mercoledì 14 settembre 2022
Il ministro: "Verso territori e città più accessibili. L'auto elettrica? Senza incentivi sia ai consumatori sia ai produttori si rischia di lasciare molte persone indietro"
Giovannini: "Mobilità sostenibile, in 10 anni l'Italia può svoltare"
COMMENTA E CONDIVIDI

Ministro Enrico Giovannini, il 26 febbraio 2021 il dicastero delle Infrastrutture e Trasporti che lei guida diventava Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, adeguandosi a una realtà di crescente importanza. Dopo 17 mesi, che bilancio si può fare?

In primo luogo, quello della 'mobilità sostenibile' è diventato da allora un concetto usato ovunque anche in Italia. E ha iniziato a comprendere tutto il mondo dei trasporti (compresi gli aerei e le navi); mettendo in moto una profonda trasformazione. Non solo perché la transizione ecologica dei trasporti è imposta dai regolamenti europei, ma perché la sensibilità delle persone è cresciuta straordinariamente in questa direzione. È stato compreso, tra l’altro, che questo è un elemento competitivo e a livello locale, grazie al lavoro fatto con Regioni, Province e Città metropolitane, i fondi investiti nel trasporto locale vanno tutti in una stessa direzione, cioè la mobilità sostenibile, indipendentemente dal colore politico di chi le governa.

Quante risorse sono state destinate alla mobilità green?

Considerare solo i fondi del Pnrr è limitativo. L’impegno del governo non ha mirato solo al trasporto pubblico e privato, ma anche alla sicurezza della mobilità, che è una parte importante della sostenibilità. Dunque, abbiamo investito oltre 13 miliardi sulla manutenzione delle strade provinciali e regionali – che, ricordo, il Pnrr non contemplava – e oltre 2 miliardi per la digitalizzazione e il monitoraggio di ponti, viadotti, ecc. Quanto alle ferrovie, ai 36,6 miliardi del Pnrr ne abbiamo aggiunti 18. E dai 3,6 previsti per il trasporto rapido di massa siamo arrivati a 8,7. Complessivamente, siamo quasi a 80 miliardi di fondi già assegnati ai vari progetti.

È cambiato anche il modo di valutare gli interventi sulle infrastrutture dal punto di vista della sostenibilità ambientale e sociale, visto che è stato calcolato che il 70% del Pnrr di competenza del suo ministero contribuisce alla lotta alla crisi climatica, contro la media del 37% dell’intero Piano...

Questo perché abbiamo fatto una scelta a tutto campo adottando linee guida stringenti, non solo in linea con il Green deal Ue ma anche con le preferenze degli enti locali. Ne è una prova il rinnovamento degli autobus che abbiamo obbligato a sostituire – con scadenza 2023 per gli Euro 4 – con mezzi ecologici. Rinnovamento che non significa solo l’eliminazione dei motori più inquinanti, ma anche migliori dotazioni, dato che il nostro parco veicoli ha un’età media elevata e non possiede piattaforme per i disabili, spazi per biciclette e monopattini e telecamere di videosorveglianza. Abbiamo avviato una trasformazione che durerà anni, ma che va in una direzione precisa condivisa dai soggetti privati e dai gestori dei trasporti locali. Lo chiedono i cittadini, prima ancora che le normative. Abbiamo poi cambiato il codice della strada, adeguato alle nuove realtà delle auto elettriche, le regole sulla circolazione dei monopattini e delle biciclette elettriche per una maggiore sicurezza. Abbiamo potenziato la figura del mobility manager per migliorare la vita delle città attraverso una migliore organizzazione dei tempi di spostamento e forme di mobilità più ecologiche.

La mobilità pubblica locale resta il mezzo più efficace per diminuire traffico e smog. Cosa è stato fatto per eliminare le forti criticità che esistono?

Oltre ad aumentare i fondi destinati al trasporto locale abbiamo cambiato i criteri per il loro uso: accanto al criterio della spesa storica per ripartirli tra le regioni, ci sono fondi per progetti che tendono ad assicurare livelli adeguati di servizio ai cittadini o sperimentazioni innovative. Indietro insomma non si torna.

La sfida dell’elettrificazione per la mobilità è uno dei temi più caldi. Lo stop alla vendita di vetture nuove con motore endotermico fissata per il 2035 ha sollevato forti perplessità, specie alla luce della situazione del mercato e dei rincari energetici ed elettrici in particolare. Qual è la sua posizione?

Il mercato risente della grande incertezza generale e della preoccupazione delle famiglie che in questo momento non hanno i beni durevoli come le automobili nella lista delle loro priorità. Il Pnrr investe molto sulla diffusione delle stazioni di ricarica elettriche cercando di recuperare gli anni di ritardo che questo Paese ha accumulato. L’aspetto più rilevante però è che noi dobbiamo accompagnare il sistema alla transizione dal lato della domanda, ma anche da quello dell’offerta, aiutando le imprese che si devono riconvertire. Senza incentivi per entrambi, tutto risulta più difficile e rischia di lasciare molte persone indietro. Con il fondo di 750 milioni quest’anno e di 1 miliardo l’anno fino al 2030, il governo ha deciso di investire su ambedue le dimensioni del problema.

Aiutare le imprese per agevolare la trasformazione del settore è l’altra urgenza...

Abbiamo bisogno di virare sull’elettrico, o sull’idrogeno, anche nel trasporto commerciale pesante e spingere le nostre realtà industriali a restare nella meccanica ed essere in grado di fornire componenti non solo per l’auto, ma per tutti i comparti dell’automotive. I 300 milioni che abbiamo messo a disposizione per aumentare l’offerta nazionale degli autobus hanno cominciato a produrre qualche effetto, come nel caso di Iveco che ha deciso di tornare a produrre in Italia.

A che punto siamo con l’idrogeno per autotrazione, la grande scommessa del futuro?

È una delle alternative all’elettrico e probabilmente le due soluzioni coabiteranno. Seguendo il Pnrr, entro il 2026 creeremo 40 stazioni di rifornimento lungo le principali reti autostradali: stiamo poi per emanare un decreto per regolamentare gli impianti di rifornimento anche alla realtà dell’idrogeno. Che riguarda anche l’alimentazione dei treni, come avverrà a livello sperimentale in Valcamonica e in Abruzzo.

Il 16 settembre si apre la Settimana Europea delle mobilità sostenibili. Quali sono le proposte italiane e gli scenari ipotizzabili?

La parola chiave della Settimana è 'connessione' e i passaggi chiave sono cinque: investire sulla 'cura del ferro' collegando porti (11), aeroporti (11) e interporti (9) con le ferrovie. Potenziare le ferrovie regionali e connetterle all’alta velocità, aumentando l’accessibilità alle principali direttrici per chi vive nelle aree interne. E poi puntare sulla sicurezza stradale e ferroviaria, rinnovare il parco circolante (auto, treni, autobus, ecc.) in senso ecologico, digitalizzare le infrastrutture per avere più servizi a parità di reti fisiche. Infine, il cambio di mentalità e delle abitudini verso la mobilità 'dolce'. L’Italia in 10 anni può svoltare davvero.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: