mercoledì 13 aprile 2011
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La Commissione Ue ha inflitto una multa di 315,2 milioni di euro a Procter&Gamble e a Unilever per un cartello con la società Henkel sul mercato dei detersivi da bucato in otto Paesi europei. L'ammenda inflitta alle due società, spiega la Commissione, include una diminuzione del 10% perché hanno riconosciuto i fatti addebitati. Henkel invece è stata graziata perchè ha rivelato l'esistenza dell'intesa tra le tre aziende, principali produttrici in Europa di polvere per il bucato.Unilever dovrà pagare un'ammenda pari a 104 milioni di euro, mentre quella per Procter & Gamble ammonta a 211,2 milioni. In entrambi i casi la multa è stata ridotta, dopo un accordo con la Commissione.Il cartello, avviato nel 2002 e proseguito fino al 2005, nel settore della vendita di un prodotto di largo consumo come i detersivi in polvere per lavatrici, ha coperto l'Italia, ma anche il Belgio, la Francia, la Germania, la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l'Olanda. L'intesa tra le compagnie, secondo quanto ha spiegato il commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia, utilizzava l'iniziativa volta a migliorare le performance ambientali dei detersivi, promossa dall'associazione di categoria che rappresenta le imprese del settore. «Approfittando di questa iniziativa volta a ridurre l'imballaggio, le compagnie si sono accordate per non abbassare il prezzo pur diminuendo la quantità nella confezione», ha spiegato Almunia rilevando che nel mirino dell'antitrust Ue non è finita l'attività dell'associazione di categoria che ha promosso un'iniziativa ambientale lodevole, bensì quella delle compagnie che ne hanno tratto profitto per organizzare un cartello.L'indagine della Commissione, che è durata tre anni, è stata avviata nel 2008 dopo che le rivelazioni di Henkel, società coinvolta nell'intesa con Procter & Gamble e Unilever. «Le società - ha sottolineato Almunia - non devono farsi illusioni sulla determinazione della Commissione a proseguire con forza nella lotta contro cartelli che impongono ai consumatori prezzi più alti di quelli che pagherebbero in un quadro di concorrenza sana e leale».
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