giovedì 17 febbraio 2022
Sono oltre 108mila le aziende di proprietà familiare su 130mila complessive. Hanno resistito meglio alla pandemia. Mentre le reti possono diventare un modello per intercettare le opportunità del Pnrr
Le imprese familiari cercano manager

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Le imprese familiari sono più innovative e più "verdi" rispetto alle altre imprese. Il 18% delle aziende a proprietà familiare ha investito in tecnologie 4.0 tra il 2017 e il 2020, contro il 15% delle altre realtà produttive. Una propensione a innovare che sale al 22% quando la gestione è affidata a un manager esterno. Inoltre sono maggiormente attente ai temi della sostenibilità, il 27% ha già realizzato investimenti "verdi" tra 2017-2019 contro il 24% delle altre attività imprenditoriali. E investirà sempre di più anche nel post-crisi da Covid-19: il 18% conta di investire in green entro il 2023 contro il 12% delle imprese non familiari. È quanto emerge da un’analisi del Centro Studi Tagliacarne sul capitalismo familiare, dorsale del sistema produttivo italiano, su un campione di imprese manifatturiere tra i 5 e i 499 addetti. L’imprenditoria familiare italiana è una realtà che riguarda quattro imprese su cinque, più precisamente nel 2020 si contano oltre 108mila imprese manifatturiere di proprietà familiare su 130mila complessive. È soprattutto al Nord che si insidia il 62% del family business, mentre il 21% è al Centro e il 17% al Sud. Solo il 9% di queste imprese fa ricorso a manager esterni per competere sui mercati. Sono in particolare le aziende medio-grandi a essere maggiormente propense ad affidarsi a una guida esterna (il 18%). E quando questo accade, è più forte la spinta all’innovazione: il 22% delle imprese familiari guidate da manager ha investito in tecnologie 4.0 rispetto al 17% delle imprese di famiglia, ma con manager appartenenti al nucleo familiare. Una percentuale che sale al 24% nelle realtà imprenditoriali del Centro-Nord. Dietro questo maggiore impulso alla digitalizzazione da parte dei manager esterni c’è l’esperienza accumulata in contesti aziendali diversificati: il 69% dei manager che lavorano nelle imprese a proprietà familiare ha avuto esperienze di direzione di impresa in Italia o all’estero, contro il 52% dei manager di famiglia. La transizione digitale è minore nelle imprese familiari a guida femminile, il 15% ha investito in tecnologie abilitanti contro il 18% delle imprese capitanate da uomini. Un gap che si annulla totalmente quando le capitane di imprese familiari scelgono di affidarsi a professionalità manageriali reperite sul mercato: il 25% contro il 22% di quelle maschili guidate da manager esterni. Più nel dettaglio, le familiari puntano maggiormente sui Big data (14% contro il 9% delle imprese totali che investono in tecnologie 4.0) ma meno sulla robotica (17% contro il 21%).

Anche secondo il XIII Osservatorio Aub, le imprese familiari hanno resistito meglio alla pandemia. Sono stati analizzati i bilanci di tutte le 11.803 aziende familiari italiane con fatturato superiore ai 20 milioni di euro, pari al 65,7% delle imprese italiane di quelle dimensioni. L’Osservatorio indica due ragioni per la buona performance delle aziende familiari. A livello di contesto, la crisi del 2020 ha mostrato un andamento a V, con un forte calo dei fatturati seguito da un secco rimbalzo e una crescita altrettanto forte. Le aziende familiari, però, hanno avuto il merito di presentarsi all’appuntamento con una solidità patrimoniale nettamente migliore rispetto a dieci anni prima. Nel 2009 le imprese familiari con indicatori di solidità critici erano il 30,9%, mentre nel 2020 solo il 21,8%. A conferma di tale andamento, nel biennio 2020-2021 l'incidenza delle imprese familiari entrate in procedure liquidatorie o concorsuali è stato pari al 1,7%, meno della metà della incidenza nel biennio 2009-2010 che fu pari a circa il 4%. In particolare, emerge un segnale critico riguardo all’età dei leader e dei consiglieri di amministrazione. La presenza di under 40 tra i leader, in dieci anni, è crollata: dal 16,9% all’8,7% se si considera il leader più giovane dei team di vertice, addirittura dal 9% al 3,3% se si considera il più anziano. Il 73,1% dei cda delle imprese più piccole e il 71,4% di quelle più grandi non comprende neppure un under 40, in netto peggioramento dal 52,9% e 54,1% del 2010. Il progressivo invecchiamento delle aziende familiari è un brutto segnale, che diventa ancora peggiore nel momento in cui il Paese si appresta a investire le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza soprattutto in nuove tecnologie.

