martedì 30 giugno 2015
Iniziativa della Fondazione studi dei consulenti del lavoro presso gli iscritti. Per la soluzione della crisi «occorrerebbero semmai interventi strutturali economici» laddove le preoccupazioni maggiori sono legate a cosa accadrà dopo i 36 mesi in cui finiranno gli incentivi per le assunzioni.
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Le misure del Jobs act non saranno risolutive per la crisi. Questo il giudizio emerso da un sondaggio di Fondazione studi dei consulenti del lavoro presso gli iscritti. Per la soluzione della crisi "occorrerebbero semmai interventi strutturali economici" laddove le preoccupazioni maggiori sono legate a cosa accadrà dopo i 36 mesi in cui finiranno gli incentivi per le neo assunzioni.Alla domanda da quanto tempo i lavoratori assunti erano inquadrati dalla stessa azienda con contratti flessibili, è emerso che quasi il 90% era occupato da meno di due anni. E solo il 10% dei datori di lavoro si ritiene soddisfatto dei contenuti del Jobs act in quanto ritenuto uno strumento essenziale per lo sviluppo dell`impresa.Un terzo dichiara che avrebbe preferito un`altra tipologia di intervento o, addirittura, lo trova inutile. Ma la preoccupazione maggiore degli intervistati riguarda cosa accadrà tra 36 mesi e cioè alla fine degli incentivi previsti dalla legge di Stabilità 2015, la norma che consente ai datori di lavoro di non pagare i contributi Inps per tre anni fino a poco più di 8mila euro. Il dato che si evidenzia in modo chiaro e netto è quello 'psicologico': l`intervento legislativo sul mercato del lavoro ha avuto effetto, ma solamente perché ha dato la sensazione che qualcosa può cambiare per gli imprenditori e per i lavoratori. Nel senso che ha dato uno 'scossone' al mondo del lavoro e, quindi, può essere considerato un inizio, ma non certamente sufficiente a invertire la rotta della crisi economica.
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