martedì 7 marzo 2023
Se nel 2021 il valore del settore aveva superato i 53,1 miliardi di dollari a livello globale, nel 2025 arriverà a valere oltre 90 miliardi
Cresce l'uso della tecnologia anche nelle risorse umane

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L'approccio delle risorse umane alla tecnologia - in particolare l'intelligenza artificiale - è destinato a crescere. Si stima infatti che se nel 2021 il valore del settore aveva superato i 53,1 miliardi di dollari a livello globale, nel 2025 arriverà a valere oltre 90 miliardi. A guidare questa crescita sono i Paesi del Nord America, ma anche l’Europa ricopre un ruolo centrale, con l’Italia al quarto posto (si è registrata una crescita del 9,9% nel 2021) in una classifica in cui Germania, Regno Unito e Francia sono sul podio e la Spagna fa da fanalino di coda. L’attuale scenario del mercato del lavoro è sempre più frammentato e condizionato da fenomeni socio-economici e culturali che ne stanno ridisegnando priorità e nuovi “confini”. Da un lato proliferano parole e accese discussioni su grandi dimissioni, motivazioni che mancano; dall’altro c’è un dato concreto a cui prestare la dovuta attenzione: una crescita del Pil dell’1,6%. Ciò significa che le aziende potrebbero scegliere un approccio più conservativo fermando il budget e la riorganizzazione della forza lavoro. A questo si somma la crisi energetica che tocca la “risorsa” più preziosa: l’essere umano. Oltre alla difficoltà nel ricercare e attrarre nuovi talenti e competenze, il tema è sempre più quindi preservare e trattenere i colleghi, liberando e diffondendo “nuova energia”. «In questo contesto, dove per le aziende di ogni settore diventerà fondamentale continuare a crescere, c’è bisogno di aumentare la consapevolezza sulla sostenibilità del tempo, in un bilanciamento che non è più semplicemente vita-lavoro, bensì di ascolto continuo in un’organizzazione che evolve insieme e grazie alle persone che ne prendono parte attiva. È quindi necessario supportare le aziende ad attrarre e trattenere i talenti, ma ancor più attivare analisi organizzative attraverso modelli personalizzati. Un vero e proprio patto tra persone e tecnologia: valorizzare le persone, farle brillare e permettere alle aziende la “realizzazione del talento”. Per esempio, in Glickon, abbiamo voluto porre basi solide per questa alleanza a partire dai modelli di Organizational Network Analysis presenti in piattaforma che permettono ai nostri clienti di osservare il lavoro e le relazioni in modo oggettivo per poi intraprendere azioni concrete per migliorare la qualità del lavoro e dei risultati di business», spiega Carlo Rinaldi, Chief Marketing Officer di Glickon. Ecco le cinque priorità per orientarsi e trovare la bussola in questo settore, nel 2023:

People Ability. L’approccio vincente è quello incentrato sulle persone, sulla capacità di abilitare le loro competenze, rendendole a loro volta abilitanti per costruire relazioni. È importante che il lavoro e il percorso lavorativo diventi un’esperienza: la migliore che ogni realtà possa offrire – qualunque sia il contesto – e tutto questo può partire dall’ascolto dei colleghi ed espletarsi attraverso l’engagement. Nelle aziende dove l’Employee Experience è positiva le performance sono infatti superiori al 95%. Fiducia e flessibilità diventano quindi naturale conseguenza di un rapporto bidirezionale che crea consenso, senso di appartenenza e appagamento. Questo genera un senso di urgenza visto che su scala globale, l’Europa è in fondo alla classifica per quanto riguarda il tasso di soddisfazione e coinvolgimento dei lavoratori: solo il 14% si dichiara “coinvolto” nel proprio ruolo contro il 33% di Usa e Canada – e la quota per l’Italia è un misero 4% .

Recruiting come ricerca dell’oro. Glickon ha elaborato una “formula dell’oro” per trovare il talento che è in ognuno di noi e si basa su tre pilastri: cosa sai fare meglio (competenze), qual è il tuo “perché” (motivazione) e con chi lavori meglio (relazioni). I responsabili della selezione dovranno quindi ridefinire le priorità delle strategie per allinearsi alle attuali esigenze aziendali, pianificare molteplici potenziali scenari in un mercato mutevole e prendere decisioni con grande sicurezza utilizzando i dati.

