lunedì 3 luglio 2023
Nel Servizio sanitario nazionale mancano 30mila medici ospedalieri, 70mila infermieri e circa 100mila posti letto
Personale sanitario ai tempi del Covid

Personale sanitario ai tempi del Covid - Archivio

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L'invecchiamento del capitale umano e il precariato in sanità sono un problema che sta per esplodere. Il monito arriva dalla ricerca Il termometro della salute promossa dall'Osservatorio Salute, Legalità e Previdenza Eurispes-Enpam. Per medici, infermieri e altre figure professionali di supporto al Ssn-Servizio sanitario nazionale, il mancato turn-over e il reiterato blocco delle assunzioni producono anche sacche di precariato inconciliabili con la continuità assistenziale. Ma, prima di tutto, generano il forte invecchiamento del capitale umano sfociato in un alto numero di pensionamenti. Questo fenomeno, che già ha eroso il numero dei professionisti, è destinato a esplodere nei prossimi anni e investe anche l'area della sanità privata. Nel 2019 i medici in Italia erano presenti in quota pari a 4,05 su 1.000 abitanti; un dato questo di poco inferiore alla Spagna (4,4) e alla Germania (4,39), e superiore alla Francia (3,17). La quota di infermieri (circa 6,16 ogni 1.000 abitanti; con un 1,4 infermieri per ogni medico) colloca l'Italia agli ultimi posti della classifica dei Paesi Ocse. E l'anagrafe della classe medica parla chiaro: molti professionisti mediamente attempati, spesso anziani, pochissimi giovani. Più della metà dell'intera classe medica italiana (56%) in maggioranza i medici tra i 55 anni e gli over 75 tra un quinquennio non saranno più operativi. I medici "giovani", ovvero sotto i 35 anni, sono in Italia solo l'8,8%, contro percentuali superiori al 30% in Gran Bretagna, Olanda e Irlanda, o comunque superiori al 20% in Germania, Spagna e in Ungheria. La Francia, che per gli under 35 mostra un dato meno lontano dal nostro, presenta comunque un 15,7% di under 35: quasi il doppio dell'Italia.

In soccorso arriva il Pnrr

Proprio il Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza nasce dal finanziamento previsto dall’Unione Europea, nell’ambito del programma Next Generation Eu, per favorire la ripresa dopo la crisi – sanitaria, economica, sociale – causata dalla pandemia di Covid-19. All’Italia sono destinati 191,5 miliardi di euro: di questi 68,9 sono a fondo perduto, mentre 122,6 sotto forma di prestiti a tassi agevolati. Alla salute in modo specifico è destinata la Missione 6 (l’ultima) del Pnrr, con un finanziamento complessivo di 15,63 miliardi. Si tratta di fondi che rappresentano una importante iniezione di risorse per un sistema che è stato nei fatti sottofinanziato, almeno a partire dal 2008: avere raggiunto un sostanziale pareggio di bilancio nel 2019 ha comportato però un indebolimento delle strutture e una riduzione del personale, una situazione che ha reso ancora più faticoso affrontare l’emergenza pandemica. Il Pnrr copre il quinquennio 2021-2026. La Missione 6 si divide in due componenti: la prima è Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale; la seconda è Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Ssn. Due le riforme considerate essenziali per raggiungere gli obiettivi: quella della medicina territoriale (decreto ministeriale 77/2022), con le case di comunità, ospedali di comunità e sviluppo di telemedicina e quella degli Ircss-Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico tesa a migliorarne la governance. La riforma della medicina territoriale è figlia della presa di coscienza dell’insufficienza di un modello gestionale ospedalocentrico, prevalente nel nostro Paese, nelle risposte alle esigenze di salute di una popolazione che invecchia e che quindi ha bisogno, e ancor di più in futuro, di una presa in carico delle fragilità e delle cronicità. Peraltro il modello delle case e degli ospedali di comunità (ne sono previsti rispettivamente 1.350 e 400) ha sollevato più di un dubbio: da un lato per l’organizzazione possibile nelle città (è prevista una casa ogni 40mila abitanti), ma poco adatta ai territori più disagiati e spopolati; dall’altro per il rischio di “resuscitare” i piccoli ospedali, in una forma non sempre utile.

