venerdì 18 febbraio 2011
Le Acli presentano una proposta complessiva di riforma per aiutare tutti i nuclei in povertà assoluta (1,2 milioni). La Carta acquisti verrebbe potenziata sia con una maggiore dotazione monetaria (129 euro al mese in media), sia con servizi di accompagnamento della persona in difficoltà. Previsti criteri d’accesso ed erogazioni differenti per territorio in base al costo della vita La spesa a regime sarebbe di 2,3 miliardi.
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Una «Nuova social card», estesa a più soggetti, più "ricca" di soldi e servizi. Un nuovo strumento rafforzato per combattere in maniera efficace la povertà assoluta. È la proposta delle Acli, elaborata da un gruppo di esperti, che verrà presentata martedì in un convegno al quale interverrà il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Un piano che, per diversi aspetti, si interseca con il progetto di riforma abbozzato dal governo.I beneficiariLa carta acquisti varata a fine 2008 rappresenta il primo vero intervento antipovertà dello Stato italiano. Tuttavia ha da subito mostrato limiti strutturali, a partire dal fatto di riguardare solo i poveri anziani sopra i 65 anni e i bambini da 0 a 3 anni. La povertà assoluta, però, non ha età e quindi il primo carattere del progetto di Nuova social card è l’estensione «a tutto l’universo delle famiglie in povertà assoluta» che sono il 5,1% del totale, circa 1.237.000 nuclei. Fra i beneficiari sarebbero ricomprese sia le persone senza fissa dimora, stimate in 40-50mila unità, sia «gli stranieri iscritti all’anagrafe o in possesso di un permesso di soggiorno».L’accesso e gli importiLa seconda caratteristica innovativa riguarda la «variazione delle soglie di accesso in base al costo della vita nel territorio di riferimento» considerando le macro-aree Nord, Centro, Sud e la dimensione del comune di abitazione. «Ciò significa, in termini concreti, far sì che in tutto il Paese ricevano i benefici della Nuova social card famiglie nelle medesime condizioni reali». Variabile è anche l’importo che verrebbe erogato. «Per ogni famiglia il trasferimento è pari a una certa quota della differenza tra la soglia di povertà assoluta a essa applicabile e il proprio reddito». Così, ad esempio, a una famiglia con un reddito annuo di 7.286 euro andrebbero 1.181 euro in un anno accreditati sulla nuova social card, mentre a un nucleo con un reddito di appena 1.640 euro sarebbero trasferiti 2.704 euro in un anno. Rispetto agli attuali 40 euro al mese, il progetto prevede in media un trasferimento di 129 euro mensili, con importi appunto variabili e massimi per le situazioni di povertà più gravi (si veda la tabella A). «Questi importi – sottolinea il presidente delle Acli Andrea Olivero – produrrebbero il più grande miglioramento nelle condizioni di reddito delle famiglie in povertà assoluta, mai realizzato nel nostro Paese». L’impatto sarebbe infatti significativo, visto che il reddito medio dei beneficiari passerebbe da 8.400 a 9.950 euro, con un incremento pari al 18% sempre in media, con punte del 40 e poi oltre il 100% per i più poveri tra i poveri.I servizi e i costiNon solo trasferimenti monetari. Il progetto elaborato dalle Acli prevede infatti una vera e propria «presa in carico» delle famiglie povere, attraverso il collegamento tra prestazione monetaria e fornitura di servizi alla persona». L’idea è quella di far lavorare in rete Comuni, distretti sanitari, centri per l’impiego e terzo settore per fornire alle persone povere servizi di cura, istruzione, formazione professionale, orientamento, in sostanza un programma personalizzato per uscire dalla povertà. Progetto ambizioso, certo. Dai costi sopportabili, però, assicurano i curatori dello studio. È prevista una fase iniziale di tre anni, nella quale introdurre ed estendere gradualmente la nuova social card. Il costo stimato è di 787 milioni di euro addizionali rispetto alla spesa attuale (667 di contributo monetario e 120 per i servizi dei Comuni). A regime il costo arriverebbe a 2,3 miliardi, circa lo 0,15% del Pil, a fronte di una spesa complessiva per la protezione sociale che in Italia è pari al 26,6% del Pil. «Gli stanziamenti debbono essere trovati all’interno del bilancio pubblico esistente senza nuove tasse. Impresa certo non impossibile».
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