sabato 29 ottobre 2016
McDonald's tra le realtà che hanno siglato un accordo con il Miur per dare agli studenti un'esperienza. M5S: scelta insensata. Il colosso americano: non friggono patatine, si relazionano con i clienti
Una dipendente di McDonald's a lavoro

Una dipendente di McDonald's a lavoro

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L’alternanza scuola-lavoro fa ingresso nella catena di fast food più conosciuta al mondo. E scoppia la polemica. Ma partiamo dai fatti. Pochi giorni fa il ministero dell’Istruzione ha lanciato il programma "I Campioni dell’Alternanza", che coinvolgerà un gruppo di 16 organizzazioni. Aziende grandi e medie, ordini professionali e protagonisti del Terzo settore metteranno a disposizione circa 27mila percorsi formativi per studenti delle scuole secondarie superiori. Si tratta di realtà molto diverse da loro: da Accenture a Bosch, dal Consiglio nazionale forense al Fondo ambiente italiano, da Intesa Sanpaolo a Zara. Nell’elenco è stato inserito anche McDonald’s, che ha assicurato 10mila percorsi in 500 locali su tutto il territorio nazionale.

Le critiche alla scelta del Miur

Tale scelta ha scatenato più di una critica. Alcuni partiti di opposizione parlano di partnership «insensata». Qualcuno avanza persino il sospetto che i ragazzi vengano spediti a titolo gratuito a confezionare cheeseburger e a friggere patatine. A gridare allo scandalo è il Movimento 5 Stelle. «Si sta creando un cortocircuito pericoloso tra le grandi catene del fast food e la scuola – commenta il deputato grillino Gianluca Vacca –. A gennaio presentammo un’interrogazione parlamentare per il progetto proprio di McDonald’s che, a fronte di una campagna con raccolta punti, premiava le scuole “più virtuose” (cioè gli istituti in cui gli studenti spendevano di più nei ristoranti della multinazionale) con fondi da utilizzare per la didattica. Ora il Miur dovrebbe spiegare come è possibile mandare i ragazzi delle scuole superiori a fare esperienza in un fast food e poi educarli ad un’alimentazione sana, consapevole, con pochi grassi e a chilometro zero. Dove sta la coerenza?». Indignazione viene espressa anche da Sinistra Italiana. «Sono certo che la ministra dell’Istruzione troverà il tempo nei prossimi giorni per venire a spiegare al Parlamento la ratio di tale collaborazione», dice Nicola Fratoianni.

La replica del colosso americano

Alla pioggia di accuse, replica a muso duro il colosso americano. «Affermare che 10mila studenti verranno da noi a preparare hamburger e patatine oltre ad essere falso ci dà molto fastidio – spiega Tommaso Valle, responsabile della comunicazione di McDonald’s Italia –. Anzitutto va detto che questo protocollo d’intesa è il frutto di un lungo lavoro preparatorio iniziato a febbraio. Non solo, l’accordo prevede anche una parte formativa in aula per spiegare come funziona il nostro modello di business, la ricerca dei fornitori per lo sviluppo dei prodotti e la formula del franchising. Sul piano pratico, inoltre, l’esperienza si svolgerà il sala e non in cucina, a meno che non vi sia una richiesta esplicita, magari per chi frequenta istituti alberghieri».
La multinazionale specifica che, all’interno dei locali, i ragazzi avranno a disposizione un tutor a cui si potranno rivolgere in ogni momento. Si insiste soprattutto su un punto: verranno svolte attività di accoglienza e di relazione con il pubblico. L’obiettivo è quello di fornire competenze di carattere relazionale e di comunicazione interpersonale. «Sono le cosiddette soft skills ovvero quelle capacità trasversali che comprendono le qualità personali, l’atteggiamento in ambito lavorativo e le conoscenze nel campo delle relazioni interpersonali, o l’abilità a lavorare in gruppo (teamwork) – racconta Valle –. Molte ricerche segnalano che i giovani dai 18 ai 24 anni sentono di non aver sviluppato molte di queste competenze. Un bagaglio che invece risulta piuttosto utile per un primo contatto proficuo con il mondo del lavoro».

McDonald’s garantisce infine che è privo di fondamento il sospetto che ragazzi delle superiori lavorino come se fossero dei dipendenti: «Ci sono più possibilità che ciò avvenga per uno studente chiamato a svolgere un periodo di alternanza scuola-lavoro in biblioteca, dove gli si potrebbe richiedere di sistemare i libri negli scaffali. E comunque, al di là che operazioni di questo tipo non rientrano nella nostra filosofia, escludendo la parte didattica le ore riservate alla pratica in sala sono circa 35 per ogni giovane. Ovvero una media di 3 o 4 ore al giorno per meno di due settimane. Dunque, anche se si volesse pensar male, non ci sarebbe il tempo materiale di sostituire un dipendente con un 17enne proveniente da una scuola superiore».


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