Reti d'impresa, modello per intercettare le opportunità del Pnrr

Le reti d'impresa si confermano determinanti per fronteggiare la pandemia e accompagnare la ripresa economica, favorendo le performance delle singole imprese che insieme migliorano la trasformazione tecnologica, il rafforzamento delle relazioni, l’acquisizione di nuove competenze. Questa è la fotografia fornita dal III Rapporto dell’Osservatorio nazionale sulle reti d’impresa, a cui partecipano InfoCamere, RetImpresa e il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Il fenomeno delle reti ha fatto registrare una crescita costante anche nell’ultimo anno. Nel 2021 i contratti di rete sono infatti aumentati del 13,3% (+885 nuovi contratti rispetto al 2020) e le imprese in rete del 10% (+3.849 rispetto al 2020); si confermano prevalenti le ‘reti contratto’ (85%). In totale, al 31 dicembre 2021 si contano 42.232 imprese in rete per un totale di 7.541 contratti di rete. Le imprese più coinvolte nei contratti di rete appartengono a tre settori: agroalimentare (22%), commercio (14%) e costruzioni (12%) e hanno sede nel Lazio (24,3%) seguito da Lombardia (10,5%) e Veneto (7,8%). L’Osservatorio, sulla base della ricerca condotta tra giugno e luglio 2021 su un campione di 241 reti, evidenzia come le reti più performanti, efficaci, coese e resistenti alla pandemia sono dotate di risorse e competenze complementari - soprattutto intangibili – sono simili come mercato di riferimento e considerano importanti le tecnologie legate ai dati e all’automazione, soprattutto nel made in Italy. Specifici focus riguardano la digitalizzazione, il ruolo delle startup e delle grandi imprese in rete e la filiera delle scienze della vita. Con riferimento agli obiettivi, le reti intervistate mostrano una maggiore propensione rispetto al passato per l’aumento del potere contrattuale, la riduzione dei costi di produzione, la formazione e la partecipazione a bandi e appalti. Resistono, seppure con meno forza, i temi dell’innovazione, dell’internalizzazione e del marketing in rete, anche per effetto del proseguire della crisi pandemica. Infine, dal Rapporto emerge la tendenza delle imprese in rete a confermare nel tempo l’utilizzo di questo modello, che ben si adatta alla struttura industriale italiana e alle sue esigenze, anziché optare per diverse e più tradizionali forme di aggregazione.

Percorsi di accompagnamento alla sostenibilità

Seltis Hub, il centro di esperienze, competenze e opportunità nell’ambito delle Risorse Umane, società controllata di Openjobmetis, e Right Hub, società di consulenza nata per favorire la sostenibilità ambientale, sociale, etica ed economica nei processi delle imprese, uniscono le forze e si propongono alle pmi italiane per accompagnarle lungo la strada dello sviluppo sostenibile. In un contesto come quello attuale in cui il mercato e la legislazione a più livelli richiedono alle imprese l’impegno nel raggiungere costantemente obiettivi di sostenibilità sociale e ambientale oltre che economica, Seltis Hub e Right Hub offrono alle aziende desiderose di non rimanere indietro nella sfida della Csr (Corporate Social Responsibility) un affiancamento strategico per rendere la sostenibilità un asset culturale dell’azienda stessa e non solo un obbligo da adempiere. Oggi le società di investimento, infatti, includono i parametri Esg (Environment-Social-Governance) nella valutazione delle imprese a cui destinare risorse per lo sviluppo sul mercato. Al contempo, nelle società di servizi e nelle grandi realtà produttive, ogni anello della “catena” (partner, fornitori, consulenti, clienti, ecc.) deve rispettare criteri di sostenibilità e dimostrare di contribuire con la propria attività agli impegni per lo sviluppo sostenibile, secondo specifici indici che ormai sono anche prassi consolidata nei bandi di gara sia privati che pubblici. A ciò si aggiungono le legislazioni in vigore a più livelli (comunitario e nazionali) che impongono il rispetto di alcuni punti, come per esempio, per citarne alcuni, gli obblighi di redazione della dichiarazione non finanziaria (Dnf) per le grandi aziende e di prossima estensione anche alle pmi, il rispetto dei sei obiettivi europei a tutela dell’ambiente come garanzia per rientrare negli investimenti inclusi nei Pnrr e, da ultimo, ma non certo per importanza, le agevolazioni fiscali sempre più legate all’impegno delle imprese in sostenibilità.

