mercoledì 14 aprile 2021
Lo scenario della mobilità che ci attende secondo Sergio Savaresi, docente di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano
Un’ipotesi di Smart City del futuro realizzata da Bosch

Un’ipotesi di Smart City del futuro realizzata da Bosch - Bosch

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Anno 2030: sembra lontano, ma è praticamente già qui, dietro una curva. Sulle nostre strade ci sono solo un decimo delle automobili che circolano oggi: sono piccole, leggere, condivise, connesse, con nessuno alla guida. Resta ancora una nicchia ristretta di vetture “emozionali”, destinate al tempo libero di pochi, ma la stragrande maggioranza sono robo-taxi che chiamiamo direttamente da una applicazione sul cellulare per farci venire a prendere, e guidiamo (o lasciamo che ci guidi) nel posto che dobbiamo raggiungere. Ma non capiterà spesso, perché è la mobilità virtuale a dominare le nostre giornate, quella in cui sono le cose a venire da noi.

Non è la trama di un film di fantascienza, ma lo scenario presentato nel corso di Smart Mobility Forum, il primo dei quattro appuntamenti verticali di «City Vision 2021», l’evento ideato da Fiera di Padova e Blum dedicato al futuro dell’Intelligent City. Nel focus “L’impatto della guida autonoma sulle città”, Sergio Savaresi, docente del dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ha spiegato che la rivoluzione della mobilità è progressiva e inevitabile, «se non altro – dice – perché abbiamo ancora solo 2 gradi tollerabili di temperatura innalzabile…». Per capire come sarà il futuro cioè occorre partire dal passato: «Il genere umano – spiega Savaresi - in 150 anni di storia pre-industriale ha innalzato di 1 grado la temperatura del pianeta emettendo circa 2.000 gigatonnellate di CO2 bruciando combustibile fossile. Ora abbiamo solo 2 gradi di budget residuo per evitare sconvolgimenti naturali: significa che per non superare il surriscaldamento massimo, possiamo bruciare solo una piccolissima parte di tutto il petrolio e carbone attualmente disponibile sottoterra, che non potremo utilizzare sebbene esista ancora in enorme quantità».

Per muoverci dunque sarà sempre più indispensabile usare carburanti alternativi, anche se secondo il professor Savaresi, «non è il tipo di alimentazione delle auto il vero acceleratore del cambiamento, ma l’automazione della guida. Che spingerà la condivisione dei mezzi, che a sua volta spingerà l’elettrificazione, mentre la riduzione della taglia delle vetture sarà un effetto collaterale».


2.000GtC
Secondo Sergio Savaresi, «in 150 anni di storia pre-industriale l’uomo ha innalzato di 1 grado la temperatura del pianeta emettendo circa 2.000 gigatonnellate di CO2 bruciando combustibile fossile. Ora abbiamo solo 2 gradi di temperatura residua da non superare per evitare ulteriori sconvolgimenti naturali».

51 g/kWh
«Solo l’elettricità rinnovabile garantisce 'emissioni zero'. In Francia è prodotta in gran parte dalle centrali nucleari e le emissioni di CO2 per kilowattora elettrico sono di conseguenza bassissime (51g/kWh). In Italia, la quota è abbastanza limitata (371 g/kWh), mentre una vettura elettrica in Paesi come l’Estonia produce in media 1.176 g/kWh di CO2 perché l’elettricità che utilizza proviene da fonti fossili».


Auto elettriche quindi, prima che a idrogeno: traguardo quest’ultimo ancora lontano. Ma elettrico vuol dire tutto e niente. «L’industria automobilistica si affanna per aumentare l’autonomia delle vetture a batteria – continua Savaresi – ma quella attuale di circa 300 km con una ricarica completa, è già sufficiente visto che oggi oltre il 50% delle vetture giornalmente ne percorre di meno e potrebbe farsi bastare un “pieno” di corrente effettuato durante la notte. L’unico vero ostacolo alla mobilità elettrica sostenibile è la provenienza dell’energia, che deve essere prodotta solo da fonti rinnovabili per incidere sul processo di CO2».

E qui il criterio di valutazione è essenzialmente geografico. Il professor Savaresi ricorda ad esempio come «oggi in Francia le emissioni di CO2 per kilowattora elettrico siano bassissime (51g/kWh), grazie al fatto che in quel Paese l’energia è prodotta in gran parte dalle centrali nucleari. In Italia, la situazione delle emissioni elettriche è abbastanza soddisfacente (371 g/kWh), mentre una vettura elettrica in Estonia produce ben 1.176 g/kWh perché l’elettricità che usa non proviene da fonti rinnovabili: in pratica inquina molto più di qualunque auto a gasolio di nuova generazione». La mobilità elettrica dunque non è, e non sarà, uguale per tutti.

Sergio Savaresi, docente del Politecnico di Milano

Sergio Savaresi, docente del Politecnico di Milano - .


Tornando all’automazione della guida e al suo ruolo di trascinatrice nell’ambito della futura 'Città Intelligente', sarebbe finalmente utile quantificare i tempi di una simile svolta, secondo molti ancora decisamente lontani. Nella scala della guida senza pilota, che per convenzione è stata classificata in 6 livelli, da L0 a L5 «la tecnologia su strada ha già raggiunto un livello vicino all’L3, quello in cui il guidatore può legalmente disingaggiarsi dal controllo della vettura» e potenzialmente è già oltre, ma i livelli successivi «sono difficili da raggiungere più dal punto di vista normativo che da quello tecnico» e coinvolgono le singole legislazioni perchè cambia la responsabilità legale in caso di incidente. I tempi di sviluppo quindi dipenderanno dalla fiducia degli acquirenti verso questa tecnologia, ma ancor più dallo sviluppo dei sistemi regolatori che i Paesi adotteranno in materia.

Uno studio del Politecnico comunque ha stimato che tra 10 anni per soddisfare i bisogni della mobilità sarà sufficiente un decimo del parco circolante attuale. Questo essenzialmente per il prevedibile sviluppo dei robo-taxi in grado di spostare più persone singolarmente o insieme, e per l’aumento progressivo della mobilità virtuale. «Il Covid – spiega il professore – ha accelerato un trend che era comunque già in atto, limitando gli spostamenti per motivi di lavoro e sostituendoli con le riunioni e le conferenze da remoto ». Usando due neologismi arditi ma che diventeranno probabilmente di uso comune, «nei prossimi anni assisteremo sempre più a una “Uberizzazione” della mobilità delle persone e alla “Amazonizzazione” dello spostamento delle merci e delle cose. I progetti in questo senso di automi robotizzati che trasportano la spesa e i pacchi a casa come Yape, il postino-robot creato dal Politecnico, saranno sempre più frequenti in città dove conviveranno pochi reduci della mobilità tradizionale per il tempo libero, gli attori della mobilità locale leggera (biciclette e pedoni) e i nuovi mezzi senza pilota».

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