La situazione sanitaria in Italia

Otto Regioni/Province autonome (di cui tre migliori delle altre) promosse, sette rimandate e sei bocciate alla prova delle Performance 2023, valutate su sei dimensioni: appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziaria, innovazione. Un quadro che sottolinea la nuova impostazione di ammodernamento dell’assistenza che punta sul territorio e sulla domiciliarità, come prescritto dal Pnrr e dal decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza territoriale e che si affianca (suggerendone anche alcuni criteri di implementazione) al Nuovo Sistema di Garanzia per il controllo dei Livelli essenziali di assistenza. A disegnarlo è l’XI edizione del rapporto Le performance regionali del Crea Sanità-Centro per la ricerca economica applicata in Sanità. Veneto, Trento e Bolzano hanno ottenuto il miglior risultato 2023 (con punteggi che superano la soglia del 50% del risultato massimo ottenibile, rispettivamente: 59%, 55% e 52%). Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Marche vanno abbastanza bene, con livelli dell’indice di performance compresi tra il 47% e il 49 %. Ma le buone notizie finiscono qui: se Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo raggiungono livelli di performance abbastanza omogenei, seppure inferiori, compresi nel range 37-43%, Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria, hanno livelli di performance che risultano inferiori al 32%. In sostanza la valutazione divide in due l’Italia, con circa 29 milioni di cittadini nelle prime otto Regioni che possono stare relativamente tranquilli e altri 29 milioni nelle Regioni rimanenti che potrebbero avere serie difficoltà nei vari aspetti delle dimensioni considerate. Le tre dimensioni - appropriatezza, equità e sociale - contribuiscono per oltre il 60% alla performance: 24,9%, 22,6% e 15,6% rispettivamente; segue la dimensione esiti (13,9%); le dimensioni economico-finanziaria e innovazione, contribuiscono rispettivamente per il 12,1% e l’11,5%. Così, per esempio, il Veneto (Regione che ha ottenuto i risultati migliori) presenta tutti gli indicatori delle prime quattro dimensioni per importanza “verdi”. E solo nella dimensione economico-finanziaria ha due ‘rossi’ per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica e l’incidenza dei consumi sanitari sul totale dei consumi; e nella dimensione innovazione non va l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico. La Calabria (la Regione coi risultati peggiori) è quasi tutta “rossa”; su 18 indicatori, in verde ha solo quelli sull’ospedalizzazione evitabile per malattie croniche (unico nelle dimensioni maggiori), l’indice di salute mentale, la spesa pro-capite standardizzata, l’implementazione della rete oncologica e lo sviluppo del fascicolo sanitario elettronico.

