giovedì 7 ottobre 2021
Siamo la quarta Economia d’Europa, ma come fondi per le imprese innovative siamo solo dodicesimi. La Fondazione Enea Tech e Biomedical, che doveva finanziarle con mezzo miliardo, è ancora in stallo
Startup, Italia in ritardo di 10 anni

foto da Pexels

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Qualche settimana fa alla Tech Week di Torino gli analisti di Dealroom hanno presentato dati desolanti sulla realtà delle startup in Italia. La quarta economia d’Europa è solo dodicesima come investimenti sulle startup: tra il 2016 e il 2021 le imprese innovative italiane hanno incassato 3,6 miliardi di euro dagli investitori, contro i 76,4 miliardi delle startup del Regno Unito, i 32,9 miliardi di quelle tedesche, i 25,9 miliardi di quelle francesi. Il settore tech italiano, dice Dealroom, sembra sulla stessa traiettoria di crescita delle maggiori nazioni tecnologiche d’Europa, ma con 5-10 anni di ritardo.

Il tormentato anno di vita della Fondazione Enea Tech è la perfetta dimostrazione di quanto l’Italia faccia fatica a creare un sistema efficace e robusto per sostenere lo sviluppo di nuove startup. Era stata costituita con il decreto Rilancio del maggio dello scorso anno con l’obiettivo di usare il mezzo miliardo di euro del Fondo per il trasferimento tecnologico per finanziare le startup innovative. I soldi a disposizione erano molti, più di quanto il sistema delle startup abbia raccolto in Italia nell’intero 2020. Ma nel giro di un anno la Fondazione ha cambiato nome e missione.

Il decreto Sostegni bis del maggio 2021 l’aveva ribattezzata Fondazione Enea Biomedical Tech e le aveva dato l’incarico di potenziare la ricerca nella produzione di nuovi farmaci e vaccini e realizzare programmi di riconversione industriale nel settore biomedico e della medicina. Una trasformazione figlia del cambio del contesto economico, provocato dall’emergenza Covid, ma anche di quello politico. La Fondazione era stata voluta da Stefano Patuanelli del M5s quando occupava il ministero dello Sviluppo economico ai tempi del secondo governo Conte. Il suo successore, il leghista Giancarlo Giorgetti, ha scelto di reindirizzarla verso il settore biomedico.

La trattativa politica per l’approvazione del decreto in Parlamento aveva portato comunque all’approvazione di un emendamento di compromesso. Il nome dell’ente è cambiato un’altra volta, in Enea Tech e Biomedical. Dei 500 milioni di risorse «almeno 250» sono stati esplicitamente destinati a progetti nei settori dell’economia verde e circolare, dell’information technology, dell’agri-tech e del deep tech. Soprattutto, con la conversione del decreto in legge alla Fondazione erano stati assegnati ulteriori fondi, per 400 milioni di euro, da dedicare «alla promozione della ricerca e alla riconversione industriale del settore biomedicale».

Queste risorse aggiuntive erano state “prelevate” dai fondi di Invitalia stanziati per i Contratti di sviluppo, gli strumenti per favorire i programmi di investimento produttivi strategici di grandi dimensioni introdotti nel 2008. Ma a sorpresa, in virtù di un decreto del 17 settembre firmato da Giuseppe Bronzino, direttore generale del ministero dello Sviluppo economico, quei soldi torneranno a Invitalia, che dovrà usarli per finanziare i Contratti di Sviluppo. Perché, spiega il ministero, «sulla base dell’attuale stato di operatività del “Fondo per il trasferimento tecnologico”, non risultano, al presente, esigenze di risorse aggiuntive e pertanto è possibile rinviare il trasferimento delle risorse previste al momento dell’effettiva manifestazione di fabbisogni connessi alle finalità cui le stesse sono destinate».

Le associazioni delle startup italiane non se lo aspettavano. «È purtroppo un ulteriore colpo basso all’ecosistema nel suo complesso. Notiamo con preoccupazione come non sia la prima volta in cui stanziamenti previsti per le startup vengono poi destinati ad altri ambiti, non necessariamente meno importanti ma certamente non attinenti allo sviluppo dell’ecosistema dell’innovazione» commenta Francesco Cerruti, direttore generale di Vc Hub Italia, ricordando che «le imprese innovative sono parte integrante della strategia economica di tanti Paesi a noi vicini, e crediamo sia giunto il momento che lo diventino anche in Italia, dove scontiamo un ritardo ingiustificabile». Anche Angelo Coletta, di InnovUp, parla di «una vera e propria beffa».

Nel frattempo l’operatività della Fondazione è bloccata. I vertici scelti secondo le vecchie regole sono rimasti in carica solo per l’ordinaria amministrazione. Ieri il deputato Luca Carabetta, del M5s, in Commissione Attività produttive ha chiesto al viceministro Gilberto Pichetto Fratin quando la Fondazione potrà riprendere a lavorare. Il viceministro ha promesso che lo stallo non durerà a lungo: «Il nuovo statuto è stato predisposto, sta per essere inviato ad Enea e verrà quindi adottato a breve. Dopo l’adozione del nuovo statuto la Fondazione sarà operativa e si potranno fare valutazioni sulle nuove mission e anche sulla ricollocazione delle risorse».

Prima del dl Sostegni bis un migliaio di startup aveva inviato richieste di finanziamento alla Fondazione e per qualcuna di queste l’operazione sembrava a un passo dall’essere completata. Ora le imprese innovative restano in attesa, ma il ritardo dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei non lascia spazio a temporeggiamenti.

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