Formaper, creare un'impresa per creare lavoro

Creare impresa per creare lavoro, arriva Yes I Start Up, percorso gratuito di formazione all'autoimpiego che fornisce le competenze necessarie a trasformare un'idea imprenditoriale in realtà, realizzato da Formaper. Si rivolge ai giovani tra i 18 e i 29 anni, che non studiano e non lavorano, alle donne che non lavorano, a persone disoccupate da almeno 12 mesi. Verranno realizzati corsi mirati a trasmettere le competenze necessarie per avviare la propria start up, dalla creazione del business plan alla preparazione della documentazione richiesta per avviare l’attività. Il corso per giovani, con candidature aperte fino al 18 febbraio 2022, inizia martedì 22 febbraio, con chiusura mercoledì 9 marzo. Il corso per donne e disoccupati, con candidature aperte entro il 25 febbraio 2022, inizia giovedì 3 marzo e si conclude venerdì 25 marzo. L'attività formativa comprende due diversi momenti. La Fase A, con moduli di formazione di base, ha una durata complessiva di 60 ore. La Fase B con un modulo di accompagnamento e di assistenza tecnico-specialistica e personalizzato, viene erogata in forma individuale o per piccoli gruppi (massimo 3 allievi), per la durata di 20 ore. Il corso formativo viene realizzato a distanza con piattaforma in live streaming dedicata. I moduli hanno la durata di cinque ore cadauno, ogni giorno per 16 giorni. Concluso il percorso formativo e creato il business plan, si potrà decidere se aderire al Fondo SELFIEmployment, che prevede un finanziamento fino a 50.000, a tasso zero senza garanzie. Per candidarsi occorre realizzare una breve descrizione del proprio progetto imprenditoriale. Informazioni per partecipare a questo link.

"Il mestiere di Fare Impresa"

Non si è imprenditori per nascita né il titolo si consegue con una laurea. Si diventa imprenditori coltivando i propri talenti, accrescendo capacità e competenze, superando i propri limiti. Il mestiere di Fare Impresa è indirizzato a chi sta già lavorando o sta studiando e vorrebbe diventare imprenditore. Una lettura rapida consente di acquisire gli elementi per valutare e capire il proprio grado di potenziale. Scorrevole come un racconto richiede poche ore di lettura per avere un quadro sul profilo dell’imprenditore, sul rapporto con i soci e sulla finanza per la nuova impresa. Il volume è rivolto al mondo della scuola e dell’Università, agli imprenditori che vogliono innovare e a tutti i potenziali neo-imprenditori. Studiosi di organizzazione, giornalisti, operatori di media e siti Web, possono trovare esempi e storytelling. Sono questi alcuni elementi di presentazione del volume Il mestiere di Fare Impresa di Michele Raffa pubblicato per i tipi della ESI-Edizionini Scientifiche Italiane nel 2021. L'anno scorso ha incontrato grandi consensi la formula del tour. Vi sono state più di 70 testimonianze, decine di startupper, centinaia di presenti. Migliaia di partecipanti on line con tanti interventi. L’autore del libro Michele Raffa, imprenditore, formatore e fondatore di varie startup, in genere svolge un piccolo intervento alla fine di ogni tappa. Parlano prima gli studenti delle scuole superiori e dell’Università che hanno fatto impresa, gli imprenditori che vogliono innovare e che ospitano la tappa. Parlano le donne e i giovani che hanno avviato una giovane impresa raccontando le loro difficoltà e ricevendo poi delle risposte operative e pratiche dagli esperti e dai consulenti. Piace la formula della tappa che mette insieme imprese sociali, con quelle culturali, con le imprese della solidarietà e che si alimenta dell’intreccio tra i saperi scientifici e quelli umanistici.


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