Creare valore con la People Analytics. La People Analytics, ovvero l'utilizzo di precise analisi di dati attivi e passivi per la gestione del personale, sta contribuendo alla crescita delle aziende, aiutandole a risolvere una moltitudine di bisogni legati alle persone e creando un impatto positivo sull'esperienza. Meno dogmi e più dati: questo è l'anno per utilizzare l'analisi dei dati per capire cosa funziona e cosa no. In un'organizzazione ibrida sarà fondamentale per risolvere e prevenire conflitti. E in questo contesto, la tecnologia entra a supporto del dato con le survey, o forse oggi potremmo rinominarle “survAI” (grazie all’utilizzo e implementazione dell’AI) che avrà sempre più un ruolo centrale.

Nuove competenze per le Hr. Accelerare i risultati aziendali, far progredire le capacità umane, mobilitare le informazioni, promuovere la collaborazione e semplificare la complessità: queste le cinque competenze e azioni chiave per i professionisti delle risorse umane da mettere in atto.

Creare aziende basate sulle competenze. Tre quarti dei ceo sono preoccupati per la disponibilità di competenze chiave e per il fatto che ciò potrebbe impedire loro di acquisire, sviluppare e trattenere i talenti di cui hanno bisogno per guidare la crescita. Torna quindi fondamentale la necessità di investire in formazione e in percorsi lavorativi che possano far accrescere il talento di un collega.

