mercoledì 23 agosto 2023
Il modello con i testi perde appeal, mentre funzionano foto e video. I colossi faticano a guadagnare quanto vorrebbero. Preoccupano i costi e la stretta sulle regole per l’uso dei dati
Un sistema solido ma che vive una fase di stallo ed è a corto di idee

IMAGOECONOMICA

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Twitter, anzi X, potrebbe fallire. Lo dice Elon Musk, padrone della società ma anche e soprattutto un magnate che ama provocare e che da tempo è impegnato a far sparire ogni traccia di Twitter. Il suo ultimo obiettivo sembra quello di trasformare il social dei messaggi brevi in una piattaforma simile alla cinese WeChat, che mischia funzioni di messagistica e di condivisione in stile WhatsApp, con parti più social, servizi per le comunicazioni aziendali e per i pagamenti elettronici.

Qualcosa, quindi, capace di andare oltre al modello social come lo conosciamo noi occidentali. Deve farlo se vuole cancellare il ruolo politico e sociale che è stato Twitter (senza il suo supporto le primavere arabe forse non sarebbero mai nate) ma anche perché ne ha bisogno per sopravvivere. Se c’è un punto infatti sul quale tutti gli esperti sono d’accordo è che i social oggi sono a un punto di stallo. Non di crisi. Almeno non nel mondo occidentale dove persino Facebook, considerato da molti «roba per vecchi», continua a crescere. Ma di stallo sì. Detta un po’ brutalmente: li usiamo e ancora tanto ma ne siamo sempre meno soddisfatti. Per capire quale possa essere il futuro dei social dobbiamo però guardare oltre il nostro quotidiano e ricordarci che sono un fenomeno globale che ormai coinvolge il 60% della popolazione mondiale e che nell’ultimo anno è cresciuto globalmente di 170 milioni di iscritti. Con Paesi che li usano in modo e con frequenza molto diversa.

Per esempio, secondo l’ultimo rapporto We Are Social di luglio, negli Emirati Arabi Uniti li usa il 94,4% della popolazione mentre in Nigeria solo il 14,4%. In India usa i social il 32,7% della popolazione mentre in Corea del Sud la percentuale arriva al 92,8%. Il tempo speso ogni giorno sui social nel mondo è mediamente di 2 ore e 26 minuti. Il Paese che spende più tempo sui social è il Brasile, con una media di 3 ore e 49 minuti al giorno, quello dove li si usa di meno è il Giappone che si ferma a 47 minuti al giorno. In Italia ben l’87% della popolazione frequenta i social. Eppure, come accennato, i social appaiono in stallo. Cioè non riescono più a crescere e soprattutto a guadagnare quanto dovrebbero per garantirsi il futuro. Un punto appare ormai chiaro: agli utenti i social dove a farla da padrone sono i testi piacciono sempre di meno. E non è un caso che (non solo) tra i più giovani spopolino TikTok (che sta diventando la tv di oggi, con gli utenti che passano ore a fare “zapping” tra i video) e i reel di Instagram (e persino di Facebook). Le immagini sono e saranno sempre più centrali nella comunicazione social. Ma anche la velocità e i contenuti facili, quelli cioè che fanno divertire e che non richiedono grandi sforzi per essere consumati. Non è un caso che Threads, l’anti Twitter di Meta, non stia decollando. E che anzi, secondo l’agenzia Reuters, abbia già perso metà dei suoi abbonati a poco più di un mese dal lancio. Threads peraltro non ha mai debuttato in Europa.

E per un motivo molto semplice: Meta teme che l’annunciata e prossima nuova stretta dell’Europa sulle regole per i social metta così tanti paletti da renderlo più un costo che una risorsa per il colosso guidato da Zuckerberg. A rendere lo scenario futuro ancora più complicato c’è anche la battaglia del Congresso americano che vorrebbe vietare TikTok in America. Anche l’Europa pensa ad alcune strette sul social cinese. Il che renderebbe ancor più nebuloso e a rischio anche il futuro prossimo dei social. Senza contare che il mondo digitale ha sempre bisogno di nuove idee e nuove applicazioni (il che, in parte, spiega le tante piccole novità che vengono annunciate ogni mese sui social). Mentre noi utenti siamo sì abitudinari e un po’ pigri e quindi poco inclini a cambiare, ma in cuor nostro sentiamo sempre più una certa stanchezza social. Così, pur senza dirlo apertamente, tutti (utenti, investitori pubblicitari e persino creatori) aspettano qualcosa di nuovo. E mentre i giornali danno spazio alle possibile alternative a Twitter come Mastodon, T2, Post, Nostr, Bluesky e Artifact appare sempre più chiaro che nessuna di queste sembra destinata a prenderne davvero il posto. Insomma, il modello social è in stallo e il suo futuro è così nebuloso da rendere difficile la nascita di qualcosa di veramente nuovo (come è stato a suo tempo per TikTok).

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