sabato 30 settembre 2023
Il Nobel per l’Economia a Firenze: «Controproducente la strategia della Fed sui tassi. Temo che molti Paesi affronteranno una crisi del debito»
Joseph Stiglitz al Festival dell'Economia civile nel Salone dei Cinquecento del Palazzo Vecchio di Firenze

Joseph Stiglitz al Festival dell'Economia civile nel Salone dei Cinquecento del Palazzo Vecchio di Firenze

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Pubblichiamo una sintesi del colloquio tra Leonardo Becchetti e Joseph Stiglitz avvenuto venerdì al Festival Nazionale dell’Economia civile.

Questa inflazione che colpisce le tasche dei cittadini sembra differente: per anni abbiamo avuto liquidità abbondante e l’inflazione non c’era, poi è sono arrivati la fiammata dei prezzi del gas, dei costi delle imprese, ora parliamo di heatflation. Abbiamo provato a contrastarla agendo sui tassi di interesse. Ma questa inflazione diversa ha forse bisogno di cure diverse?

L’aumento dei tassi di interesse nel modo in cui l’ha portata avanti la Federal Reserve non è la soluzione giusta – risponde Stiglitz –. Era giusto normalizzare i tassi, il livello zero che ci portavamo dietro dal 2008 non era il livello corretto, ma la Fed è andata molto oltre. Questa però non era un’inflazione da eccesso di domanda, ma da problemi della catena di fornitura, come la carenza di chip per le automobili, e c’era la mancanza di abitazioni nei luoghi in cui le persone volevano vivere dopo la pandemia. C’erano una serie di altri problemi dal lato dell’offerta legati alla natura miope del capitalismo. Ma si trattava di problemi temporanei, contro i quali maggiori investimenti avrebbero aiutato. Alzare i tassi era controproducente. Ma c’è un ulteriore aspetto. La Federal Reserve non ha prestato attenzione alle conseguenze sugli altri, alla disuguaglianza nei Paesi in via di sviluppo e ai Paesi altamente indebitati: temo che molti Paesi del mondo si troveranno ora ad affrontare una crisi del debito. Sarà terribile. La Fed non ha nemmeno pensato ai problemi che stava creando negli Stati Uniti. Perché è preda dei mercati finanziari, ha smantellato le regole che aveva introdotto dopo la crisi del 2008. La crisi della Silicon Valley Bank per fortuna non ha prodotto una crisi finanziaria più estesa, ma ci ha mostrato che nell’alzare i tassi la Fed non ha pensato nemmeno alle conseguenze negli Stati Uniti.

La diseguaglianze sono il grande problema che viviamo oggi. Sappiamo che ha dei costi che non vediamo, come il complottismo. Quali possono essere le risposte?

Per risolvere il problema della diseguaglianza dobbiamo analizzare le cause. Non c’è una ricetta unica, ma diverse politiche possibili. Semplificando possiamo dire che le principali fonti di diseguaglianza sono due. La prima sono le diseguaglianze ereditarie, di tipo finanziario e nel capitale umano. Sul lato finanziario abbiamo bisogno di tasse di successione più progressive, per quello che riguarda il capitale umano il fatto triste è che in molti paesi – ad esempio gli Stati Uniti – i sistemi educativi servono effettivamente ad aumentare la disuguaglianza, fin dall’asilo. La seconda grande fonte di disuguaglianza è l’esercizio del potere. I mercati in realtà non sono competitivi. Ci sono diverse espressioni di potere: monopoli, sfruttamenti, discriminazioni, tutte utilizzate per creare enormi disuguaglianze nella nostra società. E il rimedio è abbastanza ovvio: dobbiamo avere leggi forti per fermarle.

I social media sono una grande opportunità ma non sono un’arena libera. Sono anzi luoghi gestiti da aziende che cercano profitto e sanno che i contatti crescono quanto più c’è conflitto. Che cosa possiamo fare per mantenere il meglio di questi strumenti eliminando gli effetti negativi?

I social media sono un ottimo esempio di come il perseguimento di interessi privati, come i profitti, può andare in conflitto con gli interessi sociali. L’interesse dei social media non è creare una comunità aperta a tutti, ma ottenere pubblicità e tutta la struttura è finalizzata a questo. Hanno creato un modello di engagement basato sulla polarizzazione. Negli Stati Uniti fin dall’inizio abbiamo commesso un grave errore, liberando i social dalla responsabilità di ciò che è pubblicato sulle loro piattaforme. All’epoca ero presidente del consiglio dei consulenti economici e la questione non è stata nemmeno discussa. Ora come democrazie abbiamo questa difficoltà nel creare regole che funzionino su questo punto. Penso che ciò che ha fatto l’Europa con il Digital Service Act vada nella giusta direzione: il concetto di base è che ci deve essere responsabilità da parte di queste aziende per ciò che accade sui loro media.

Il paradigma dell’economia civile si ispira almeno in parte alle tue idee. Ritieni che questo nuovo modo di vedere l’economia possa crescere?

Io sono ovviamente un grande sostenitore di questo paradigma. Il paradigma economico standard parte da una visione dell’uomo come homo oeconomicus, un essere egoista e completamente razionale. Ma questo non descrive la realtà della maggior parte delle persone e certamente non quello che vogliamo per noi e i nostri figli. È l’antitesi di una brava persona ed il contrario di quello che vorremmo che fossero gli essere umani. La cosa interessante è che abbiamo studi che dimostrano come più a lungo gli studenti studiano economia più assomigliano a questo homo oeconomicus. Modelliamo gli individui per questo tipo di società. Invece abbiamo bisogno di formare persone per una società diversa, in cui ci sia più cooperazione. Penso alle cooperative, al non profit, ai sindacati. E ci serve più innovazione su come lavoriamo insieme per risolvere i problemi della società.



Chi è Joseph Stiglitz

Vincitore del Premio Nobel per l’Economia nel 2001, Joseph Stiglitz è stato capo economista della Banca Mondiale e consulente economico del governo degli Stati Uniti. Insegna Economia e Finanza alla Columbia University di New York.



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