La posizione di sindacati e associazioni di categoria

"Salvare gli ospedali" è l'appello che 30 società scientifiche indirizzano alla premier Giorgia Meloni, sulla scorta di numeri che non lasciano dubbi circa la criticità della situazione: nel Ssn mancano 30mila medici ospedalieri, 70mila infermieri e circa 100mila posti letto. In dieci anni (2011-2021), in Italia, sono stati chiusi 125 nosocomi, ben il 12%. E in soli 12 mesi eliminati quasi 21.500 posti letto. Il diritto alla salute, avverte Francesco Cognetti, coordinatore del Fossc-Forum delle società scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani, «è in grave pericolo». I medici innanzitutto: oggi sono 130mila, 60mila unità in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. Si assiste, inoltre, a un consistente esodo di medici neolaureati e specializzandi, più di 1.000 l'anno, perché all'estero gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori. In particolare, nei Pronto Soccorso la carenza di personale è quantificabile in 4.200 camici bianchi (in sei mesi, da gennaio a luglio 2022, se ne sono dimessi 600, circa 100 al mese). A fronte di ciò, sul versante economico la previsione della spesa sanitaria sul Pil per il periodo 2023-2026 registrerà già nel 2024 il ritorno al valore del 6,3% rispetto a una media dell'8,8% dei 37 Paesi dell'Ocse e del 10% circa di Francia e Germania. Per questo, i rappresentanti delle 30 società scientifiche riunite in Fossc si sono rivolti direttamente alla presidente del Consiglio per chiedere la completa revisione dei parametri organizzativi degli ospedali sanciti dal decreto ministeriale 70. «Vogliamo far sentire la nostra voce. Servono interventi tempestivi. Rivolgiamo le nostre richieste alla premier: più risorse per assumere personale e assicurare migliori condizioni di lavoro - spiega Cognetti -. La crisi del sistema ospedaliero, a causa delle politiche deliberatamente anti ospedaliere dei precedenti governi, paradossalmente ignorata dal Pnrr, è innegabile e ha raggiunto livelli critici». Tuttavia, sottolineano le società scientifiche, «abbiamo appreso con estremo interesse le intenzioni della presidente del Consiglio di voler cambiare l'indirizzo e i campi d'applicazione del Pnrr e riteniamo che questa sarebbe un'occasione unica per la sanità di impiegare una quantità cospicua di fondi». Non bastano infatti, avvertono, «le 1.350 case di comunità previste dal Pnrr a risolvere i problemi della sanità, se non si affrontano i nodi centrali della crisi profonda degli ospedali e delle risorse per il reclutamento del personale». Anche l'Ocse, ricordano clinici e universitari, si è dichiarata molto preoccupata per nuove crisi sanitarie nei Paesi che investono minori risorse in sanità e per l'Italia prevede un investimento pari ad almeno l'1,4% in più rispetto al Pil 2021, che equivale a un aumento annuo di ben 25 miliardi di euro. In questa situazione, afferma ancora il Forum, «riteniamo sia impensabile distrarre personale dai nosocomi verso le strutture territoriali previste dal Pnrr, cioè case od ospedali di comunità». Intanto sulla sanità prenderanno il via tre tavoli specifici, sui contratti pubblici e privati e sulle liste d'attesa, che dovrebbero essere convocati a luglio. Il ministro Orazio Schillaci rimarca che non c'è alcun interesse né volontà di «definanziare» il sistema, assicura l'impegno sul confronto e anche sulle risorse nella prossima legge di Bilancio per rinnovare i contratti pubblici. Al ministero Schillaci incontra Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Confsal. Parla di «confronto utile» sia sotto il profilo del metodo e della ripresa del dialogo, sia nel merito delle priorità da affrontare ed esprime un «giudizio positivo» il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. Anche per il numero uno della Uil Pierpaolo Bombardieri è stato «un incontro positivo» anche se i risultati saranno valutati più avanti: «Noi rivendichiamo aumenti contrattuali e salariali e con i tavoli non si mangia, daremo un giudizio finale quando capiremo se ci sono le risorse per dare risposte ai salari, per stabilizzare i precari, per aumentare gli investimenti e diminuire le disuguaglianze». Per il leader della Cgil Maurizio Landini «l'unico risultato è nei nuovi tavoli». «Nel 2050 saranno 5,4 milioni gli anziani non autosufficienti e nel 2030 - tra appena sette anni - 4,4 milioni. Tutto questo non può non includere in modo diretto la sanità italiana. Chi si occuperà degli anziani e delle loro patologie croniche, se non costruiamo una nuova sanità, tutti insieme, ognuno con il proprio ruolo, ognuno con le proprie differenti funzioni, ma capaci di dialogare e lavorare in sinergia?», così Antonio De Palma, presidente nazionale del Nursing Up. «L’integrazione tra sanità pubblica e privata deve rappresentare la bussola per un complessivo ripensamento del welfare e dell’assistenza socio-sanitaria in Italia. Un modello universale di welfare che, attraverso la crescita dei fondi sanitari integrativi nati all’interno dell’autonomia negoziale dei contratti collettivi nazionali, sappia rispondere alle specifiche esigenze delle diverse categorie di lavoratori e alla sempre più pressante ed emergente domanda di protezione sociale di autonomi e liberi professionisti». È il messaggio lanciato da Confprofessioni.

