Uno dei dieci team finalisti alla II edizione di Bioupper presenta il proprio progetto
Ma chi l'ha detto che i "cervelli italiani" devono per forza andare all'estero? Anche il nostro Paese, infatti, è in grado di attrarre ricercatori e imprenditori che hanno voglia di rischiare e realizzare le proprie idee. Soprattutto se esistono enti e istituzioni che credono nelle nuove generazioni. BioUpper è un valido esempio di questa capacità di valorizzare i nostri laureati: l’iniziativa promossa da Novartis e Fondazione Cariplo è nata a sostegno dei giovani talenti che vogliono creare una start-up nelle scienze della vita, in collaborazione con PoliHub – l’incubatore gestito dalla Fondazione Politecnico di Milano – e con la validazione scientifica di Humanitas, gruppo ospedaliero e avanzata struttura di ricerca.
Proprio oggi, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha premiato, nella sede del ministero della Salute, Kyme, Postbiotica e Probiomedica, i tre team vincitori della seconda edizione di BioUpper. «Sono molto contenta di poter premiare i vincitori della seconda edizione, il fatto che questa iniziativa stia continuando a crescere ne testimonia la forza e la validità, grazie alla collaborazione tra istituzioni, istituti di ricerca, ricercatori, strutture sanitarie, aziende e investitori - ha spiegato il ministro Lorenzin -. Il programma mette in luce la nostra capacità di fare ricerca e innovazione, soprattutto nel campo biomedicale, dove in nostri ricercatori si distinguono per una formazione di altissimo livello. Spero che tutto questo possa avere una ricaduta in termini di brevetti e crescita imprenditoriale nel Paese: il trasferimento tecnologico è uno degli aspetti su cui sta puntando moltissimo il ministero della Salute».
I team che sono saliti sul podio hanno ricevuto un voucher da 50mila euro ciascuno, da parte di Novartis e Fondazione Cariplo, da investire nello sviluppo del loro progetto sul mercato. A valutarli è stata una giuria costituita da esponenti del mondo delle imprese, della ricerca, della finanza e delle istituzioni, attivi nello sviluppo di nuove aziende ed esperti nelle aree di supporto all'imprenditorialità.
Le tre idee di business che hanno conquistato i giurati rientrano nei seguenti ambiti del settore biomedicale: nanotecnologie applicate alla diagnostica medica (Kyme) e trattamenti terapeutici alternativi (Postbiotica e Probiomedica). Kyme applica le nanotecnologie alla diagnostica medica per migliorare i mezzi di contrasto oggi in uso clinico, permettendo un’identificazione precoce e più accurata delle patologie. Grazie alla maggiore efficacia della formulazione, è possibile aumentare il contrasto delle immagini di Risonanza Magnetica, ridurre la quantità di prodotto iniettabile e conseguentemente la sua tossicità.
Postbiotica sviluppa nuove terapie a base di derivati di batteri – ottenute grazie a un innovativo metodo di fermentazione – per prevenire e curare in modo naturale un ampio spettro di infiammazioni: dalle reazioni allergiche alle malattie croniche dell’intestino e del tratto uro-genitale.
Probiomedica offre un’innovativa fototerapia per la cura dell’infezione da Helicobacter pylori, studiata per i pazienti antibiotico-resistenti, che rappresentano circa il 25% del totale. Il dispositivo è una capsula ingeribile che, una volta giunta nel tratto gastrico, eradica il batterio emettendo luce, evitando così gli effetti collaterali dell’attuale terapia antibiotica.
«L’ospitalità offerta dal ministero della Salute alla finale di BioUpper 2017 testimonia l’importanza della collaborazione attiva tra soggetti pubblici e privati nel disegnare il futuro delle bioscienze in Italia - ha dichiarato Georg Schroeckenfuchs, ceo e Country president di Novartis Italia -. L’esperienza positiva di BioUpper indica un percorso imprenditoriale credibile per le migliori idee di business espresse dalle life sciences nel Paese. Idee che sanno integrare le più avanzate tecnologie disponibili, creando soluzioni che migliorano l’offerta di salute ai pazienti e, allo stesso tempo, contribuiscono a salvaguardare la sostenibilità del sistema. Proprio nella capacità di promuovere ‘l’innovazione sostenibile’, nel panorama della sanità italiana, credo risieda una delle più significative qualità di BioUpper».
Nella presentazione di oggi i partecipanti hanno dimostrato i progressi conseguiti durante l’accelerazione, un percorso di 12 settimane pensato su misura per ciascuna idea d'impresa, nel corso del quale i team hanno consolidato la strategia di sviluppo del loro progetto e ampliato il proprio network, contando su una squadra composta da: tutor, business angel, venture capitalist, consulenti, esponenti di strutture universitarie, incubatori.
Quest’anno l’iniziativa, che per la tappa finale ha ricevuto il patrocinio del ministero della Salute e del ministero dello Sviluppo Economico, ha raccolto 151 candidature, il 30% in più rispetto al 2015, a conferma della validità della sua formula innovativa. La seconda edizione di BioUpper ha beneficiato anche del contributo di Cariplo Factory che, in una logica di open innovation, si propone come punto di riferimento per le start up finaliste nella fase di go-to-market e di scale.
«BioUpper è sinonimo di qualità nel mondo delle start-up e fino adoggi ha permesso a tanti giovani di realizzare il proprio sogno e alla ricerca scientifica di perfezionare nuove idee al servizio del settore biomedicale - ha affermato Giuseppe Guzzetti, presidente di Fondazione Cariplo -. Aver ospitato quest’anno la seconda edizione di BioUpper in Cariplo Factory, l’hub della Fondazione dedicato a progetti di open innovation, ci ha permesso di entrare ancora di più nel vivo della competizione. La qualità e l’originalità delle idee di business è cresciuta molto da un’edizione all’altra e questo è fondamentale in quanto la ricerca ha sempre bisogno di essere sostenuta dall’innovazione perché le scoperte scientifiche possano trasformarsi in prodotti e servizi utili alla collettività».
I dieci team che oggi si sono sfidati nella sessione di pitch – BTeam, Golgi, Holey, Kyme, Newrosparks, PD-Watch, Postbiotica, Probiomedica, WATCh-ME e Wound Viewer – hanno avuto 12 minuti ciascuno per convincere la giuria della validità del loro progetto: sei minuti di presentazione del lavoro di ricerca svolto e 6 minuti di confronto, incalzati dalle domande dei giurati. Uno dei team, WATCh-ME, ha potuto accedere a BioUpper grazie alla wild card che il programma ha offerto ad Hacking Health, movimento internazionale che anche in Italia promuove l’innovazione, stimolando la co-creazione tra il mondo della ricerca e della clinica e quello accademico.
BioUpper è stato lanciato nel 2015 ed ha rappresentato un’opportunità per tutti i partecipanti. Il 60% dei team della prima edizione si è costituito in impresa, mentre il 40% sta continuando la fase di sviluppo del proprio progetto. Il 70% dei team, inoltre, ha stretto delle partnership commerciali e il 50% di questi ha già chiuso contratti con i primi clienti. L’80% dei progetti, poi, ha raccolto investimenti per oltre due milioni di euro, provenienti in particolare da investitori privati e venture capitalist.