo dell'1,5% nell'ultimo mese (-10mila), ma in aumento del 5,4% rispetto a dodici mesi prima (+34mila). Il numero di giovani inattivi è pari a quattro milioni 371mila, in aumento dell'1,5% nel confronto congiunturale(+64mila) e dell'1,2% su base annua (+54mila).In un anno, in sostanza, ci sono 138mila giovani occupati in meno, 34mila giovani disoccupati in più, 54mila giovani inattivi in più. E buona parte di questi, considerate le caratteristiche dimensionali del tessuto produttivo italiano, sono proprio lavoratori che perdono il proprio posto di lavoro perché licenziati da unapiccola e media impresa, o che non riescono a trovarlo, perchè le pmi hanno smesso di assumere.
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