venerdì 18 dicembre 2020
Per il presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi, che associa 5mila imprese, «gli ammortizzatori sociali da soli non bastano, sono le politiche attive lo strumento per superare la crisi»
Massimo Stronati, presidente di Confccoperative Lavoro e Servizi

Massimo Stronati, presidente di Confccoperative Lavoro e Servizi - Archivio

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Massimo Stronati è il presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi, che associa 5mila imprese con 220mila soci e oltre 170mila addetti nell'edilizia, nel trasporto merci e persone, vigilanza e guardiania, pulizie e sanificazioni, ristorazione e ambiente-energia.

Che cosa chiede Confcooperative Lavoro in questa fase della pandemia?
Abbiamo bisogno di più lavoro e meno ammortizzatori. Il lavoro vero deve tornare al centro delle politiche attive. È necessario insistere sugli incentivi alle assunzioni. Il rifinanziamento del reddito di cittadinanza, la proroga della Naspi, i ristori e i sussidi devono lasciare il posto a progetti con il lavoro al centro, per imprese protagoniste di un vero rilancio.

In che senso?
Penso allo stoccaggio dei vaccini nelle basi militari. Se i trasporti dovessero essere effettuati dalle Forze armate o dalla Protezione civile, si toglierebbe una opportunità di lavoro alle imprese della logistica. Mentre le aziende hanno un gran bisogno di essere aiutate e non assistite. Misure come il taglio dei costi delle bollette, abbattendo oneri di sistema e un contributo parziale o totale per gli affitti sono utili, ma non risolutive. Ci sono imprese che rischiano seriamente di chiudere i battenti. Penso al trasporto persone, in particolare legato all'indotto turistico, ai lavori di fornitura di servizi. Al trasporto scolastico e alla ristorazione. Occorre realizzare un sistema di finanziamento alle imprese con il credito accessibile e con fideiussioni garantite dallo Stato. È necessario il credito d'imposta per rimborsare le spese per i dispositivi di protezione individuale.

Quali suggerimenti, concretamente?
Abbiamo superato i momenti difficili con una rete solidale cooperativa. Abbiamo il dovere della speranza, di lavorare per la costruzione di un Paese che possa offrire un avvenire ai nostri giovani. Dobbiamo saper sfruttare i fondi europei puntando su formazione e innovazione. Inoltre la politica deve capire che c'è un'imprenditoria strutturata e che correre a perdifiato verso le internazionalizzazioni vuol dire non solo penalizzare chi comunque contribuisce al Pil, ma chi dà lavoro.

Nonostante la pandemia, però, alcuni settori sono in salute…
Con questa emergenza sanitaria, oltre a riconoscere la meritoria opera di medici e infermieri, molti si sono accorti dei lavoratori invisibili: addetti alle pulizie, disinfezioni, sanificazioni, manutenzioni. Da 38 anni opero in questo comparto. Per me il socio lavoratore è al centro e il lavoro è al centro. È una filosofia imprenditoriale forte: il capitale umano anziché quello economico o finanziario. Chi comincia a lavorare la mattina presto, chi fa turnazioni folli, chi prende poco più di mille euro e che comunque ha responsabilità, non può essere considerato invisibile. Sono convinto che chi fa questo lavoro è atavicamente senza liquidità, nonostante solo alcune attività siano a operatività ridotta. Per le altre, tra chi lavora nell'ospedaliero e chi fa sanificazioni, il lavoro va avanti, seppure si stia verificando una sovra responsabilizzazione nei confronti delle imprese. Basti pensare all'articolo 42 del Cura Italia, che prevede il Covid come infortunio sul lavoro, a cui il datore deve rispondere anche penalmente. Ci sono state circolari Inail, ma nessun decreto ha corretto finora la norma.

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