Intelligenza artificiale, croce e delizia per il pubblico e il privato

Secondo le stime pubblicate nel Report Fpa, i dipendenti pubblici in Italia sono circa 3,2 milioni, di cui il 16,3% ha più di 60 anni e solo il 4,2% è under 30. L’obiettivo è quello di raggiungere i quattro milioni entro i prossimi 5-6 anni, così da avvicinarsi agli attuali valori di Francia (5,7 milioni), Germania (cinque milioni) e Regno Unito (5,3 milioni). Inoltre, il governo italiano ha imposto a tutte le pubbliche amministrazioni il rispetto del Piano integrato di attività e organizzazione, che prevede l’adozione di strategie mirate per l’ottimizzazione delle risorse umane. Per facilitare il compito di implementazione di politiche per la gestione del capitale umano nella Pa, Hrcoffee (https://www.hrcoffee.it) consiglia di utilizzare l’intelligenza artificiale e in particolare i People Analytics. «La gestione dei contratti di lavoro, l’attribuzione delle responsabilità, la definizione degli obiettivi e la creazione di percorsi di crescita nella Pubblica Amministrazione presentano delle criticità rispetto al settore privato. Il sistema pubblico, infatti, è più complesso e il personale ne rappresenta uno tra i principali fattori di successo - commenta Maria Cesaria Giordano, ceo di Hrcoffee -. Risulta quindi evidente l’importanza della creazione di una rinnovata funzione di gestione del personale e delle politiche di sviluppo delle risorse umane e dell’organizzazione, attraverso il supporto dell’intelligenza artificiale e l'utilizzo dei dati, che consentono di conoscere esattamente le persone che abitano l’organizzazione, di scoprirne le loro capacità, di valutarle e di intercettarne i bisogni e le esigenze più profonde, in modo più rapido ed efficiente». L’utilizzo dei People Analytics per la gestione delle risorse umane nelle Pa rappresenta un’importante svolta di innovazione e cambiamento, nonché una potenziale leva di miglioramento della qualità del servizio proposto. L’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati consentono, infatti, di conoscere e valorizzare le competenze e le abilità dei propri dipendenti, contribuendo a costruire un’organizzazione attenta alle proprie persone e capace di trattenere ed attrarre nuove e talentuose risorse. I People Analytics permettono di individuare e mappare abilità, esperienze, capacità, hard e soft skill, interessi, bisogni e desideri di ciascun dipendente: tutte informazioni preziose per attivare percorsi di crescita e formazione personalizzati, piani di condivisione del sapere, programmi di benefit ed engagement delle persone che abitano l’organizzazione, creare team di lavoro o bandire nuovi concorsi. Per lo studio condotto da I-Aer su un campione di 914 pmi, invece, nel 2023 titolari e amministratori d’azienda puntano tutto sulla gestione dell’incertezza con focus su ricavi, marginalità e forza lavoro. Assolutamente in secondo piano gli investimenti in tecnologie innovative come l’intelligenza artificiale. «Per le aziende italiane, infatti, il 2023 è l’anno della cautela». Ad affermarlo è Fabio Papa, docente di economia e fondatore di I-Aer, Institute of Applied Economic Research – centro di ricerca specializzato nel monitoraggio del sistema imprenditoriale italiano. Dallo studio condotto in collaborazione con Aida Partners Pr, i risultati inerenti le nuove tecnologie, quali l’intelligenza artificiale, sono sorprendenti.
«I dati a nostra disposizione mostrano un sistema imprenditoriale fortemente preoccupato. Il quarto trimestre 2022 si è chiuso con un sostanziale rallentamento delle performance per oltre il 73% del campione analizzato. Di conseguenza, ciò ha defocalizzato l’attenzione di molti titolari d’impresa dal tema degli investimenti, per riposizionarsi sui fondamentali della gestione aziendale». I dati forniti da I-Aer vanno ancora più in profondità e si concentrano sulle priorità strategiche che le piccole e medie aziende italiane vedono per il 2023. «A tal proposito - continua Papa - le tre aree di assoluto rilievo che emergono dal nostro studio riguardano l’attività di sviluppo commerciale, (ritenuta fortemente necessaria da nove intervistati su dieci), il presidio dei margini di guadagno (importante per otto intervistati su dieci) e, non da ultimo, una revisione delle politiche di ricerca e selezione del personale (fondamentale per sei intervistati su dieci)». Il fatto che gli investimenti in nuove tecnologie non rappresenti una priorità estrema per le aziende non sorprende. «Se si guarda alla composizione del nostro sistema imprenditoriale - dichiara Papa, si noterà immediatamente che oltre tre quarti delle aziende opera in settori definiti “maturi”, dove l’approccio low-tech è preponderante. Se a ciò si aggiungono tutte le criticità che imprenditori e manager hanno dovuto affrontare nell’ultimo triennio, dal Covid alle tensioni geopolitiche passando per inflazione e crisi energetiche, si intuisce agevolmente che in un contesto di incertezza generalizzata non si possa che convergere verso i principi di base del funzionamento di ogni impresa, vale a dire: tenuta del fatturato, margini di guadagno e gestione del personale». Un dato piuttosto sorprendente che emerge dallo studio è il seguente: per quanto tra le priorità aziendali non vi sia l’investimento in nuove tecnologie, I-Aer rileva che sette imprenditori su dieci sperimentano un alto livello di resistenza da parte del personale soprattutto quando si tratta il tema dell’intelligenza artificiale applicato alle organizzazioni. I ricercatori di I-Aer non sembrano stupiti rispetto ai dati emersi dallo studio: «Chi vive da vicino le piccole e medie imprese sa benissimo che la maggior parte della forza lavoro tende a essere avversa al cambiamento, soprattutto quando questo viene percepito come una vera e propria minaccia per la continuità del proprio lavoro. In questo senso, l’intelligenza artificiale rappresenta un vero e proprio caso di scuola. Come se non bastasse, il bassissimo livello di comunicazione presente all’interno delle aziende italiane, in unione ad uno scarso coordinamento tra i vari reparti, non fa che aumentare la disinformazione relativa alle politiche aziendali, anche sul fronte delle strategie di investimento che si intende perseguire. Da qui nasce gran parte della cosiddetta resistenza al cambiamento». Come ovviare quindi a una situazione di totale disallineamento tra imprese e lavoratori che emerge in modo così forte dallo studio effettuato da I-Aer? «Una possibile risposta – dichiara Papa - proviene da una visione più orientata all’importanza dell’essere umano, anche nel fare impresa. Infatti, qualora i titolari d’azienda volessero introdurre nuove tecnologie nella propria operatività, è dapprima necessario sensibilizzare l’organico, con opportuna informazione e formazione sui benefici sostanziali che l’innovazione può generare. Non è infatti la tecnologia a fare la differenza, bensì la modalità con cui la si introduce all’interno di sistemi complessi quali le organizzazioni. È questo il vero driver da curare al meglio». A conferma di ciò, i dati rilasciati da I-Aer evidenziano che nonostante il contesto di fortissima incertezza, amplificato da tassi di interesse sempre più elevati e da conflitti che continuano ad agitare la scena internazionale, addirittura otto imprese su dieci sono disposte a investire su processi di formazione del personale per innalzare l’attrattività aziendale in un’ottica di fidelizzazione della forza lavoro. «Questo dato – conclude Papa – ci fa capire una volta di più che l’unica modalità per far sviluppare in modo sano un’impresa è la valorizzazione del capitale umano in unione all’immissione di innovazione a servizio delle persone. Solo così potremo realizzare uno sviluppo d’impresa a prova di futuro e anche di intelligenza artificiale».




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