mercoledì 4 ottobre 2023
Il tasso del Btp a 10 anni sul mercato secondario è ai massimi dal 2012. Ma si tratta di una tendenza globale legata alle politiche di Fed e Bce per calmierare l'inflazione
Sale la tensione sui Titoli di Stato: rendimenti oltre il 5%

Ansa

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Sono giornate frenetiche per il mercato obbligazionario globale. E i titoli di Stato italiani non fanno eccezione, con un occhio di riguardo per il famigerato Spread, il differenziale di rendimento tra Btp e Bund tedesco spesso definito come “il termometro del rischio Paese”. Ieri il tasso del Btp a 10 anni sul mercato secondario (cioè non in asta) ha toccato il 5% per la prima volta dal 2012, salvo poi rallentare, mentre lo Spread è riuscito a bloccare l’avanzata sotto i 200 punti base.

Anche il rendimento sul decennale tedesco ha frenato, dopo aver raggiunto il 3%, così come quello dell’omologo titolo governativo americano, che nelle ore precedenti aveva superato il 4,8%, livello più alto addirittura dal 2007. La tendenza è dunque globale, anche se l’allargamento dello Spread segnala che il rendimento italiano, seppure di poco e in maniera molto graduale, cresce più di quello tedesco, che fa da riferimento per i titoli europei. E quindi è percepito come più rischioso. Questo a causa del livello strutturalmente alto del debito italiano che riduce potenzialmente il margine di manovra per stimolare l’economia. Oltretutto è un cane che si morde la coda, perché il Tesoro è costretto a pagare interessi più alti e dunque vede ridursi ulteriormente lo spazio di intervento.

I mercati finanziari in particolare nelle ultime due settimane hanno reagito in modo volatile all’incerto scenario macro-economico e alla minaccia di tassi di interesse elevati per un periodo prolungato. I primi avvertimenti erano arrivati a metà settembre all’ultimo meeting della Fed, peraltro reiterati nelle ultime ore da vari esponenti della banca centrale americana.

Ieri invece ha preso la parola la presidente della Bce, Christine Lagarde, che in un discorso alla Conferenza di politica monetaria di Francoforte ha spiegato: «Sulla base della nostra valutazione attuale, riteniamo che i tassi d’interesse chiave della Bce abbiano raggiunto livelli che, se mantenuti per una durata sufficientemente lunga, contribuiranno in modo significativo al ritorno tempestivo dell’inflazione al nostro obiettivo a medio termine».

Le decisioni future della Bce, ha aggiunto, continueranno ad essere basate sui tre criteri dell’outlook dell’inflazione, delle dinamiche dell’inflazione di fondo e della forza di trasmissione della politica monetaria e «garantiranno che i tassi d’interesse siano fissati a livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario». La banchiera centrale ha così confermato le indicazioni del meeting di settembre, senza sorprese, ma non ha neppure risollevato il morale del mercato, che appunto resta cauto e naviga a vista.

Peraltro l’economia dell’Eurozona continua a mostrare segni di debolezza: ieri gli indici Pmi dei servizi di settembre sono stati leggermente migliori delle attese ma ancora in territorio di contrazione. Per gli Stati Uniti invece, pur con qualche incertezza, viene sostanzialmente confermato lo scenario di un atterraggio morbido.

Tornando al Vecchio Continente, secondo l’outlook di Scope Ratings, diffuso ieri, «le condizioni finanziarie europee restano tese: è probabile che ci sia poco respiro per le famiglie e le imprese prima del 2025. Le condizioni di credito - spiega l’agenzia di rating europea - rimangono rigide rispetto agli standard storici recenti, mentre il mantra delle banche centrali “più alto per più tempo” si afferma nei mercati finanziari e la raccolta bancaria continua a riprezzare per riflettere l’aumento dei tassi a breve termine e le condizioni di prestito più rigide».

Si rischia pertanto una tempesta perfetta. Un segnale di ottimismo, per ora solo passeggero sui mercati, è arrivato la scorsa settimana con la frenata dell’inflazione, mediamente più netta del previsto a settembre nei 20 Paesi che condividono la moneta unica. Il dollaro però si è rafforzato, anche a spese dell’euro, rendendo meno probabile al momento un allentamento monetario da parte della Bce, in quanto accentuerebbe gli squilibri valutari. Quanto alle Borse, ieri Piazza Affari ha chiuso negativa per la terza seduta di fila.

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