mercoledì 21 dicembre 2011
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​«Senza fiscalità equiparata nei Paesi dell’Unione Europea e in mancanza di accordi con la Svizzera, l’emorragia di capitali non si arresterà». Il professor Ernesto Savona non è ottimista. Per il direttore di Transcrime, il centro interuniversitario di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica e dell’Università di Trento, occorre fare in fretta per tappare la falla che al Paese sottrae ricchezza, gettito fiscale e mina alla rispettabilità delle istituzioni. Già consulente di Onu e Ue, Savona è presidente del "Global Agenda Council"del World Economic Forum.Con le norme sullo scudo fiscale il Tesoro stimò il rientro di circa 95 miliardi di euro, per un gettito una tantum di di circa 5 miliardi. Secondo quanto invece registrò Bankitalia, rientrarono 85,1 miliardi di euro: quasi 60 miliardi dalla sola Svizzera, seguita a distanza da Lussemburgo (7,3 miliardi), Principato di Monaco (4,1 miliardi), il resto da altri "paradisi".Le norme doganali incentivano alla fuga dei patrimoni?Lo scudo fiscale in qualche misura ha "legittimato" chi aveva nascosto all’estero capitali consentendone il rientro tassato solo al 5%. E oggi dover rischiare di pagare, nel caso si venga scoperti, solo il 5% del capitale è sempre più conveniente che dichiarare redditi e patrimoni reali al fisco. Purtroppo, c’è un complesso di norme che si sono sovrapposte nel tempo e che, alla fine, hanno prodotto una certa convenienza alla fuga, specie in assenza del mancato accordo per la tassazione equiparata con la Svizzera.Chi sono i principali beneficiari di una normativa a maglie così larghe?Soprattutto c’è una fascia di imprenditori che ha denaro incassato in nero e che ha la necessità di nasconderlo in fretta. La Svizzera si presta a soddisfare questa esigenza, tanto per le normative bancarie quanto per la vicinanza geografica.E la criminalità come ne approfitta?Man mano che i controlli sulle transazioni finanziarie si sono intensificati, le organizzazioni criminali sono tornate a fare ricorso al "vecchio spallone", colui che porta denaro all’estero nascosto nei doppi fondi delle valigie, delle auto, nelle spedizioni merci o con altri stratagemmi. I cani che annusano la cartamoneta ancora non ci sono, e l’attrezzatura che abbiamo nelle dogane serve a individuare droga, non il contante.Da dove cominciare?La regolazione armonica dei sistemi fiscali in Europa renderebbe più difficile e certamente meno conveniente esportare denaro. Parificare la fiscalità chiudendo le vie di fuga verso Paesi come la Svizzera sarebbe il miglior deterrente. Tutto cambierebbe se gli stati "importatori" fossero obbligati, per esempio, a imporre una tassa del 19% sul denaro in arrivo. A quel punto dubito vi sarebbe ancora la corsa oltre confine.La sua ricetta?Ridurre le asimmetrie fiscali in Europa, firmare un accordo con la Svizzera, infine varare un testo unico per le dogane, per fermare la sovrapposizione di norme che possono lasciare varchi a chi intende sfuggire al fisco.
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