mercoledì 20 marzo 2024
Per il neo-segretario 35 ore settimanali e una maggiore flessibilità sono sfide possibili «Una migliore gestione dei flussi migratori e spazio alle donne per superare la carenza di personale»
Ferdinando Uliano, neo-segretario Fim-Cisl con il segretario generale Luigi Sbarra e Roberto Benaglia

Ferdinando Uliano, neo-segretario Fim-Cisl con il segretario generale Luigi Sbarra e Roberto Benaglia - Ansa

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Ferdinando Uliano è da ieri il nuovo segretario generale della Fim Cisl. Ad attenderlo una serie di sfide aperte dalla crisi dell’ex Ilva alla transizione verso l’auto elettrica, passando dalla carenza di manodopera e dal rinnovo del contratto nazionale in scadenza a giugno. Senza considerare le sfide dell’intelligenza artificiale e della sicurezza sul lavoro.

Uliano, ci sono ancora le tute blu? Quali sono le sfide per un sindacato che deve rappresentare un universo profondamente cambiato? Il nostro è un settore in profonda trasformazione evoluzione rispetto agli anni Settanta. Oggi il 58% dei lavoratori sono tecnici e impiegati, il sorpasso sulle tute blu c’è già stato ed è una tendenza che si rafforzerà sempre di più, determinata dalle profonde trasformazioni del settore industriale. Questo interroga il sindacato rispetto alla capacità di rappresentare tutte le figure professionali. Storicamente c’è stato sempre uno sbilanciamento di rappresentanza a favore delle aree operaie, nell’ultimo periodo però è in corso un riallineamento.

La carenza di manodopera è un problema molto sentito dalle aziende. Come invogliare i giovani a scegliere questo lavoro? Innanzitutto, sfatando il mito che sia un lavoro sporco, faticoso. Ci sono condizioni diverse rispetto al passato, l’azione sindacale ha migliorato il contesto lavorativo e dal punto di vista professionale ci sono molte opportunità. Federmeccanica ha lanciato una campagna di informazione rivolta ai giovani. Noi riteniamo che si debba ragionare su un miglior utilizzo dei flussi migratori rispetto al passato e sulla presenza delle donne. Proprio per questo nel contratto nazionale abbiamo aumentato i permessi per la conciliazione, concedendo maggiore spazio ai tempi di cura per figli e genitori anziani, e introducendo elementi di flessibilità.

Si avvicina il rinnovo del contratto di lavoro, tra le richieste avanzate dal sindacato la settimana di 35 ore, è sostenibile? La riduzione dell’orario di lavoro è stata già attuata in alcuni casi, ad esempio in Lamborghini, con successo. Noi pensiamo che sia sostenibile dal punto di vista aziendale: ci sono già forme di riduzione dell’orario come i permessi retribuiti, e i recuperi di produttività realizzati grazie alle tecnologie e all’intelligenza artificiale. La nostra idea è iniziare con una fase sperimentale in questo contratto.

La clausola di garanzia che ha collegato l’aumento di stipendio all’Ipca è stato un “colpaccio” dello scorso contratto, adesso cosa chiedete per combattere il caro-vita? Il nostro è l’unico contratto che ha previsto un adeguamento diretto dei salari all’inflazione. A conti fatti abbiamo avuto in tre anni un recupero economico di 300 euro al mese e abbiamo chiesto 280 euro mensili per i prossimi tre anni. Ma ci battiamo anche per altri aspetti. C’è anche la necessità di sviluppare il welfare integrativo, la sanità e la previdenza complementare. Un elemento per noi fondamentale è la copertura economica per i lavoratori delle aziende che non fanno la contrattazione di secondo livello, e sono il 70% del totale. Sarebbe una grande conquista prevedere un’erogazione specifica nel contratto.

Come impatterà l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale? C’è il rischio di un taglio dei posti di lavoro? La situazione che può determinarsi è un disallineamento tra la domanda e l’offerta. Ci troveremo di fronte ad un ridimensionamento di alcuni figure professionali con processi di riorganizzativi e allo sviluppo di nuove professionalità. Personalmente non ho la tranquillità di dire che ci sarà una compensazione in termini quantitativi tra le persone che verranno espulse e quelle che serviranno.

Un milione di auto prodotte in Italia nell’ottica della transizione verso l’elettrico è l’obiettivo che si è posto il governo sull’auto. La Cisl è d’accordo? La questione di un produttore cinese di auto sembra la bacchetta magica che risolve i mali del Paese. Prima dobbiamo spingere Stellantis a prendersi impegni precisi su tutti gli stabilimenti. Se poi arriva un altro produttore, cinese o meno, vorremmo capire quale è il piano industriale. Se vengono portate le componentistiche da fuori non ci sarò alcun impatto sull’indotto.

Degli oltre 50 tavoli aperti al Mimit per vertenze particolarmente difficili la metà riguarda aziende metalmeccaniche... In questi anni la Fim si è distinta per la capacità di lottare e di trovare le soluzioni sia nelle vertenze territoriali che nelle crisi di maggior risonanza. Abbiamo acquisito autorevolezza e il riconoscimento da parte dei diversi governi e continueremo in questa direzione.

Parlando di vertenze, come si esce dalla delicata situazione in cui si trova l’ex Ilva? Dobbiamo far ripartire una macchina che di fatto ha il motore fermo: oggi abbiamo una produzione di 1,5 milioni di tonnellate. Abbiamo la necessità di mette in funzionamento a pieno regime l’unico alforno che funziona. Servono subito i 320 milioni di euro annunciati dal governo.

La Uil ieri era in piazza per la sicurezza del lavoro e prepara altre due manifestazioni insieme alla Cgil. Perché la Cisl non è a loro fianco? Noi pensiamo che le strade divisive non servano a nulla. La salute e la sicurezza si tutelano con una mobilitazione in forma attiva nei luoghi di lavoro, attuando un’azione preventiva praticata con i contratti di lavoro e introducendo elementi di partecipazione dei lavoratori.

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