Assunzioni nella sanità pubblica e privata

Al via il reclutamento di nuovo personale sanitario qualificato, medico e infermieristico, per il Servizio di emergenza-urgenza extraospedaliera: lo prevede un accordo tra Regione Lombardia e le strutture sanitarie private del territorio. «Negli anni scorsi, per la gestione del servizio di emergenza urgenza extraospedaliero, abbiamo dovuto fare i conti con la crescente difficoltà di reclutamento del personale sanitario - sottolinea l'assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso -. Il passaggio successivo -sarà la firma delle convenzioni tra Areu e le stesse strutture che darà poi vita alla fase di accesso del personale sanitario delle strutture ospedaliere private accreditate al sistema di emergenza urgenza regionale». Intanto l’offerta di sanità privata a Roma si amplia con l’arrivo di Santagostino – la rete di 35 poliambulatori specialistici, fino a oggi quasi esclusivamente lombardi, recentemente acquisiti da UnipolSai – che dopo il centro di Via Cavour, sta per aprirne due nuovi a Garbatella e in via Goito. La notizia impatta anche nel perimetro del lavoro, oltreché della salute. «Il nostro piano di crescita nei prossimi anni – precisa Andrea Porcu, direttore generale del Santagostino – avrà un ritmo sostenuto e Roma, dove prevediamo di avere oltre dieci centri nei prossimi tre anni, un trampolino di lancio necessario per l’espansione in Italia. Questo significa, in primis, un arruolamento costante e qualificato di personale medico e sanitario. Attualmente nei 35 centri aperti abbiamo 1.300 tra medici e professionisti sanitari, il dato è che vogliamo nei prossimi 3/4 anni quadruplicarli per avviare un’offerta su base nazionale che prevediamo che coprirà larga parte dell'Italia nei prossimi dieci anni. Il modello che applichiamo, anche reclutando giovani specializzati, è quello, comodissimo per i medici, di totale gestione della loro agenda: il professionista si presenta negli orari prefissati e concordati, indossa il camice e visita, eludendo tutto l’impegno di tempo che comporta la pianificazione degli appuntamenti con i pazienti e ogni altro onere di carattere logistico e gestionale mediante processi interamente digitalizzati e centrati sulla migliore esperienza utente per i nostri clinici. ​La qualità dei nostri professionisti è fondamentale. Il gruppo, anche attraverso la Santagostino Academy, è promotore di un progetto di formazione e aggiornamento professionale rivolto a medici già laureati e specializzati attraverso borse di studio, corsi di specializzazione, mentorship clinica e altri interventi formativi post laurea su competenze specialistiche e operative importanti, focalizzandosi su quelle discipline per le quali manca un programma accademico dedicato. Nel nostro piano non vi è soltanto la crescita dei centri polispecialistici, ma il mantenimento di un livello qualitativo molto elevato delle prestazioni, sia sul piano strumentale, che su quello medico».

Il Centro di formazione "Sacra Famiglia"

Il Centro di formazione "Sacra Famiglia" è una scuola di eccellenza per tutti gli operatori del settore sociosanitario. Nato per diffondere il sapere e il saper fare di oltre 125 anni di esperienza sul campo nella cura, assistenza e accoglienza di disabili, anziani e ragazzi autistici. Sviluppa percorsi personalizzati e training on the job, sia in presenza che on line. Alla formazione individuale e di gruppo si aggiunge un’attività di consulenza e accompagnamento per tutti gli enti che credono nella crescita delle risorse umane. Così come il modello di cura mette al centro la persona fragile, così i corsi del Centro di formazione rispondono a tutte le necessità di crescita professionale (tecniche, relazionali e organizzative) integrando teoria e pratica con workshop tematici e laboratori esperienziali. Professionisti del settore riconosciuti a livello nazionale e insegnanti universitari compongono il gruppo docenti. Monitoraggio costante e innovazione delle attività formative e consulenziali sono fattori centrali nella progettazione ed erogazione dei percorsi. Il Centro di formazione è ente accreditato presso Regione Lombardia, certificato UNI EN ISO 9001:2015 e provider regionale Ecm. Dal 2022 è inoltre sede universitaria per i corsi di laurea in infermieristica. Per maggiori informazioni: www.formazionemoneta.it.

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