giovedì 3 novembre 2016
Alla Settimana economica del Mediterraneo, l'«ambasciatore» Bernard Valero, a capo dell'Agenzia delle città e territori mediterranei sostenibili, parla di migrazioni. «Lezione da Giordania e Libano»
Bernard Valero, già ambasciatore e ora a capo dell'Avitem, l'Agenzia delle città e territori mediterranei sostenibili

Bernard Valero, già ambasciatore e ora a capo dell'Avitem, l'Agenzia delle città e territori mediterranei sostenibili

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«Incontro qui a Marsiglia persone che giungono da tutto il Mediterraneo, spesso giovani, estremamente motivate, impegnate e competenti. Non è con i grandi discorsi, ma favorendo in ogni modo la loro azione che potremo risolvere i drammi mediterranei di oggi. È questo che m’ispira fiducia nell’avvenire. Queste persone non figurano sulle prime pagine dei giornali, ma anche grazie a loro il Mediterraneo del futuro non sarà più un cimitero e un luogo in cui si ha paura degli altri».

Si può essere ambasciatori presso una capitale, come il francese Bernard Valero è stato in passato nel corso di una lunga carriera nella diplomazia transalpina. Ma ben più raro è essere ambasciatori al servizio di un’intera area geografica come il Mediterraneo, ruolo che Valero riveste attualmente da padrone di casa di un luogo unico nel suo genere: la Villa Méditerranée, a Marsiglia, istituzione concepita per far avanzare la cooperazione mediterranea anche in tempi di crisi spaventose.

Valero guida in particolare l’Avitem (Agenzia delle città e territori mediterranei sostenibili). Ed è alla Villa, ad esempio, che ha appena avuto luogo l’ultima riunione ministeriale del «dialogo 5+5», in presenza anche del ministro Paolo Gentiloni.

L’edificio avveniristico, circondato quasi integralmente dal mare e proteso simbolicamente verso il Mediterraneo, è stato concepito dall’italiano Stefano Boeri, proprio di fronte alla Cattedrale di Marsiglia. Dal 2013, è dunque pure un simbolo italo-francese,
in una città che è stata a lungo la capitale della presenza italiana in Francia.

Incontriamo Valero mentre si svolge alla Villa Méditerranée la «Settimana economica del Mediterraneo», kermesse che ha visto ospiti prestigiosi come il commissario europeo Johannes Hahn (Allargamento e politica di vicinato), ma soprattutto tanti giovani imprenditori e leader associativi che operano ogni giorno nell’ombra in tutti i Paesi dell’area per cercare di avvicinare le rive del Mare nostrum.

«Affrontare
le grandi sfide del Mediterraneo di oggi compete innanzitutto ai governi, certo, ma occorre sempre più pure il coinvolgimento di tutti gli attori, come enti locali, città, università, camere di commercio, imprese», osserva l’ambasciatore, ricordando i cambiamenti profondi nell’area rispetto al 2008, quando la Francia contribuì a lanciare l’Unione per il Mediterraneo, progetto rimasto poi nell’ombra. «Se chiede a un francese del Nord della Francia se il Mediterraneo lo interessa, il rischio è di avere una risposta mitigata», sottolinea, evidenziando quanto sia oggi cruciale anche il compito di sensibilizzazione tutte le popolazioni europee.

«Abbiamo una grande responsabilità nei confronti della generazione dei nostri figli. Mi chiedo spesso quale Mediterraneo lasceremo loro. Dobbiamo lavorare ogni giorno affinché il Mediterraneo resti un’area in cui le persone hanno voglia di parlarsi. Qui alla Villa Mediterranée, siamo come elettricisti, nel senso che dobbiamo far passare la corrente», nota, aggiungendo: «Oggi, abbiamo pure la responsabilità di vedere ciò che accade a sud del sud del Mediterraneo, in Africa, dove altri problemi molto gravi conoscono un’evoluzione preoccupante. Nei prossimi venti, quarant’anni, le migrazioni di origine ambientale potrebbero prendere un’ampiezza di un ordine nuovo. Occorre una vera politica africana dell’Unione europea. Più che mai, oggi, dobbiamo avanzare in questo senso».

L’Europa deve anche avere l’umiltà di osservare l’esempio di altri Paesi esterni, sottolinea Valero: «Un Paese come il Libano, che ha 4 milioni di abitanti, ha ricevuto in qualche mese un milione e mezzo di rifugiati, ha assorbito il colpo e cerca di fare del proprio meglio. Abbiamo qualche lezione d’umanesimo d’apprendere da Paesi come il Libano, o anche la Giordania. Al contempo,
dobbiamo fare estremamente attenzione al rischio di derive populiste che il fenomeno migratorio può suscitare nelle nostre società».

Una porta d’uscita, in prospettiva? Anche l’istruzione dei giovani all’insegna dell’apertura, sostiene l’ambasciatore: «Mi chiedo quanti giovani francesi o italiani parlano l’arabo. Purtroppo, non molti. Dobbiamo lavorare molto sulla conoscenza e la storia degli altri. Ma una priorità del Mediterraneo è anche l’ambiente, perché siamo forse nella zona del mondo più minacciata».

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