sabato 21 giugno 2014
«In un periodo complesso come questo, con una disoccupazione sempre crescente, vogliamo mettere l'accento sul ruolo delle cooperative sociali nei processi di inserimento lavorativo», spiega Paola Menetti, presidente nazionale di Legacoopsociali.
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Secondo le ultime rilevazioni Istat, le cooperative sociali in Italia sono 12mila. Di queste, circa 3mila aderiscono a Legacoopsociali. Di queste, il 34% si occupa di inserimento lavorativo e il 35% è al Sud: 120mila le persone occupate, di cui 12mila svantaggiate (secondo la definizione all'articolo 4 della legge 381 del 1991 che include: invalidi fisici, psichici e sensoriali; ex pazienti di ospedali psichiatrici anche giudiziari; soggetti in trattamento psichiatrico; tossicodipendenti; alcolisti; minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare; detenuti; condannati ammessi alle misure alternative)."In un periodo complesso come questo, con una disoccupazione sempre crescente, vogliamo mettere l'accento sul ruolo delle cooperative sociali nei processi di inserimento lavorativo - spiega Paola Menetti, presidente nazionale di Legacoopsociali -. Diamo fiducia a quelle realtà che hanno contribuito, e continuano a farlo, a creare lavoro per le fasce più fragili della società". Secondo Menetti, troppo spesso si tralascia un aspetto chiave: le coop sociali non solo avviano lepersone svantaggiate verso un'autonomia, ma producono sviluppo economico: "Se queste persone non lavorassero, sarebbero assistite dallo Stato. Così, invece, versano tasse e contributi. E, ovviamente, consumano, perché fanno una vita normale"."Quello che le coop sociali chiedono non sono agevolazioni fiscali, ma un ambiente favorevole". Quattro i suggerimenti chiave della presidente: accesso al credito meno drammatico e regime fiscale non penalizzante; rapporto migliore con la pubblica amministrazione, perché torni a pagare con regolarità; valorizzazione di questo genere di esperienze, che oltre a essere soggetti solidali spesso sono aziende vere e proprie che occupano fette di mercato prima non battute (e che non si esauriscono nella gestione del verde o nelle imprese di pulizie); maggiore collaborazione con le coop in oggetto, perché la vocazione sociale diventi un dato strutturale dell'economia. "Lavorare oggi è difficile per tutti, ma per qualcuno lo è di più", chiosa Menetti."Il Governo Renzi ha avanzato intenti molto interessanti. Ha messo in luce un'attenzione alla realtà dell'economia sociale mai colta prima. Bene, per esempio, la scelta di mantenere l'aliquota Iva al 4% per le coop sociali. Ora stiamo a vedere. Ma attenzione: alla nuova, ventilata, centralità delle imprese sociali non deve corrispondere un minore impegno da parte dello Stato. Il ruolo del pubblico resta centrale, in primis come garante dei diritti di tutti i cittadini". Menetti spiega chel'attuale governo, complice anche le direttive europee, sembra pronto ad accettare che, oggi, i protagonisti dell'economia sono tre: Stato e mercato, certo, ma anche tutte queste nuove capacità dei cittadini di auto-organizzarsi. A luglio comincerà il semestre di presidenza italiana in Europa: la strategia Europa 2020 varata nel 2010 è il progetto per rilanciare l'economia dell'Unione, che dovrà essere "intelligente, sostenibile e solidale", come ha spiegato JosèManuel Barroso, presidente della Commissione europea. "L'Europa ha già stabilito alcune linee guida, a partire dalla decisione di riservare una quota degli appalti dati dalle istituzioni a imprese che abbiano nel proprio organico almeno il 30% di dipendenti svantaggiati. Ha reso vincolanti le clausole sociali e sta lavorando a una nuova definizione di impresa sociale, nella quale la maggior parte degli utili non sia destinata al profitto ma reinvestita in sostenibilità. L'Italia in Europa dovrà lavorare duro in questa direzione".
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